Piano, forte -parte II

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Alcune ore dopo, Arya si rese conto di essere scivolata in un profondo sonno privo di sogni solo quando, sbattendo più volte le palpebre, si ritrovò a fissare il soffitto in pietra della sua stanza attraverso l'elaborata struttura del baldacchino. Si era addormentata così com'era, senza nemmeno aver avuto l'accortezza di scostare le coperte, si era semplicemente tolta il cappotto che aveva abbandonato su di una sedia assieme alla borsa ed era scivolata sul letto.

Si stropicciò ancora un secondo gli occhi prima di accendere con un incantesimo il fuoco del caminetto e delle lanterne alle pareti per fare un po' di luce nella stanza, abbastanza da permetterle di leggere l'ora sul suo orologio: erano ancora solo le cinque di mattina ma si alzò ugualmente con fatica mentre ogni singolo muscolo del suo corpo le urlava di tornare immediatamente a sdraiarsi tra quelle morbide coperte. Raggiunse lo specchio sistemato al di sopra di una consolle in legno scuro e con un'espressione inorridita fissò quella specie di nido per uccelli che si ritrovò in testa e si mise a ridere da sola ripensando alle streghe che quella mattina in un bar a Diagon Alley discutevano di moda: la sua in confronto sarebbe apparsa davvero un'acconciatura modesta.

-accio spazzola-

ordinò con un colpo di bacchetta cercando contemporaneamente di districare con le dita quel garbuglio biondo, mentre dalla sua borsa sgusciava fuori una spazzola in legno con il dorso finemente intagliato, la quale fluttuò placida verso di lei fino a raggiungere la sua mano. 

Quando finalmente anche l'ultima ciocca ribelle fu domata, Arya si guardò allo specchio qualche secondo prima di decidersi ad alzarsi e uscire dalla propria stanza, cercando di fare meno rumore possibile, memore del fatto che i quadri di Hogwarts non amavano essere svegliati troppo presto la mattina. Scivolò attraverso i corridoi che conosceva come le sue tasche, aveva percorso quella strada migliaia di volte, molto spesso di notte quando (quasi) tutti gli altri studenti dormivano e cercando di non farsi beccare da Gazza o da Mrs. Purr, quella malefica gatta dagli inquietanti occhi rossi. Raggiunta finalmente la ripida scala a chiocciola rimase qualche secondo a fissare i gradini in pietra, incerta se procedere oppure no. "avanti, sono solo quarantasette gradini", pensò sorridendo tra sé e sé, e finalmente si decise a salire, con calma e osservando ogni graffio, ogni sbeccatura, ogni segno che rendeva unica, almeno per lei, quell'anonima scala.

Una volta raggiunta la cima una folata d'aria gelata la investì, scompigliandole i capelli che lei aveva magistralmente pettinato poco prima. Allontanò una ciocca dal viso lanciandola a casaccio all'indietro e stringendosi meglio che poté il cappotto addosso, avanzò sulla terrazza. Camminò fino a raggiungere la balaustra in legno, sempre mantenendosi a debita distanza: solo una volta si era avvicinata abbastanza da potersi sporgere e ammirare così il panorama in tutta la sua maestosità, ma quella volta c'erano due mani forti serrate sui suoi fianchi che le avrebbero impedito di cadere.

-è un'ingiustizia che nessuno a parte noi possa godere di questo spettacolo-

Arya non ebbe nemmeno bisogno di girarsi per sapere che Remus Lupin era lì, alle sue spalle

-non ti facevo un tipo mattiniero-

disse stringendosi le braccia al petto e tenendo lo sguardo fisso sul lago nero che brillava di una luce meravigliosa alle prime luci dell'alba. Avrebbe preferito che Remus non fosse lì, perché non voleva affrontarlo e dopotutto non voleva nemmeno dirgli cose di cui si sarebbe pentita e che probabilmente non pensava davvero. Ma lui era lì ora, dopo dodici anni, e Arya cercò dentro di sé di farsene una ragione.

-sai cosa mi manca di più di Hogwarts?-

Le chiese Remus raggiungendola in soli pochi passi e sistemandosi poi proprio accanto a lei che non accennava a muoversi, ma guardava fisso davanti a sé

LumosWhere stories live. Discover now