8.

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[revisionato]

Non appena chiusi la porta dello studio e feci qualche passo al suo interno, mi sembrò di aver varcato una sorta di stargate e di essere arrivata a Hogwarts nello studio del professor Silente, come lo avevo sempre immaginato leggendo i libri della saga.

La stanza, arredata con mobili antichi e scaffali colmi di volumi appartenenti a secoli prima, pullulava di ogni genere di oggetti dall'utilizzo sconosciuto. Appoggiato su un tavolo, sotto a una grande finestra, c'era perfino un grande bacile di pietra. Sbirciai di sottecchi Mr Smith, che si era appoggiato a quel mobile e mi osservava infastidito, aspettandomi quasi che impugnasse una bacchetta magica e che tirasse fuori dalla testa un filamento di pensieri da depositare in quell'enorme Pensatoio.

"Ha osservato abbastanza il mio studio, miss Walker? Pensa di potermi dedicare qualche minuto del suo prezioso tempo?" La voce, momentaneamente incorporea, mi riscosse da quelle fantasticherie assurde e mi fece tornare con la mente al motivo per cui ero stata convocata.

Mi guardai intorno per capire dove fosse la sua proprietaria, ma non vedevo nessuno oltre a Mr Smith. La penombra del luogo e la quantità di cianfrusaglie non aiutavano di certo.

"Qui, miss Walker. Si degni di fare un'altro paio di passi e si sieda sulla sedia che troverà, cortesemente. Il mio tempo è un tantino più prezioso del suo e ne vorrei perdere il meno possibile."

Mi morsi la lingua per non rispondere a tono e mi limitai a fare quello che mi era stato detto. Non appena arrivai davanti al grande scrittoio, dopo aver circumnavigato un enorme mappamondo, un cannocchiale e una gabbia per uccelli che mi fece immediatamente pensare a Fanny, scoprii finalmente la proprietaria di quella voce chioccia.

Seduta dall'altra parte della scrivania, con il viso poggiato sulle mani intrecciate per potermi osservare meglio, stava una donnina ossuta con i corti capelli candidi sparati in ogni direzione come un punk e una maglia a collo alto nera che la faceva sparire quasi completamente. Nonostante l'aspetto dimesso e il fatto che avesse necessità impellente che qualcuno le rifacesse il look da capo a piedi, i grandi occhi neri che teneva ben piantati sui miei e l'espressione decisa del viso scarno rendevano impossibile pensare anche solo lontanamente di prenderla sottogamba. Per la prima volta in vita mia mi sentii intimidita e la cosa mi infastidì moltissimo.

Mi sedetti in silenzio senza abbassare lo sguardo: volevo farle capire di non temerla.

"Dunque, miss Walker." iniziò lei, dopo aver dato una rapida occhiata al foglio che aveva di fronte. "Sa perfettamente che la nostra università ha un codice di comportamento che non è ammesso trasgredire. Ciò vi è stato detto prima dell'iscrizione e vi è stato ripetuto ad ogni inizio di anno accademico."

Mi fissò, aspettandosi forse una qualche replica da parte mia. Ma io non avevo la minima intenzione di sbilanciarmi senza prima sapere cos'avesse in mente, perciò mi sistemai meglio sulla sedia senza abbassare lo sguardo e attesi.

Dopo alcuni interminabili secondi di silenzio, interrotto solo dal ticchettio di un orologio a pendolo appoggiato alla parete di fianco al "Pensatoio", Mrs Davenport cedette e riprese a parlare, con un tono più seccato di quello usato prima.

"La sua condotta finora è stata sempre irreprensibile, miss Walker. Per questo è ancora più difficile accettare ciò che ha fatto poco fa."

"Sono stata provocata, Mrs Davenport. Mr Hawthorne è colpevole quanto me e dovrebbe essere qui anche lui, ora." mi lasciai sfuggire un po' troppo seccamente, ma dovevo fare capire a quella donna come fossero andate le cose.

"Non si azzardi mai più a rivolgersi a me con quel tono. Non sono una di quelle sciacquette che pendono dalle sue labbra."

"Ho solo voluto chiarire di essere stata provocata. Più e più volte, finché la goccia ha fatto traboccare il vaso. Nei miei panni avrebbe fatto lo stesso."

"La sua condotta è stata decisamente riprovevole e ciò non può non avere delle conseguenze."

Non le interessava come fossero andate le cose, aveva già deciso che solo io sarei stata punita. Forse non aveva neppure sentito ciò che avevo detto. Strinsi le mani ai braccioli della sedia per evitare di scagliarmi contro di lei e graffiarle via dalla faccia ossuta quell'espressione soddisfatta.

"Dunque, miss Walker. La prassi prevede che venga inserita una nota di demerito nel suo curriculum disciplinare e che venga immediatamente informata la famiglia."

Sbiancai. Tutto, ma i miei non dovevano essere coinvolti. Era indispensabile che le facessi cambiare idea.

"Capisco Mrs Davenport e mi rendo conto di avere commesso una grave infrazione al codice di comportamento dell'università" un tono più sottomesso e mansueto non sarebbe stato possibile, recitazione da Oscar "tuttavia le chiedo... In virtù del fatto che prima di oggi ho sempre avuto un'ottima condotta, non è possibile qualcosa di alternativo che eviti tutto questo?"

"Direi di n..." inziò lei, interrotta da un colpo di tosse di mr Smith, della cui presenza mi ero dimenticata. I due si scambiarono un rapido sguardo, come se fossero d'accordo su qualcosa, poi la donna tornò a fissarmi con un'espressione indecifrabile e riprese a parlare. "Forse una cosa c'è. Conosce il Federal Contest, miss Walker?"

"Certo, è una specie di Olimpiade per cervelloni" replicai con sufficienza. Dove voleva arrivare?

"Esatto. Si svolgerà fra due settimane e lì le quattro nostre studentesse più meritevoli sfideranno i migliori studenti di tutte le università degli USA."

"E io cosa c'entro in tutto questo?"

"Le ragazze verranno valutate anche per come si comporteranno negli eventi mondani che verranno organizzati durante il Contest. In buona sostanza, se sei un nerd (per usare il vostro gergo) hai perso in partenza e noi non vogliamo questo. Quindi entra in gioco lei."

"Cosa dovrei fare?" domanda retorica, sapevo già la risposta.

"Le nostre quattro studentesse hanno indubbiamente un cervello al di sopra della media, ma è altrettanto indubbio che classe ed eleganza non sanno neppure dove stiano di casa. Pertanto il suo compito sarà trasformarle e renderle quanto più possibile perfette per qualsiasi evento verrà organizzato, pranzo, cena o ballo che sia."

"Posso sapere i loro nomi?" Mi limitai a chiedere.

In silenzio Mrs Davenport mi passò un foglio attraverso la scrivania senza perdermi di vista. Lessi quanto c'era scritto. E scoppiai a ridere.

"In due settimane neppure un miracolo potrebbe trasformarle, sono oltre ogni possibile recupero."

"Quindi rifiuta?" chiese lei, allungando la mano verso il registro.

"Assolutamente no" altra menzogna da manuale, "mi piacciono le sfide difficili. Quando si comincia?"

"Subito. Mr Smith, uscendo illustri a miss Walker il calendario degli incontri. Buona giornata". Un istante dopo era immersa nella lettura di un documento e noi non potemmo fare altro che muoverci e dirigerci verso l'uscita del suo studio.

Mr Smith iniziò a parlare ma io non lo stavo a sentire. Era stato tutto troppo facile, tanto che il dubbio che avevo, che la cosa fosse stata architettata ad arte da quei due, divenne ben presto una certezza. La Davenport aveva pilotato il colloquio per arrivare dove voleva e ottenere così il mio aiuto.
Mi sentivo presa in giro e usata.

Come ciliegina sulla torta, mentre con Mr Smith attraversavo la Sala dello Stemma, la porta dello studio di Mr Firth si aprì e ne uscirono il mio professore e Matthew immersi in un'amichevole conversazione. Ecco perché me lo ero trovato tra i piedi poco prima: evidentemente aveva un appuntamento e per pura sfortuna l'orario era coinciso con quello del mio colloquio. Lo fulminai con uno sguardo carico di risentimento, visto che era a causa sua se mi trovavo in quella situazione grottesca, ma lui non diede mostra di accorgersi che stessimo passando, concentrato com'era su quanto gli stava dicendo il professore.

'Verrà il giorno in cui striscerai ai miei piedi. Oh, se verrà...' giurai a me stessa astiosamente, uscendo dalla Sala al seguito di Mr Smith, che intanto continuava imperterrito a parlare.

Con il sottofondo di quella voce gracchiante e nella testa tutte le grida di rabbia che non potevano uscire fuori, buttai l'occhio sul Dior che indossavo e non ebbi più alcun dubbio sulla fine che avrebbe fatto una volta tornata in camera.


CheerleaderWhere stories live. Discover now