88.

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Ero senza pace. Da quando ero tornata alla Residenza, dopo essere stata da Jude, continuavo a camminare su e giù per la mia stanza senza riuscire decidere cosa fosse meglio fare. Monica, che mi aveva vista rientrare e aveva capito subito che qualcosa non stava andando per il verso giusto, era seduta sul mio letto e continuava a seguire i miei spostamenti in silenzio. Non le avevo ancora detto nulla e, come suo solito, lei non mi forzava a parlare, del resto non lo faceva mai con nessuno. Aspettava, sapendo perfettamente che, prima o poi, le cose sarebbero venute fuori.

"Consiglio" sbottai di punto in bianco, fermandomi davanti a lei. In tanti anni che ci conoscevamo era, probabilmente, la prima volta in assoluto che chiedevo un suo parere perché troppo incerta sul da farsi, ma tutta questa faccenda era fuori da ogni tipo di regola per cui anche questo ci poteva stare, ormai avevo imparato a non stupirmi più di niente e ad accettare di appoggiarmi ad altre persone per andare avanti. "Vado prima da lui a rimettere le cose a posto oppure passo da Nathan e lo mando al caldo?"

Monica non si scompose, anzi. Si stese sul letto con le braccia spalancate e fece un grande sospiro mettendosi a fissare un punto imprecisato del soffitto.

"Che domandona, donna!" esclamò. "Come primo impulso ti direi di correre da lui anzi, ti domanderei cosa ci fai ancora qua, però forse ha più senso andare prima dai tuoi a fare ciò che devi, in modo che poi a Matthew tu possa dire che sei libera... Però magari l'incontro non va come previsto e non riesci ad andare ad Harvard, oppure perdi troppo tempo... Oppure non lo trovi perché non è dove dovrebbe essere... Non lo so, Anna. Non lo so davvero. Ti dò una monetina, fai testa o croce."

"Sii seria per una volta, non so davvero cosa fare!"

"Ma io sono seria, amica mia. Entrambe le soluzioni hanno parecchi punti a proprio favore, per cui non sono in grado di dirti quale sia la migliore. Forse, a logica, è meglio se arrivi da Matthew dimostrandogli che sei stata disposta a tagliare i ponti con chi avrebbe potuto fargli del male. In fin dei conti non dovresti perdere troppo tempo."

Non risposi e mi rimisi a camminare su e giù, riflettendo sulle parole di Monica. La quale riprese a parlare, seguendo il corso dei suoi pensieri

"Anche perché... tu sai esattamente dove trovare Matthew? 'Harvard' è un termine un po' generico, potresti metterci giorni solo per capire in quale sede si trovi..."

"Qui si sta specializzando con Mr Firth, per cui direi che è alla HLS, la Harvard Law School. Del resto se suo nonno vuole che gli succeda nella carriera politica non può che essere lì."

"La fai facile, come lo trovi là dentro? Certo, a meno che non ti decida finalmente a telefonargli... devo ancora capire perché cavolo tu non l'abbia ancora fatto, non staremmo qui a lambiccarci il cervello in tante teorie assurde."

Aveva ragione, nessun senso logico mi stava impedendo di comporre quel numero e cercare di chiarire a voce. Solo che, ormai, avevo un blocco al solo pensiero di fare quella telefonata e il motivo era uno solo, ormai lo avevo capito e accettato. Avevo una paura maledetta di quello che avrebbe potuto dire lui, e una ancora maggiore che rifiutasse di parlarmi. No, meglio fare un po' di chilometri e andare a parlargli guardandolo negli occhi. Solo così sarei stata sicura che non ci sarebbero stati fraintendimenti.

"Perché preferisco così, non mi piace parlare di certe cose al telefono", dissi categorica, tenendo per me dubbi e paure su come sarei stata accolta.

Monica si alzò in piedi e venne verso di me tendendo una mano.

"Molto bene, donna. Abbiamo parlato anche troppo, è ora che tu vada. Hai un bel viaggetto da fare e il tempo non gioca a tuo favore. Vuoi una mano a preparare la borsa?"

CheerleaderWhere stories live. Discover now