24.

8.8K 332 22
                                    

Aprii gli occhi di scatto e guardai la sveglia sul mio comodino. Erano le quattro del pomeriggio.
Mi ero appena svegliata da un pesante sonnellino che assomigliava più ad un coma.
Mi recai in bagno e mi sciacquai la faccia con dell'acqua fredda. Mi lavai i denti per eliminare dalla mia bocca quel sapore che rimaneva appena sveglia.
Mi vestii con dei blue jeans attillati e un maglioncino nero, abbinato alle scarpe. Dovevo uscire con Mason per qualche ora prima di recarmi in palestra.
Preparai lo zaino con l'occorrente necessario per l'allenamento. Me lo misi in spalla e scesi di sotto.
Mason sarebbe passato a prendermi a momenti.
Dal salotto provenivano delle voci femminili. Mia mamma era in casa e probabilmente aveva invitato qualche sua amica.
"Ciao mamma... io-" feci per dire prima che mi bloccassi in messo al salotto, pietrificata.
Accanto a lei c'era seduta niente che meno che la mamma di Rider. E mi guardava sorridente.
"Salve signora Smith." La salutai.
"Ciao Tesoro, è bello rivederti." Mi sorrise.
La mamma mi guardò con uno sguardo compiaciuto.
"Esci?" Mi domandò.
"Si... torno per cena." Risposi.
Probabilmente pallidissima avanzai verso la porta, chiudendomela alle spalle. Non volevo pensare a cosa potesse scappare dalla bocca della signora Smith. Sperai in positivo.
Dietro l'angolo Mason mi aspettava. Appoggiato al muro con le mani nelle tasche della giacca e i capelli al vento faceva un figurone.
La sua bellezza mi lasciava sempre senza parole.
Puntò i suoi occhi azzurri su di me e sorrise raggiante.
"Non vedevo l'ora di vederti." Ammise.
Si portò una mano dietro la schiena. Sentii un rumore di carta. Davanti agli occhi mi ritrovai una rosa rossa.
Rimasi palesemente sorpresa.
"Per te."
"Grazie!" Esclamai.
Era elegante e bellissima ed emanava un buon profumo.
Mason mi prese la mano e mi portò con se. Quella volta non aveva preso la macchina, il che era strano.
"Ho deciso che oggi faremo una passeggiata." Mi disse, come se mi avesse letto nel pensiero.
L'idea mi piacque molto.
Solitamente, nelle giornate che avevano trascorso insieme, mi aveva dato l'impressione di uno che voleva soltanto portarmi a letto. Avevo tutto il diritto di presumerlo visto che ci eravamo sempre nascosti da qualche parte per baciarci. Io e lui parlavamo poco e niente.
"Vuoi che te lo tenga io lo zaino?" Mi domandò gentilmente.
"No, non preoccuparti. Ho poche cose dentro: un cambio per la palestra e una bottiglia d'acqua." Scrollai le spalle.
"Mi piacerebbe molto vederti un giorno."
Io ridacchiai nervosamente.
"Perché? Non è niente di divertente." Gesticolai.
"Forse per te no, ma per me lo sarebbe tanto." Commentò.
Passò qualche secondo prima che mi resi conto di cosa intendesse. Arrossii lievemente.
Durante la nostra passeggiata ci fermammo a prendere un gelato. Anche se non faceva tantissimo caldo mi piaceva mangiarlo comunque.
Era uno dei miei cibi preferiti.
Mason mi parlò di ciò che avrebbe fatto considerando che aveva lasciato la squadra di football. Mi raccontò della sua famiglia e del posto di lavoro assicurato che lo aspettava se solo avesse voluto.
Mentre parlava mi cadde l'occhio su una chioma di capelli scuri e ondulati. Misi a fuoco la figura. Riconobbi immediatamente Cindy.
Era seduta su una panchina in ferro e rideva. La conoscevo abbastanza da sapere che non si stava sforzando.
Spostai lo sguardo accanto a lei e vidi un ragazzo che doveva essere il suo ex.
Si toccavano, soprattutto lui a lei e si guardavano come avrebbero fatto due innamorati.
Una sensazionale di delusione si propagò in me. Principalmente perché mio fratello mi aveva fatto intendere di voler fare sul serio con lei.
E perché mi aveva dato la sua parola che gli avrebbe parlato quel giorno, prima di rivederlo. Mi aveva mentito.
Io e Mason girammo per la città per circa un'oretta. Facemmo il giro e mi accompagnò in palestra, dove mi lasciò.
Avevo combattuto un po' affinché non entrasse anche lui.
Entrai dentro alla struttura con una certa felicità. Il cuore prese a battermi più velocemente.
Era assurdo: il mio quasi ragazzo mi aveva appena lasciata dopo un bellissimo pomeriggio trascorso insieme e io non resistevo più dalla voglia di vedere un altro.
Erano passate poche ore da quando ci eravamo visti l'ultima volta, ovvero, la mattina a scuola. Eppure mi mancava di già. Mi mancava soprattutto avercelo tutto per me.
Mi cambiai i vestiti con i soliti leggins neri, un reggiseno sportivo bianco e delle scarpe da tennis.
Quando entrai nella sala captai immediatamente Rider. Stava mostrando ad un ragazzo come lavorare con i pesi.
Rimasi incantata a guardare i muscoli delle braccia abbronzati. Come si flettevano.
Aveva una maglietta nera che aderiva al suo corpo. Quando alzava le braccia, si sollevava, mostrando una parte degli addominali e l'elastico nero dei boxer.
I pantaloncini bianchi gli ricadevano sui fianchi, fasciando il suo sedere perfetto.
Ad un certo punto il ragazzo gli disse qualcosa che lo fece girare nella mia direzione.
Mi ricomposi rapidamente.
Come mi vide mi fece un sorrisetto. Lasciò il peso al ragazzo che aveva appena fatto la spia e mi venne in contro.
"Sai, pensavo che mi avresti evitato altri due giorni. Invece eccoti qui."
Sapevo che si stava riferendo ai giorni seguenti alla serata passata al cinema.
"Volevo tenerti un po' sulle spine." Gli sorrisi.
Ormai sapevo già come iniziare. Mi diressi sul tapis roulant, lo impostai e cominciai con il mio allenamento.
Rider mi ronzò attorno.
"Che ne dici di aumentare un po' la velocità?" Chiese. Prima ancora che realizzassi, l'aumentò. "Fammi vedere cosa sanno fare queste gambe." Ghignò.
Gli ringhiai contro.
"Mi piace da morire vederti eseguire i miei ordini." Commentò, osservandomi.
In quel momento due ragazze entrarono dalla porta principale, alla nostra destra. Entrambe erano bionde.
Con la coda dell'occhio le vidi voltarsi verso di noi. Precisamente verso di Rider. Sghignazzarono.
Rider si girò verso di loro e le sorrise, salutandole con una mano.
Le due risero istericamente come avrebbero fatto due bambine di dodici anni davanti alla loro prima cotta.
Lo guardarono con una certa insistenza. Una delle due sporse il petto e si passò la lingua fra le labbra.
"Accidenti Camomilla, l'hai appena fulminata con quello sguardo."
"Questo spettacolo succede sempre ogni volta che me ne vado?" Gli domandai.
Non le avevo mai viste nelle ore in cui andavo ad allenarmi io.
"Non me lo ricordo." Scrollò le spalle.
A quella affermazione provai una certa soddisfazione.
"Come no?" Inarcai le sopracciglia.
Non erano ragazze che passavano inosservate.
"Sai, dopo che te ne vai tu ho altre cose a cui pensare." Mi disse.
"Non ti seguo." Sbattei le palpebre.
"Non vuoi saperlo veramente." Ridacchiò.
"Cosa mi consigli di fare, adesso?" Gli domandai, cambiando argomento, nonostante morissi dalla curiosità.
"Dame un beso." Rispose.
"Che cos'è? Un attrezzo?" Chiesi.
Lui ci mise qualche minuto a parlare. Si era come incantato ad osservarmi. Le labbra in particolare.
Annuì poco convinto.
Continuammo con l'allenamento. Per tutta la durata rimase pensieroso.
Un'ora dopo arrancai sfinita verso lo spogliatoio e mi stesi su una panca, contemplando per almeno un quarto d'ora il soffitto bianco, mentre riprendevo fiato.
La porta dello spogliatoio si aprì di scatto e Rider entrò con molta tranquillità, come se si trovasse a casa.
"Che ci fai qui? Non puoi entrarci!" Sbottai, raddrizzando la schiena.
Lui continuò a guardarmi stralunato.
"Ho dimenticato qualcosa anche sta volta?" Gli chiesi. Tastai attorno a me, nel farlo urtai la rosa che scivolò a terra.
"È tua?" Mi domandò.
"Si, me l'ha regalata..." lasciai la frase in sospeso. Per qualche strano motivo non mi andava di nominarlo davanti a lui.
"Chi? Mason?"
Feci di si con la testa.
Lui inaspettatamente scoppiò a ridere fragorosamente.
"Trovi così divertente che qualcuno mi regali una rosa?" Mi infuriai.
"No, trovo divertente come cerchi in ogni modo di conquistarti senza successo." Commentò.
Incrociai le braccia al petto.
"Altrimenti perché correresti da me un secondo dopo averlo lasciato?" Disse con una certa arroganza.
"Io corro in palestra, se sei tu il mio personal trainer che colpa ne ho?"
"Adesso sei con me, non credere di potermi fregare come fai con lui. Io t'interesso." Affermò.
Il cuore mi schizzò in gola. Le mie guance presero un colorito tendente al rosa.
"Qualcosa mi dice che a te non succede di meno." Ribattei con la sua stessa presunzione.
Gli piaceva quando gli stavo in faccia alla sua stessa maniera. L'avevo notato.
Mi alzai in piedi. Nel farlo il mio corpo strusciò contro al suo per quanto era vicino.
"Ti ha toccata?" Mi chiese improvvisamente.
Ci misi qualche secondo a ricollegare il cervello.
"Non sono affari tuoi!" Esclamai.
"Invece lo sono." Ringhiò.
Per un momento mi girò la testa.
"No." Scossi la testa.
"Ma ti ha baciata."
Sbuffai. "Neanche! Siamo andati a fare una passeggiata e mi ha offerto il gelato."
Lui mi scrutò attentamente, come per assicurarsi che stessi dicendo la verità. Aveva quel modo di guardarmi che mi scavava fin in fondo.
Con lui non avevo bisogno di maschere.
Rider sapeva riconoscere la Camille vera.
"Ma perché vuoi sapere tutte queste cose...?" Mormorai.
I suoi occhi argentati mi zittirono, intrappolandomi. Era come perdersi tanto da non riuscire più a tornare indietro.
Allungò una mano e con due dita mi sfiorò la guancia. La mia pelle si incendiò.
Le sue labbra toccarono le mie e quasi non svenni per il desiderio che provavo. Ero accecata.
Probabilmente incerto sul da farsi studiò la mia reazione. Notando che non mi ero ancora mossa di fece avanti.
Fu allora che Rider mi baciò per la prima volta. Mi baciò con urgenza. Le sue labbra mi assaporarono e la sua lingua giocò con la mia.
Con le mani mi accarezzò tutto il corpo: dal viso bollente, ai capelli, ai seni fino ai fianchi che strinse.
Baciare Rider era qualcosa di sensazionale che lasciava quel peso nel cuore alla quale non si poteva più rinunciare. Ma allo stesso tempo spaventoso.
Spaventoso perché non avevo mai provato un emozione simile.
Spaventoso perché niente sarebbe stato in grado di superarlo.
Sopraffatta persi l'equilibrio e andai a finire contro la parete.
Gli circondai il collo con le braccia e lo attirai maggiormente a me, per quanto fosse possibile.
Con i polpastrelli lo accarezzai sulle spalle muscolose.
Quando si staccò per prendere fiato dovette tenermi, ancora stordita. Aveva le labbra lucide dalla mia saliva, i capelli tutti spettinati e le gote arrossate.
Ma era comunque bellissimo da far male.
Ne volevo ancora. E dal modo in cui mi guardava, come se volesse divorarmi, anche lui. Tuttavia si scostò da me e staccò le mani dal mio corpo.
Immediatamente percepii la mancanza. Mi sentivo come se avessero appena strappato una parte di me.
Lentamente se ne andò, senza aggiungere una parola. Mi lasciò sola, con mille pensieri che giravano per la testa e il suo sapore ancora in bocca.

//

Ciao a tutte! Come vedete non sono sparita.

Sono stata cinque giorni fuori per un viaggio e non ho avuto tempo per scrivere, non vi ho abbandonate.

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Che ne pensate?

Aspetto sempre i vostri commenti!

Ho anche visto che Rebel sta per raggiungere le 100k visualizzazioni e sono felicissima. Quella storia è una parte di me. Ci ho messo il cuore e vederla raggiungere certi traguardi è emozionante. Vi voglio un mondo di bene.

Non vi ringrazierò mai abbastanza.

al prossimo capitolo, Niky!

The boy who stole my heart Where stories live. Discover now