Inverness

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Arya ci mise qualche istante recuperare la stabilità sulle proprie gambe e, dopo essersi assicurata che il suo baule non fosse rimasto per metà nel vicolo da cui si erano smaterializzati poco prima, alzò finalmente lo sguardo, ritrovandosi di fronte ad un immenso cancello in ferro battuto scuro: doveva essere alto due, forse tre metri, e di sicuro era uno dei cancelli più maestosi che lei avesse mai visto in tutta la sua vita. Abbassò quindi nuovamente gli occhi dalle punte acuminate con cui culminava quell'imponente struttura, fissandoli quindi di fronte a sé e scorgendo in lontananza quella che sembrava una specie di via di mezzo tra una sontuosa villa di campagna e un antico ed impenetrabile castello

-questa era casa tua? –

Chiese a suo padre, senza sforzarsi di non sembrare almeno un po' sorpresa: raramente suo padre parlava della sua famiglia o della sua infanzia, e ancora più raramente Arya gli faceva domande a riguardo, consapevole che quello fosse, per quanto cercasse di negarlo, un tasto dolente per lui. Sapeva solo che, in effetti, il luogo in cui suo padre era cresciuto si trovasse in Scozia, poco lontano dalla cittadina di Inverness, e che suo nonno, George Ellis-Miller, fosse morto alcuni anni dopo che lui se n'era andato di casa. Nient'altro.

-sì, questa era casa mia-

Le rispose tenendo lo sguardo fisso di fronte a sé, esitando solo un istante prima di allungare una mano sul ferro gelido e sotto il suo tocco, non senza un cigolio sommesso, le due metà del maestoso cancello cominciarono a schiudersi davanti ai loro occhi.

-oh... wow-

Commentò Arya, affrettandosi poi a seguire il padre lungo l'ampio viale. Una volta che ebbero varcato la soglia dell'ingresso, un vecchio e logoro elfo domestico si fece loro in contro, inchinandosi in una sontuosa riverenza di fronte a Edward

-padron Edward, bentornato a casa, signore-

Gli disse, alzando poi gli occhioni ambrati su Arya che da parte sua si limitò a rimanere in silenzio, gettando occhiate furtive qua e là nell'androne d'ingresso, un luogo decisamente ampio, nel quale la fredda pietra faceva da padrona, ma che tuttavia sembrava tutto fuorché triste od opprimente.

-la padrona vi attende-

Aggiunse infine l'elfo e Arya da parte sua ci mise qualche secondo a capire che in quel "vi" fosse inclusa anche lei. Si mosse quindi in modo semi-automatico seguendo suo padre e l'elfo su per l'ampio scalone in marmo, percependo scalino dopo scalino la tensione annodarsi nel suo petto in una morsa che rischiava di toglierle il fiato da un momento all'altro: Arya non aveva una grande esperienza dei rapporti nonni-nipoti, ma aveva come l'impressione che tutta quell'agitazione per incontrare sua nonna non fosse poi così normale.

Finirono per percorrere un lungo corridoio in cui su un lato si susseguivano una serie ordinata di finestre che affacciavano sulle coste frastagliate frustate dalle possenti onde del mare del nord. Arya osservò per un po' quel paesaggio così grigio, austero e selvaggio, poi quasi con riluttanza spostò lo sguardo verso l'altra parete, sulla quale erano esposti in bella mostra una serie di ritratti che le ricordarono molto quelli di Hogwarts, a parte per il fatto che i personaggi che li abitavano sembravano essere perfettamente immobili nelle loro cornici. Tuttavia, un ritratto in particolare attirò la sua attenzione, tanto da costringerla a fermarsi: si trattava di una ragazza, seduta in una posa rigida, con i capelli biondi che le ricadevano sulle spalle coperte da un abito in velluto verde smeraldo.

Non seppe esattamente per quanto tempo fosse rimasta a fissare quegli occhi azzurri che sembravano inchiodati nei suoi, ma quando Arya si voltò accanto a sé non vide altro che il corridoio deserto e silenzioso. Attese qualche istante, guardandosi di tanto in tanto intorno, nella speranza di veder ricomparire suo padre o l'elfo domestico, ma entrambi sembravano essere stati fagocitati da una delle varie porte scure sparse lungo il corridoio. Alla fine, con un sospiro decise di allontanarsi dal quadro della misteriosa ragazza e di tentare la sorte, aprendo la terza porta che si trovò davanti, indecisa se sperare di trovare dall'altra parte suo padre e quella donna misteriosa che lei avrebbe dovuto chiamare "nonna", oppure un triste, ma molto meno complicato da affrontare, sgabuzzino delle scope. Tuttavia, oltre quella porta, non trovò nessuna delle due cose: spinse il legno lucido quanto bastava da poterci infilare la testa e gettare una veloce occhiata all'interno, scoprendo che al di là vi si nascondeva un'ampia e ricca biblioteca. Dimenticandosi per qualche istante le regole della buona educazione, che certo non prevedevano di intrufolarsi nella biblioteca altrui senza aver chiesto il permesso del padrone di casa, Arya fece un paio di passi avanti, richiudendosi poi la porta alle spalle. Si avvicinò con circospezione ad una delle librerie che dal pavimento si arrampicavano lungo la parete fino a raggiungere il soffitto, osservando più da vicino le coste dei libri stipati uno accanto all'altro sugli scaffali. Lesse una serie di titoli che non aveva mai sentito, forse si trattava di letteratura magica antica ma non abbastanza da essere insegnata ad Hogwarts. Proseguì quindi nella sua solitaria ispezione passando direttamente ad uno degli ultimi scaffali in fondo alla parete, attratta da una fila compatta di libri dalla copertina scura che formava come una macchia nera in mezzo a quella varietà di colori e rilegature. Arya si avvicinò, piegandosi leggermente sulle ginocchia per leggere meglio le scritte argentate incise sulla costa di uno di quei curiosi libri

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