19.

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"Buongiorno Trav." Lo salutai.
"Buongiorno." Mormorò.
Andai a sedermi come ogni mattina al mio solito posto. In cucina c'era un gran silenzio.
Mi guardai attorno confusa: tutto inizialmente mi sembrava come al solito.
Poi compresi cosa mancasse: Rider.
"Come mai questa mattina non c'è Rider?" Chiesi a mio fratello, fissando il posto in cui si sedeva lui, vuoto.
Non era apparecchiato, ciò significava che non sarebbe arrivato.
"Non andrà a scuola." Rispose Travis.
"Ma..."
"È malato." Disse, ancor prima che finissi la mia domanda.
Non gli crebbi. Non ero stupita. Rider non era malato. Ero più che sicura che la sua assenza fosse collegata alla telefonata di ieri. Non si era più fatto vivo e non era da lui.
"Okay. Oggi non vado in macchina con te, perciò puoi partire quando vuoi. Passo da Cindy e facciamo la strada insieme." Lo avvisai.
Presi il mio zaino da terra e mi alzai da tavola.
Lui annuì, per niente sospettoso.
A piedi, attraversai l'isolato fino a raggiungere la casa di Rider, non molto lontana.
Alzai lo sguardo sulla finestra di camera sua, era già aperta.
Avanzai verso il campanello e lo suonai.
Nessuno venne ad aprirmi.
"Chi cerchi ragazza?" Mi chiese una signora abbastanza anziana che stava portando a spasso il suo cane.
"Rider Smith." Risposi, anche se dubitavo che potesse conoscerlo.
"Non ci sono." Mi disse.
Mi girai e in effetti alle mie spalle la loro auto non era presente, non ci avevo proprio fatto caso.
"Tu sei sua amica?" Mi domandò.
"Si... andiamo a scuola assieme."
"E non ti ha avvisata?"
"Avvisata di cosa?" Sbattei le ciglia, perplessa.
"Sono in ospedale da ieri mattina, è passata un'ambulanza ma non ho visto per chi fosse..."
"Grazie signora, davvero." La ringraziai.
Mentre mi allontanavo mandai un messaggio a Cindy dove l'avvisavo che in caso mio fratello avesse chiesto, di dirgli che eravamo andate a scuola insieme. Per precauzione.
Una volta giunta all'ospedale più vicino, in cui sicuramente c'erano loro, entrai e andai dritta a chiedere informazioni.
L'odore del disinfettante mi entrò nelle narici.
"Di qua." Mi disse, indicandomi la direzione da prendere.
Non dovevo salire di piano. Quel fatto non mi sembrò già positivo visto che per quanto ne sapevo nei primi piani venivano ricoverati i pazienti più gravi.
C'era un silenzio quasi inquietante.
Nel corridoio semi buio, seduta su una sedia in plastica vidi la mamma di Rider. Di lui nessuna traccia.
Mi avvicinai lentamente.
Aveva il viso chino coperto da un fazzoletto bianco. Mi sentii improvvisamente fuori luogo.
"Salve..." sussurrai.
Lei alzò di scatto la testa e mi puntò gli occhi addosso.
Non si preoccupò neanche di asciugarsi il visto.
"Tu sei... Camille? La figlia di Sophia?" Mi chiese, con voce bassa.
Mi ero dimenticata che non mi vedeva da tanto tempo, prima che partissi per l'Inghilterra.
"Si, sono io." Le sorrisi.
"Ciao cara!" Mi salutò, sforzandosi di apparire allegra. Si avvicinò a me e mi strinse in un abbraccio.
"Sei cresciuta così tanto! Sei più bella di quanto ricordassi." Disse, meravigliata.
"Mi scusi se sono apparsa proprio qui... e in un momento non proprio adeguato. Rider sta bene?" Domandai, preoccupata.
Lei abbassò le spalle.
"Rider adorava suo padre. È stato un duro colpo, non so se riuscirà a superarla."
"È... successo qualcosa al signor Smith?" Chiesi, sentendo un senso di desolazione crescere in me.
"Ha avuto un infarto a lavoro, non ce l'ha fatta." Disse. La sua sofferenza era evidente. Fui certa che non scoppiò a piangere soltanto perché ero presente.
Mi sedetti accanto a lei.
"Forse dovrei andarmene..." mormorai.
"Anche se Rider dice di no, avrebbe proprio bisogno di qualcuno al suo fianco più stabile di me. Andate d'accordo?"
"Beh... quando non litighiamo..." ridacchiai.
In quel momento Rider uscì da una stanza. Non mi aveva ancora vista.
Era distrutto, lo capii immediatamente.
"Vado a prendere una boccata d'aria." Sussurrò la mamma, andando via.
Alzò lo sguardo, cercandola palesemente. Quando mi vide s'irrigidì.
"Che... ci fai qui?" Mi chiese.
"Ieri mattina sei sparito... non ti ho visto per tutto il giorno e oggi non sei andato a scuola, Travis mi ha detto che stavi male... volevo vedere come stavi."
Lui apparì sorpreso.
Aveva gli occhi gonfi e rossi. I capelli tutti spettinati. La barba gli stava ricrescendo.
"Tua... mamma mi ha detto. Vuoi che me ne vada?" Gli chiesi.
"Non volevo che qualcuno vi vedesse così." Disse, con la voce tremante.
Vederlo in quello stato mi fece sentire terribilmente triste. Tanto che stavo già escogitando un modo per distrarlo almeno un po'.
Non c'era alcuna parola che potesse consolarlo.
Mi accostai maggiormente a lui. Le nostre gambe si toccarono. Lo presi per le spalle forti e lo attirai in un abbraccio.
Lui affondò il viso nell'incavo del mio collo.
Con un braccio mi circondò la vita.
Gli accarezzai dolcemente i capelli, il suo respiro caldo contro la mia pelle mi fece rabbrividire.
Non si scostò neanche quando la mamma ritornò.
"Rider, perché non ne approfitti e ti fai una passeggiata a casa. Hai bisogno di una doccia, di mangiare e di riposare. Non voglio che guidi."
"Ha ragione." Concordai.
Rider gemette contrariato.
"Posso guidare io." Mi proposi.
"Grazie cara, sarei molto più tranquilla." Mi sorrise la mamma.
Prima che Rider potesse ribattere lo trascinai fuori.
"Tu sai guidare?" Mi chiese, guardandomi scettico. Come se fosse assurdo.
"Ho la petente, ma visto che non posseggo una macchina, non l'hai mai saputo." Gli spiegai.
"Le chiavi." Gli ricordai, porgendogli il palmo della mano.
Lui me le passò con poco entusiasmo.
Entrammo in macchina e immediatamente si mise la cintura.
Mandai avanti il sedile e aggiustai lo specchietto retrovisore a mio piacimento. Dopodiché mi agganciai la cintura e inserii la chiave nel quadro.
Quando accesi la macchina e partii accelerando Rider sgranò gli occhi.
"Non è stata una buona idea." Mormorò spaventato.
Io scoppiai a ridere.
"Camomilla... vai piano! Sta per scattare il semaforo rosso!"
Io invece di dargli ascolto aumentai velocità, riuscendo a passare quando ancora il semaforo era giallo.
Quando parcheggiai davanti a casa sua saltò letteralmente giù dalla macchina.
"Tu sei pazza!" Sbottò, scuotendo la testa.
Aprì la porta di casa e mi lasciò entrare per prima da perfetto gentil uomo.
"Vado a farmi una doccia." Mi avvisò.
"E io recupero del cibo!"
Mentre lui si avviò in bagno, io mi recai in cucina.
Presi qualche pacco di patatine, uno di biscotti e due bibite alla frutta. Anche se non era la merenda più sana del mondo, sapevo gli sarebbe piaciuta molto.
L'acqua scorreva ancora quando entrai in camera sua.
Era tutto così diverso dall'ultima volta che c'ero stata. Avevo dieci anni forse.
Addossato alla parete c'era un letto ad una piazza e mezzo ricoperto da una trapunta nera. Accanto un comodino con una lampada e uno stereo sopra.
L'armadio era sempre lo stesso. Nero, a quattro ante.
Nella parete opposta al letto c'era un divano. Sopra, appesi dei quadri contenenti dei college di foto.
Risalivano da quando era piccolissimo, fino a pochi giorni fa.
Lo osservai, durante gli anni in cui ero stata assente: nella maggior parte delle foto era presente anche Shannon. In vacanza al mare, al campeggio, in mezzo alla neve.
Si conoscevano anche loro da tantissimo tempo, e anche con lei aveva condiviso momenti importanti della sua vita.
Prima di partire non avevo mai riflettuto tanto su quanto le persone che avevo lasciato qui sarebbero cambiate. Una cosa che non ci si aspetta mai è che loro continuino la loro vita, colmando il vuoto che noi abbiamo lasciato, con altre persone.
"Sei già qui." Notò Rider, apparendo accanto a me.
La pelle ancora lucida dai residui d'acqua. Indossava solo un asciugamano bianco legato in vita.
"Come hai scattato queste foto?" Gli chiesi, mentre lui cercava degli abiti puliti da indossare.
Prese dei boxer grigi, istintivamente mi girai di nuovo verso i quadri.
La faccia di Shannon era ancora lì che mi fissava.
"Mia mamma mi ha regalato un aggeggio che si connette al telefono e stampa le foto tramite Wi-Fi o Bluetooth." Mi spiegò.
"Oh, e funziona ancora?" Domandai.
"Si, certo." Annuì, infilandosi dei pantaloni di tuta.
Afferrai il suo telefono da sopra al divano dove l'aveva lasciato, aprii la fotocamera interna e mi avvicinai a lui.
Lui si mise dietro di me, intuendo al volo il mio intento. Accostò il viso al mio per entrare nell'inquadratura.
Quando scattai la foto, fece la sua espressione più attraente. Io sorrisi.
La condivisi tramite Bluetooth.
Rider prese una scatolina bianca, una lucina blu iniziò a lampeggiare. Pian piano la foto uscì.
Entusiasta la presi e l'aggiunsi al quadro.
Lui si stese sul letto e aprì un pacco di patatine. Mi sistemai accanto a lui. Mangiammo in compagnia, lasciandoci alle spalle i problemi e gli impegni seri della vita di tutti i giorni, anche solo per quei miseri dieci minuti.

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Vi aspettavate qualcosa di simile?

Diciamo che questo è un capitolo che mi servirà più da ponte per certe cose che accadranno in seguito.

Non so se avete notato ma sto aggiornando ogni quattro giorni 😌😏

Comunque, vi piacerebbero dei capitoli dal punto di vista di Cindy o Travis per approfondire la loro storia?

Ditemi qui se c'è un avvenimento in particolare che aspettate o che vorreste!

Siete fantastiche. Niky 💕

The boy who stole my heart Where stories live. Discover now