10.

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Uscii dalla mensa senza una parola, dopo avere infilato in fretta e furia le mie cose nella borsa e avere fatto un vago cenno di saluto agli altri, che mi fissavano perplessi.

Ero preoccupata. Che mia madre sprecasse qualche minuto del suo prezioso tempo per telefonarmi e convocarmi a casa poteva avere un solo significato: qualcosa di grosso bolliva in pentola ma non avevo idea di cosa potesse essere. Soprattutto, non riuscivo a capire perché avesse pronunciato quel cognome... certo, non era detto che si riferisse a quel disgustoso ragazzo la cui presenza nel campus mi era diventata a dire poco indigesta, mica solo lui si chiamava così. Eppure la mia fida vocina mi stava urlando che era una coincidenza troppo strana che questo tizio fosse comparso alla Dartmouth e poco dopo i miei avessero qualcosa da dirmi avente a che fare con quel cognome.

'E chi resiste fino a sabato?' pensai, attraversando a passo spedito i corridoi, incurante degli sguardi che mi seguivano. Come poche ore prima, anche in quel momento ero indifferente sia al fatto che qualcuno mi guardasse, sia all'effetto che stavo facendo a chi mi incrociava. Quell'inizio di anno accademico mi stava decisamente scombussolando un po' troppo.

"Anna."

Nel sentirmi chiamare mi fermai e mi voltai. Sandra si stava avvicinando piuttosto trafelata.

"Cosa c'è? Vado di fretta."

"Tutto bene? Mi sembri sconvolta, dopo la telefonata che hai ricevuto..."

"E a te cosa importa?"

"Ci tengo alle mie amiche."

Sgranai gli occhi dallo stupore. "Perché, siamo ancora amiche noi due? Non pensavo, dopo quello che mi hai detto stamattina."

"Oh quello..." fece spallucce "Ero furiosa e delusa perché a volte sei una vera Stronza anche con le persone a te più vicine. Comunque ti voglio bene lo stesso perché so che, ben nascosto da qualche parte, un cuore ce l'hai anche tu... E poi oggi Stefan sembra finalmente essersi accorto che esisto, per cui il resto passa in secondo piano."

"Ci credo che si è accorto..." Mi bloccai nel notare l'espressione felice dei suoi occhi. Non valeva la pena dirle il motivo vero per cui il bel capitano dei Tigers le stava dedicando attenzioni, avremmo litigato di nuovo. "Oggi stai particolarmente bene vestita e pettinata così. Sai che lui è molto sensibile a queste cose."

"Non ti secca che preferisca me a te? Fino a ieri..." Non finì la frase, ancora troppo sorpresa per proseguire.

Mi morsi quasi la lingua per evitare di dirle cos'era successo fra me e lui la notte precedente e mi limitai a sorridere e a farle l'occhiolino.

"Vai tranquilla, buona caccia. Ma ricordati, non venire a piangere da me quando ti calpesterà il cuore, io ti avevo avvisata."

"Non succederà", rispose convinta. "E ora mi puoi dire il motivo per cui sei quasi fuggita dalla mensa? Conosco solo due persone in grado di farti questo effetto..."

"Se ti riferisci ai miei genitori hai fatto centro. Sono stata convocata a casa per il fine settimana perché mi devono parlare", replicai secca tornando dell'umore plumbeo in cui ero precipitata dopo la telefonata.

"Non sai il motivo?"

"Mia madre non ha voluto dirmelo... credo che partirò oggi, anche se è mercoledì: voglio sapere subito cos'hanno in mente e togliermi il pensiero. Inoltre voglio fare ritorno qui al più presto: devo iniziare quanto prima il lavaggio del cervello di quei quattro casi persi del Federal Contest, se non voglio perdere la scommessa."

CheerleaderWhere stories live. Discover now