Cheerleader

35.

"Non esiste!"

Sollevai di scatto la testa e mi alzai in piedi. Non avevo idea di quanto tempo fosse passato dal momento in cui mi ero accasciata su quella sedia a rimuginare sulle parole che Matthew mi aveva appena detto. Cosa mi era preso? Abbattermi e permettere a un idiota qualsiasi di trattarmi così, senza reagire? Come se mi meritassi un trattamento del genere? Dopo ciò che avevo fatto per lui, per quello stesso idiota, nell'ultimo periodo? Fuori discussione. Raccolsi la borsa e, a passo di marcia, uscii dal grande salone, decisa a trovare Hawthorne e togliermi la soddisfazione di dirgli tutto quello che si meritava.

Non avevo idea di dove potesse essere, così intanto mi diressi verso lo stabile dove si trovavano le aule. L'aria era fresca e mi aiutò a placare, almeno un po', l'ondata di rabbia che mi aveva travolta fuori dall'ufficio della Davenport.

Passeggiai per qualche minuto sul prato, per schiarirmi un po' le idee, fino a quando non vidi un'orda di studenti riversarsi fuori dal caseggiato. Fantastico, ero riuscita a perdere anche la seconda ora di lezioni. Mi sedetti su una panchina e, mentre continuavo a guardare quel branco di umani che si muoveva come una mandria di bufali, iniziai a chiedermi dove sarei andata a finire, di quel passo: mi stavo rendendo conto che dentro di me era sorta una sgradevole sensazione di estraneità a quel mondo, laddove invece fino a qualche settimana prima ritenevo indispensabile esserne la regina. Non riuscivo a capire cosa mi stesse capitando: mi stavo allontanando da tutti, ma la cosa più preoccupante era che non mi interessava. Possibile che fosse solo a causa delle parole sgradevoli pronunciate in varie occasioni da Matthew Hawthorne? O di quelle sentite per caso durante la festa?

Dovetti interrompere il corso dei miei pensieri: Sandra, Cindy e Monica, appena uscite, mi avevano vista e si stavano dirigendo verso di me. Ne fui infastidita, volevo restare da sola per pensare e per essere libera di muovermi se avessi visto Matthew.

"Amica mia, sei pallida. Va tutto bene?" Monica mi stava studiando come se fossi stata un esemplare in via di estinzione. "Come mai hai saltato le lezioni?"

"Ho avuto da fare." Non avevo voglia di raccontare quello che era successo. In quel momento, però vidi Jackson e Stuart parlare con Amber e Barbra e capii che l'ultima ora nell'ufficio della Davenport sarebbe stata presto di dominio pubblico, probabilmente distorta e romanzata. Dovevo batterli sul tempo.

"Cose importanti, a occhio. Hai un'espressione..." Sandra mi accarezzò il braccio "Sono giorni che sei strana, cosa ti sta succedendo?"

La guardai ma non dissi una parola. Non mi ero ancora riuscita a scrollare di dosso la sensazione che tutte loro mi stessero mentendo, sebbene non avessi sentito che poche voci, la sera della festa. Cindy mi tolse d'impaccio prendendo la parola al mio posto.

"Ma lo sai, no, Sandra... la nostra leader è troppo avanti per condividere tutto ciò che fa con noi comuni mortali." Lo sguardo di sfida che mi lanciò per un istante, subito seguito da un sorrisino di scuse, mi fecero immediatamente aggiungere il suo nome a quello delle traditrici. Dove aveva preso quel coraggio, se fino a pochi giorni prima era uno zerbino, pronta a esaudire ogni mio più piccolo desiderio pur di compiacermi? Sarebbe stato interessante scoprirlo. Le lanciai un'occhiata sollevando un sopracciglio in segno di disprezzo, poi mi rivolsi a Sandra.

"Prima sono stata dalla Davenport, per salvare il sederone di quei mastini là in fondo", comunicai indicando con un cenno della testa il gruppetto dei Tigers poco distante "perché, a sentire il loro capitano, senza la loro presenza non ci sarebbe neppure la speranza di avvicinarsi alla finale dei Play-Off d'Inverno."

Cindy e Sandra caddero dalle nuvole e, contemporaneamente, iniziarono a sommergermi di domande, ma Monica fortunatamente alzò la mano per farle tacere. "Io lo so... io lo so... ma non ve lo dico!" canticchiò per prenderle in giro sorridendo soddisfatta.