38.

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Una delle sensazioni più triste che avessi mai provato era preoccuparmi che mio padre fosse in casa. Sarebbe dovuto essere il contrario.

Quando mi accorsi che era assente sentii un profondo senso di sollievo. Rilassata entrai in casa.

Rimasi letteralmente di sasso nel sentire la voce di Angel. Era dolce e acuta, si addiceva proprio alla sua personalità.

La mamma era accanto a lei nel divano. La guardava con un sorriso tenero mentre giocava con dei vecchi pupazzi miei e di Travis.

Si irrigidì quando mi vide accanto alla porta d'ingresso. Angel spostò i suoi occhietti azzurri su di me. La sua bocca rosea di dischiuse.

"Camille..." mormorò la mamma.

"Ciao." Riuscii a dire. Strinsi più forte la bretella del mio zaino mentre osservavo con più attenzione la bambina.

Assomigliava tanto a Travis nelle espressioni. Lo sguardo era lo stesso della mamma: dolce, buono, intenso.

"Io e Angel stavamo giocando con questi che abbiamo trovato nel ripostiglio... spero non ti dispiaccia." Disse.

"No... non mi interessa dei giocattoli da un po'." Risposi con voce bassa.

"Già." Commentò la mamma sbattendo le palpebre.

Angel indossava un vestitino rosa quella volta. Sembrava una bambolina talmente era bella e perfetta. Se l'avessero messa su una mensola nessuno se ne sarebbe accorto probabilmente.

Il suo lento battito di ciglia quasi mi ipnotizzava.

A piccoli passi mi avvicinai a loro. Quando papà non c'era mi sentivo molto più a mio agio in casa.

"Angel, lei è Camille. Potrete essere amiche Se volete."

Lei mi guardava curiosa.

"Penso di si..." Dissi. "Magari la prossima volta potremo giocare insieme con le bambole che ho nell'armadio o i puzzle. Oggi devo andare in ospedale..." proposi.

La mamma si illuminò. I suoi occhi erano pieni di gioia, di luce e speranza.

"A me piace tanto fare i puzzle!" Disse Angel.

"Siamo d'accordo?" Chiese la mamma.

Io annuii.

"Ho saputo di Shannon. Me l'ha detto Travis, sembrava piuttosto distrutto ma non ha voluto parlare con me. Sta bene?" Domandò.

"No, non sta bene. Non vuole andarsene dall'ospedale. Ha discusso un'altra volta con sua mamma."

La mamma si toccò la fronte. "Per favore, digli di non fare sciocchezze." Mormorò. "Ultimamente sta evitando di stare a casa... per quello che è successo. Non ho più avuto modo di parlargli con calma." Ammise sconfortata, dando una veloce occhiata ad Angel.

"Trav non te ne da una colpa mamma. Adesso è solo molto scosso per tutto. Ma quando starà bene ritornerà. Lui va pazzo per te." La rassicurai.

"Vorrei parlare con tutti e due in realtà quando avrò un momento libero." Mi guardò negli occhi e capii che aveva qualcosa di serio da dirmi. "Ora va. In ospedale sono molto rigidi con gli orari. Non vorrei che non ti facessero entrare."

Prima di uscire di nuovo di casa feci sosta in bagno. Da lì le sentivo parlare, nonostante fosse passato molto tempo dall'ultima volta che mamma aveva avuto a che fare con un bambino piccolo, sapeva rapportarsi alla grande con lei. Proprio come aveva fatto con me e Trav.

Angel sembrava sentirsi a suo agio con lei.

Ricordo che quando avevo la sua età mi bastava un suo sorriso e un suo abbraccio per stare meglio.

The boy who stole my heart Where stories live. Discover now