59°Capitolo-Ceneri

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59°Capitolo

POV JULIE

Una grande folla si era creata intorno a me. Le armate si erano ritirate e del mio castello ne erano rimaste solo le ceneri, mischiate a quelle dei miei genitori e dei servi.
Le lacrime bagnavano il mio viso, susseguendosi una ad una. Ogni lacrima seguiva una fitta al petto. Era un dolore indescrivibile, qualcosa che ti bruciava da dentro, ti divorava e ti uccideva. Era qualcosa che era semplicemente impossibile da sopportare.
Tutti i miei amici chiamavano il mio nome, cercando di farmi reagire in qualche modo, di farmi alzare da quella strada, di farmi parlare. Ma era tutto inutile.
Le loro voci nella mia testa erano affievolite e la mia testa completamente vuota.
Dopo qualche minuto, sentii prendermi per un braccio e caricarmi sulle spalle di qualcuno.
Non opposi resistenza, anche se avessi voluto non ne avrei avuto né la forza fisica, né mentale.
Appoggiai la testa su quella schiena, non curante del fatto che potessi bruciare o fare del male alla persona sotto di me. Alzai leggermente gli occhi e vidi una ciocca nera carbone.
Solo il quel momento realizzai che la persona che mia aveva portato via era Aidan. Sentii il suo profumo entrare nelle narici e provai un leggero senso di sicurezza dentro di me, sapendomi tra le sue braccia.
Non parlammo per tutto il tragitto, lo apprezzai. Di sicuro sapeva come trattare la situazione, aveva perso tutti e due i genitori in tenera età e, essendoci passato, sapeva cosa stavo provando in quel momento e di cosa avevo bisogno.
Il problema era che in quel momento lui mi odiava e l'ultima cosa che voleva era di sicuro aiutarmi.
Arrivammo a casa sua, mi portò nella stanza che mi aveva dato l'ultima volta che ero andata da lui, mi posò sul letto dandomi un bacio in fronte e se ne andò, chiudendo la porta dietro di sé, dandomi un'ultima occhiata.
Rimasi a fissare quella porta per qualche secondo, poi guardai fuori dalla finestra, il cielo era grigio per via del fumo delle fiamme. Tutto era andato distrutto. Le mie cose, i miei famigliari, la mia vita. Non c'era più niente. Restava solo un enorme ammasso di ceneri e polvere.
Non ero mai stata molto attaccata ai miei genitori, erano però pur sempre le persone più importanti al mondo per me e non c'erano più.
Le lacrime ricominciarono a scendere piano piano e, insieme a loro, si presentarono pure i singhiozzi.
Non so per quanto piansi e per quanto rimasi là dentro, ricordo solo che ero chiusa in me stessa, senza nessuna via d'uscita.
Il giorno dopo mi svegliai presto. Avevo il viso ancora segnato dalle lacrime ma non ci feci ulteriore caso.
Sospirai e aprii l'unica finestra di quella stanza che dava ad un balcone enorme. L'aria fredda mi colpì in pieno viso e mi fece rabbrividire. Mi poggiai sul cornicione e guardai il paesaggio dei giardini del castello. Mi ricordava casa mia in qualche modo.
Notai che sotto al balcone c'era un piccolo laghetto, circondato da fiori, aiuole e cespugli e decisi di scendere per darmi una rinfrescata al viso.
Saltai giù con un balzo felino e atterrai sull'erba fresca. Ero a piedi nudi e neanche ci avevo fatto caso. L'erba era bagnata per via della rugiada e gli alberi stavano perdendo le loro ultime foglie. Era un paesaggio così stupendo e rilassante...
Mi inginocchiai a pochi centimetri dall'acqua e, unendo le mani a scodella, ne presi un po' lasciandone cadere un po'. La buttai direttamente sul mio viso più volte e mi asciugai con la manica della felpa.
Rimasi a fissare la superficie dell'acqua che rifletteva perfettamente la mia immagine.
Avevo gli occhi gonfi dal pianto e lo sguardo stanco ma qualcosa luccicava. La collana era bagnata da alcune goccioline d'acqua che, a contatto con la luce del sole, risplendevano.
Nel riflesso del lago, apparve una figura dietro la mia. Era in piedi, che mi guardava attraverso l'acqua.
Aidan.
-Eccoti. –disse quelle parole quasi sussurrando, come se avesse paura di ferirmi solamente parlando. Non capivo quel suo improvviso cambiamento, forse non riteneva adeguato tenere il broncio dopo un colpo così duro.
Non dissi niente, non ricevette risposta, non mossi neanche un passo.
Ero incantata a guardare i suoi occhi rossi, era un'occasione che non mi sarebbe più capitata.
-Aidan. –dissi flebilmente. Si inginocchiò e mi posò una mano sulla schiena, guardandomi in volto, in quel momento accerchiato dalle ciocche bianche dei miei capelli.
Presi fiato e decisi di dirglielo, tutto d'un fiato, senza preoccupazioni.
-Mi dispiace. Mi dispiace per tutto quello che ti ho fatto. Ho sbagliato, sbagliato marcio lo so. Non sapevo che fare in quel momento, ero entrata in panico, volevo dirtelo ma me ne ero completamente dimenticata tra la partenza, la scuola, i briganti, e in più non ne avevo avuto il coraggio. So che non mi perdonerai mai per questo, ma te lo devo, devo chiederti scusa perché quello che ho fatto è terribile e non mi rimprovererò mai abbastanza. –dissi. –Ora però, non ce la posso veramente fare senza di te. –avevo di nuovo le lacrime, singhiozzavo. Non ne potevo più, ero stanca di tutto. Volevo semplicemente che finisse, che i miei genitori tornassero e che Aidan mi perdonasse.
Mi faceva male la testa, avevo pianto troppo e ancora non era finita. Il corvino mi guardò per un momento smarrito, poi mi fece un leggero sorriso e mi tirò a sé, abbracciandomi forte e facendomi scoppiare in un enorme pianto liberatorio.
In quel momento mi resi conto che era lui quello di cui avevo bisogno.
Nessun altro.

-Tieni. –mi avvisò, lanciandomi una mela addosso.
La presi al volo e ridacchiai leggermente. Con un balzo mi raggiunse e si sedette sul ramo della pianta insieme a me, mangiando quel frutto.
Sospirai leggermente, mentre il vento smuoveva i nostri capelli dolcemente, costringendoli a farmeli portare indietro per il fastidio.
-Domani niente scuola, eh. –disse Aidan, mentre addentava il torso della mela con gusto per poi leccarsi i baffi. Notai solo in quel momento che aveva messo su un po' di barbetta ultimamente e storsi il naso infastidita. Non mi piaceva particolarmente la barba, ma su di lui non era proprio così male.
Sbadigliai annoiata e mi lasciai cadere all'indietro nel vuoto, facendo prendere un crepo ad Aidan, che si tranquillizzò non appena vide che mi ero attaccata al ramo con le gambe per non cadere. Mi feci dondolare un paio di volte per poi farmi cadere veramente ed atterrare in piedi.
Mi guardò stranito e io sorrisi avviandomi dentro casa.
-Dove vai? –chiese, con ancora la bocca piena, guardandomi curioso.
Lo guardai di sottecchi.
-Vado in bagno, vuoi seguirmi pure là? –chiesi facendo la deficiente. Lui spalancò gli occhi ed arrossì leggermente per poi girarsi di colpo.
-Zitta e vai. -
-Lo prendo come un no. –risi e me ne andai. Entrai nel bagno, salutando Elise, e mi chiusi a chiave. Dovevo fare un bagno caldo, ero completamente sporca di ogni cosa e dovevo liberarmi la mente per un po', anche se sapevo perfettamente che non ci sarei riuscita.

-Uff, ma non ha niente in camera sua? –borbottaitra me e me mentre, con indosso solo un asciugamano, cercavo dei vestiti adattiper passare la notte nell'armadio di Aidan.
-Cosa brontoli? –chiese il ragazzo in questione fuori dalla portiera. Sbuffai econtinuai con la mia ricerca. Entrò senza preavviso e mi vide coperta da unsolo pezzo corto di stoffa.
Per me non era più un gran problema, per più di un anno avevo girato per casaconciata in quel modo con un uomo che neanche conoscevo all'inizio e di sicurolui non dava particolare fastidio.
-Che fai? –chiese con un tono tra l'infastidito e il curioso. Sentii il lettocigolare, chiaro segno che si fosse seduto su di esso.
-Sto cercando una maglietta e dei pantaloni, la mia roba è sporca e l'altra è acasa mi... -le parole mi morirono in bocca, facendomi piombare nuovamente quellaimmensa tristezza addosso.
Il corvino se ne accorse e mi raggiunse, porgendomi un pigiama appartenenteprima a sua madre.
Gli sorrisi e me lo infilai velocemente, tutto davanti a lui che non faceva laminima piega. La biancheria c'era ma stavo seriamente pensando alla possibilitàche lui non fosse del tutto etero.
Una volta pronta, mi girai per far vedere se mi stesse bene.
-È un pigiama, non devi fare una sfilata. –disse semplicemente,mentre si gustava un buon succo alla frutta servito pure con cannuccia.
Lo faceva molto cattivo ragazzo quella cannuccia.
-Antipatico. –gonfiai le guance indispettita per poi sedermi vicino a lui sulletto.
Lui mi guardò per qualche secondo per poi allungare la mano verso il comodino,dove c'era un telecomando per accendere la televisione.
-Vieni. –disse, allargando un braccio.
Mi feci spazio e appoggiai la testa al suo petto guardando poi verso latelevisione. Dopo pochi minuti crollai, non riuscendo a rimanere ulteriormentesveglia, e mi addormentai nel suo letto.
Mi mancavano quei momenti.    

║La Principessa Intoccabile║Where stories live. Discover now