31.

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Al mio ritorno, la mamma era già a casa, come succedeva spesso nell'ultimo periodo. Era in cucina e stava da poco sbarazzando dal pranzo.
Non sapevo da dove mi fosse venuto tutto quel coraggio ma decisi di dare delle risposte a domande che da tempo mi viaggiavano per la mente.
"Mamma, devo parlarti."  Le dissi.
"Dimmi tesoro." Fece lei distrattamente.
Girai in tondo per la cucina cercando di formularmi mentalmente un discorso. All'improvviso pensai persino di inventarmi qualche scusa per sviare l'argomento.
"Un po' giorni fa ho visto... papà. Era in camera vostra, non lo stavo spiando... pensavo di essere sola e ho sentito un rumore... così sono andata a controllare chi fosse." Avevo paura che si potesse arrabbiare.
La mamma smise di asciugare le stoviglie e mi guardò con attenzione. Io continuai.
"Era sul letto, stava incartando una bambola con una carta per bambini." Mi fermai e sospirai, sentendomi terribilmente sciocca. "Non so neanche perché te lo sto dicendo... non significa nulla... è solo che aveva un comportamento strano, come se avesse paura di essere scoperto... probabilmente è solo un regalo per la figlia di un vostro dipendente."
Lei abbassò lo sguardo, poi lentamente lo rialzò su di me.
"Travis!" Lo chiamò. Non sapevo proprio cosa potesse centrare mio fratello con quella storia.
Travis arrivò in cucina. Teneva il telefono in mano, concentrato a scrivere un messaggio.
"Sedetevi." Disse la mamma.
Trav mi guardò confuso. In risposta alzai le spalle.
"Perché? Che succede?" Domandò lui.
"È arrivato il momento che voi lo sappiate." Chiuse la porta e ci raggiunse.
"Dovevo aspettarmelo che prima o poi vi sareste accorti di qualcosa, ormai siete grandi, non è più così semplice tenercelo nascosto come quando avevate tredici anni." Ammise.
Io e Trav rimanemmo in ascolto.
"Quando avevate dodici-tredici anni circa sono rimasta incinta. In quel periodo papà stava stava prendendo in mano l'azienda e serviva tanto lavoro affinché continuasse a crescere. Il mio appoggio era essenziale. Voi non ve lo ricordate perché eravate al campo estivo e prima che partiste, la pancia, era grillo piccola per potervene accorgere.
Camille doveva partire per la scuola inglese pochissimi giorni dopo dal ritorno del campo estivo. Per permetterle di studiare abbiamo dovuto investire del denaro. Per il viaggio, per le esigenze personali, per il materiale scolastico...
Un figlio in quel momento era impossibile. È per questo che abbiamo deciso di farla in adozione. È stata troppo dura. Papà non riusciva ad accettarlo, non ci è mai riuscito."
Trav era evidentemente scioccato.
"È... è per questo che papà mi odia tanto." Affermai.
La mamma scosse la testa. "Non dire così, lui non ti odia."
"Tutte quelle frasi... erano dei riferimenti espliciti. Quando... hai detto che non volevi che riaccadesse una cosa simile con Trav, era a questo che pensavi.
Io avrei rinunciato a quella scuola."
"Questo è quello che dici adesso. Eri così contenta, Camille e ti ha dato una favolosa istruzione aldilà di quel che è successo." Ribatté la mamma.
"Papà le porta regali?" Le chiesi.
"Sospettavo già che andasse a trovarla. Era sempre misterioso..."
"Adesso quanti anni ha? Ha una famiglia nuova?"
"Quasi quattro anni." Sorrise. "Non lo so." Sospirò.
"E tu?" Domandò Trav, proferendo parola solo allora. "Tu non vorresti vederla? Sapere come sta? Non ti manca?"
Lo sguardo della mamma si fece triste.
"Non c'è giorno in cui non lo vorrei. Ma so che non posso. Sia per rispetto nei confronti della bambina, che nei miei. Sarebbe soltanto peggio.
È rimasta con me per pochi giorni. Soltanto due. Non l'ho mai lasciata giù. Me la sono goduta per quanto ho potuto.
Sapevo che se non l'avessi data in adozione non sarei stata capace di accudirla come meritava e non era ciò che volevo per lei."
Era terribile soltanto sentirne parlare.
I suoi occhi si fecero umidi. Cercai di trattenermi. Non volevo trasmetterle ulteriore sofferenza.
Trav si alzò e le andò accanto, abbracciandola. La mamma era così piccola in confronto a lui che faceva tenerezza. Lei lo baciò sul petto.
La porta di casa si aprì. Tutti e tre ci immobilizzammo. Papà era appena tornato a casa.
I suoi passi si fecero sempre più vicini finché non apparì davanti ai nostri occhi. Il suo sguardo si posò su ognuno di noi.
"Che c'è?" Chiese, vedendo la mamma in quelle condizioni.
La mamma si scostò da Trav.
"Gliel'ho detto Richard." Confessò.
"Gli hai detto cosa?" Domandò lui, inarcando le sopracciglia.
"Tutto. Della bambina. Del fatto che non avevamo possibilità di tenerla e l'abbiamo data in adozione." Rispose.
"Perché? Avevamo stabilito che..."
"Lo so cosa avevamo stabilito, meritavano di saperlo. Loro sono parte della famiglia." Obbiettò lei.
"Anche io sono parte della famiglia, avresti dovuto consultarmi invece di fare di testa tua!" Sbottò lui.
"Se non volevi che lo sapessero non ti saresti fatto vedere mentre incartavi un regalo per bambina di nascosto!" Gridò la mamma.
Papà spalancò gli occhi.
"Esatto Richard! Sei stato beccato! Quando pensavi di dirmelo? Mai, ci scommetto! Chissà da quanto tempo va avanti questa storia!"
"Non te l'ho detto perché me lo avresti impedito!" Strillò lui a sua volta.
"Da quanto tempo? Voglio saperlo." Insistette la mamma.
Lui non rispose.
"Da sempre, non è così?"
La sua espressione era un mix fra incredulità e fastidio.
"È nostra figlia Sophia! Non potevo dimenticarmi di lei come se fosse niente! Non ci sono riuscito. Intorno a lei ci sono solo persone che quando compirà la maggiore età non rivedrà mai più, sarà sola senza nessuno al mondo! Non ha nulla di stabile su cui contare. Ho solo cercato di darle il più possibile affinché la vita che sta facendo lì dentro sia migliore.
Non te l'ho detto perché sapevo che ci avresti sofferto troppo."
La mamma scoppiò irrimediabilmente a piangere.
Papà le asciugò il viso. Le prese le mani e se le portò alle labbra.
"Senti... la nostra azienda va alla grande adesso, siamo diventati abbastanza famosi in tutto il paese. Abbiamo abbastanza fondi..."
"Cosa stai cercando di dirmi Richard?"
"Potremo riaccoglierla nella nostra famiglia..."
La mamma gli lasciò le mani.
"Lo so che tutto questo è  inaspettato..."
"Non è possibile Richard..." scosse la testa la mamma.
"Sono in contato con la direttrice di quella communita da molto tempo. Ci conosce, me soprattutto. Scambiamo spesso due chiacchiere riguardo la bambina, ha un figlio anche lei, nessuno potrebbe capirci meglio. Forse potrei aver..."
"Potresti cosa, Richard?"
"Potrei averla richiesta in adozione." Ammise.
"Richard tutto questo è folle! Io non so... non sono più pronta a tenere un bambino così piccolo, ha bisogno di tante attenzioni e... serve una procedura lunghissima..." si agitò la mamma.
"Sophia, non lo eri neanche quando abbiamo avuto Trav eppure sei stata una mamma meravigliosa. Dovresti saperlo ormai. Ho parlato con Evelyn, la direttrice, potrebbe farci avere le carte prima del tempo."
"Serve solo il tuo consenso e quello di un giudice e nel giro di qualche mese tutto sarà migliore. Quella bambina avrà una vera casa, una vera famiglia, e noi avremo di nuovo indietro nostra figlia e non dovremo più stare male soltanto al pensiero, ogni volta che sentiamo parlarne."
Le loro voci si fecero più lontane ad ogni passo che mi allontanavo da loro, finché non li sentii più. Mi stesi nel mio letto e fissai il soffitto bianco, mentre mille pensieri si fecero strada nella mia mente.
Mio fratello mi seguì.
"Cami? Tutto bene?"
Venne a sedersi nel mio letto, affianco a me e mi scrutò.
"Ho paura che... se dovessero procedere con l'adozione, papà si distaccherà maggiormente da me."
"Non pensare questo..."
"Non mi ha ancora rivolto parola da quando sono tornata, se non per rimproverarmi. Si limita a lanciarmi sguardi." Gli feci notare.
"Gli parlerò." Mi disse Trav.
"No." Rifiutai. "Lo farò io."
Mi alzai e mi infilai una giacca pesante. "Vado a fare due passi. Ho bisogno di schiarirmi le idee." Lo avvisai.
Travis annuì poco convinto.
Avevo bisogno di stare un po' lontana da casa. Dai miei genitori e da ciò che stava succedendo.
Le temperature stavano scendendo tantissimo ed ero una persona che non sapeva proprio resistere al freddo. Appena misi il naso fuori di casa tremai.
Le mie gambe camminarono da sole. Sapevo dove mi stavano portando: nell'unico posto in cui riuscivo a stare bene: da Rider.
Quel giorno sarebbe stato in palestra fino alla sera tardi. Quando entrai e mi misi in un angolo della sala pesi, rimasi incantata a guardarlo.
Non si era accorto di me perciò continuò a lavorare sereno.
I suoi muscoli si flettevano ad ogni movimento. Concentrato si mordeva il labbro mentre teneva lo sguardo fisso davanti a se.
Guardarlo mi rilassò, facendomi dimenticare qualsiasi cosa fosse successa prima.
Accortosi di essere osservato si voltò di scatto. Quando mi vide il suo sorriso si allargò. Era così bello che non riuscii a spiccicare una parola ne tantomeno muovermi.
In un battibaleno mi raggiunse.
"Hey. Che ci fai qui? Il tuo turno è domani. Oggi mi alleno soltanto." Disse.
Azzerai la distanza che c'era fra noi circondandolo con le mie piccole braccia attorno al collo. Affondai la faccia nel suo petto ed inspirai, godendomi il suo profumo.
Rider ricambiò all'istante il mio abbraccio. Mi strinse forte.
Non me ne importava se era sudato. Avevo necessità del suo calore, della sua vicinanza.
Una volta lontana da lui arrossii imbarazzata. Era strano scambiarci segni d'affetto in circostanze semplici.
Quelli che ci scambiavamo quando stavamo a letto, o comunque flirtavamo,  erano diversi: si trattava di lussuria, passione, bramosia, attrazione.
Rider mi accarezzò una guancia calda.
"Che succede?" Mi chiese.
Aveva quello strano potere di comprendermi attraverso lo sguardo. Mi spaventava.
"Non voglio parlarne. Fammi dimenticare." Lo pregai.
"Mi dai il tempo di rinfrescarmi?" Mi domandò.
Annuii freneticamente.
Lo seguii nello spogliatoio maschile, purtroppo c'erano altri ragazzi e dovetti aspettare fuori. Mi sarebbe tanto piaciuto vederlo senza quella maglietta.
Non ci mise tanto. Probabilmente si era lavato soltanto il corpo perché i capelli erano ancora asciutti. Si era vestito con dei cargo neri e una felpa, anch'essa nera.
Uscimmo dalla palestra e camminammo fino alla sua macchina.
"Dove andiamo?"
"Lo vedrai." Rispose misterioso.
Io misi il broncio.
"Tra non molto ci sarà il ballo d'inverno." Annunciò. "Voglio che tu venga con me."
"Ora che mi ricordo, Mason non ci sarà in questa settimana, potrebbe essere fattibile, ma come la mettiamo con mio fratello?" gli domandai.
"Perché Maso non c'è?" mi chiese.
"Sei dispiaciuto?"
"Figurati. Vorrei saperlo così da far ripetere l'occasione."
"Un viaggio di famiglia." Risposi.
"Non preoccuparti di tuo fratello, troverò un modo per toglierlo di mezzo."
Io gli lanciai un'occhiata preoccupata.
"Un modo pacifico!" chiarì con aria innocente. "Tu preoccupati soltanto di trovarti un vestito favoloso. Magari anche un po' sexy, ma non troppo o i maschi presenti inonderanno la sala con la loro bava." Aggiunse.
"Sembri geloso." Constatai con un sorrisetto.
"Ma va, lo dico per la tua incolumità. Sbaglio o sai a malapena stare a galla?"
"Mi aggrapperei a te."
"Ogni volta che vuoi." Disse, rivolgendomi un sorriso da mozzare il fiato. Aveva tutta l'aria di una promessa.
Rider parcheggiò in uno spazio apposito. Alzai lo sguardo e lessi l'insegna. Eravamo al bowling.
"Spero tu sappia giocare a bowling, o mi toccherà insegnartelo."
"Ti vedo molto riluttante verso questa possibilità." Ridacchiai, ironica. "Purtroppo per te so giocarci, e benissimo! Non hai chances di vincere con me."
"Io sono il re del bowling, nessuno mi ha mai battuto."  Obbiettò. "Anzi, mi è venuta un'idea grandiosa!" esclamò mentre sbendavamo dall'auto. Premette un pulsante situato nel dorso della chiave e chiuse la macchina.
"Illuminami."
"Facciamo una sfida." Mi propose. Dall'espressione furba che aveva compresi che stava architettando qualcosa.
"In cosa consiste questa sfida?" inarcai le sopracciglia.
"Ovviamente a chi vince. Ci sarà in palio un premio."  Spiegò.
"Che genere di premio?" domandai, curiosa.
"Se sarò io a vincere dovrai farmi le coccole per una settimana."
Scoppia inevitabilmente a ridere.
"Le coccole!?" ripetei.
"Che c'è? Ti sembra così assurdo che ad uno come me piacciano le coccole?"
"No, no." Dissi, scuotendo la testa. Risi sotto ai baffi.
Rider se ne accorse. Indispettito mi diede un colpo d'anca, destabilizzando il mio equilibrio.
"Va bene, ci sto."accettai. "Se vinco io invece... dovrai farmi i compiti di chimica per una settimana."
"Un motivo in più per far in modo che tu perda." Commentò.
Quando entrammo all'interno del locale, Rider si occupò delle prenotazioni.
"Non posso crederci." Mormorai, fissandoli irritata. "Rider, andiamocene."
"Perché? Ti senti male?" mi scrutò attentamente.
Io gli feci cenno con la testa in una direzione ben precisa dietro di noi.
Cindy e il suo ex barra nuovo ragazzo stavano schiccherando amabilmente fra di loro.
"No che non ce ne andiamo."ribatté Rider. "Non succederà niente." Mi assicurò.
Loro evidentemente si accorsero di noi, perché si voltarono.
"Ciao Camille." Mi salutò Cindy.
La osservai attentamente, chiedendomi fra me e me dove avesse trovato il coraggio per guardarmi negli occhi.
"Sei ancora arrabbiata, eh?"
"Tu che ne dici?"
"Senti Camille, non ne hai il diritto. Tu stai facendo il mio stesso gioco." Si permise di insinuare. "Stai con Mason e frequenti Rider. Da quanto tempo poi? L'ultima volta eravamo rimaste che lo odiavi. Cos'è che dicevi? Che era irritante. E che altro?"
Rider si voltò verso di me con uno sguardo interrogativo.
La guardai incredula. Nonostante tutto, in fondo, non pensavo sarebbe stata tanto crudele.
Rider mi gettò la ricevuta in mano e a passo svelto si allontanò da me, verso l'uscita.
Non degnai Cindy di uno sguardo. Non se lo meritava più.
Le voltai le spalle e corsi dietro a Rider.
"Rider! Aspetta!" Gridai.
Lui sembrava infuriato. Aveva le spalle rigide e la mascella contratta, lo sguardo fisso davanti a se.
Lui, inaspettatamente, salì in macchina e partì a tutto gas, lasciandomi sola.

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LO SO, lo so! Sono passate un sacco di settimane dall'ultima volta che ho aggiornato.
Sono all'ultimo anno di scuola e per chi ci è già passato sa quanto sia faticoso. Ho avuto un sacco da studiare, credetemi! So che anche per voi non è un periodo semplice.

Comunque, commentate e ditemi che ve ne pare di questo capitolo.

Cosa ne pensate della verità che è saltata fuori? Qualcuno se lo aspettava?

Presto ci sarà il ballo d'inverno, siete pronti?

Camille e Rider vanno al bowling ed incontrano Cindy. Vi è sembrato giusto il suo ragionamento?

In seguito a delle cose che dice, Rider se ne va. Secondo voi per qualche motivo in particolare e per il tutto?

Vi voglio bene. Non so quando aggiornerò di nuovo.

Seguitemi nella page Instagram, posto sempre avvisi e altre cose molto carine. Sono @officialnothinglikeus

Al prossimo, Niky 💕💕

The boy who stole my heart Where stories live. Discover now