36°Capitolo-Viaggio

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36°Capitolo

POV AIDAN

Sentii un profumo, il suo profumo inebriarmi le narici. Era l'odore più buono che avessi mai sentito. Un colpo di vento smosse i nostri capelli e mi costrinsi ad aprire gli occhi. Ero appoggiato alla sua spalla e lei ancora dormiva. Presi un bel respiro per sentire l'ultima volta il suo odore poi, di malavoglia, mi alzai piano per non svegliarla e mi misi in piedi. Diedi una veloce occhiata all'orologio. 7:12. Sentii una specie di ansia sul cuore quando guardai per l'ultima volta quella ragazza ancora intrappolata nei suoi sogni. Sospirai leggermente per non farmi sentire e decisi di andare. Non glielo avevo detto, quella sera sarebbe stata l'ultima volta che mi avrebbe visto.
POV JULIE
2 ore dopo.
-Julie –sentii una voce ma non risposi.
-Principessa Julie –disse un po' più forte. Non accennai a muovermi. Chi era che mi chiamava di prima mattina?
-Julie Evans! –urlò infine, facendomi alzare di colpo. Mi guardai intorno, ero in giardino e mi ero addormentata sull'erba ma mancava qualcuno, Aidan. Lo cercai con lo sguardo ma, invece che incontrare gli occhi rossi di lui, incontrai degli occhi verdi smeraldo.
Sussultai e scattai indietro.
-A-Adam –balbettai spaventata.
Cosa ci faceva a casa mia? Come sapeva dove abitavo?
In un lampo mi ricordai del giorno prima e spalancai gli occhi.
-Buongiorno, sono venuto a prenderti –disse guardandomi dolcemente. In qualche modo mi ricordava Aidan, forse la sua espressione. Ma non capivo ancora il perché fosse lì, era venuto a prendermi però in teoria sarei dovuta andare io da lui.
-Aidan non te lo ha detto? –chiese notando la mia espressione disorientata –Sarei venuto io a prenderti -
Non me lo aveva detto affatto, però non capivo ancora dove fosse andato quel cretino. Non poteva essere già andato, vero?
-Dov'è lui? –chiesi.
Lui mi guardò sorpreso, poi cambiò diventando serio.
-Non ti ha detto neanche questo? –questa frase mi fece fermare il cuore per pochi secondi. Volevo sapere immediatamente dove fosse andato e volevo vederlo, almeno un'ultima volta.
-Se n'è andato due ore fa, è venuto a casa mia per incontrare Gale ed è partito -
Il mondo mi crollò addosso in pochi secondi e con poche parole mi venne voglia di piangere. Non mi aveva detto niente, mi aveva lasciata e basta, senza curarsi di nulla, come tutti avevano fatto.
-Ehy, Julie –mi chiamò Adam preoccupato. Lo guardai stranita e sentii le mie guance bagnate. Non me ne ero accorta. Le asciugai con la manica della maglia e feci un falso sorriso.
-Scusa, andiamo? –chiesi cercando di mantenere la voce ferma. Lui mi sorrise dolcemente e mi porse una mano per farmi alzare, addosso aveva dei guanti e non ebbi problemi ad aggrapparmi.
-Tranquilla, non sarai sola quest'anno –disse semplicemente, un attimo prima di lasciare la mia mano e incamminandosi verso l'uscita.
Quella frase mi rimase impressa. Non perché fosse stata detta con tanta dolcezza, non perché fosse la prima persona a dirmi una cosa del genere. Mi rimase impressa perché non era una cosa detta all'aria, ma la verità.
Non sapevo come inquadrare quell'uomo. Non facevo altro che fissare la sua schiena mentre percorrevamo delle strade a me sconosciute del regno. Non mi stava portando al Grand Chasm.
-Dove stiamo andando? –chiesi curiosa.
Lui mi guardò da sopra la spalla e sorrise. Lo guardai di rimando.
-Preparati principessa, l'allenamento inizia oggi. –disse ridacchiando. Perché quelle parole non promettevano niente di buono? -
-In che senso? –chiesi.
-Dovremo percorrere più di 120 Km prima di arrivare. -
In quel momento pensai dove fosse un mezzo di trasporto per portarci alla meta ma, quando vidi il suo sorrisino, capii che quel mezzo di trasporto non sarebbe mai comparso. –A piedi. –aggiunse. Con quelle semplici parole mi demolì in un sol colpo. Avrei seriamente rischiato di crepare. Speravo soltanto che non dovessimo percorrere e attraversare delle montagne. Purtroppo le mie speranze si vanificarono quando ci ritrovammo ai piedi di un monte. In cerca di qualche miracolo divino, cercai di trovare una strada alternativa per sorpassare quella montagna.
-Siamo arrivati? –chiedi in un tentativo disperato di consolazione. Non eravamo partiti neanche da un'ora e di sicuro non avevamo percorso neanche un decimo della nostra meta.
Lui rise e scosse la testa divertito. Si vedeva che non ero allenata in queste cose quando a pochi minuti della nostra scalata mi prese una specie di attacco d'asma. Non ne soffrivo, ma mi mancò il fiato all'improvviso.
L'uomo allungò una mano per aiutarmi. Ci pensai due volte prima di accettarla. Ripensai alle sue parole di prima. L'allenamento era appena cominciato e di sicuro non potevo arrendermi per una cosa così piccola. Scossi la testa e con una forza di volontà, che non credetti appartenesse a me, lo superai con un ritmo maggiore. Lui in pochi secondi mi raggiunse e mi sorrise.
-Così si fa, Julie. Vedo che siamo a buon punto. –disse. Io gli sorrisi e continuai la mia scalata. Era veramente ripida quella montagna. Per fortuna che la sera prima mi ero messa in pantaloncini e maglietta, se no non sarei riuscita a fare un solo passo.
Quando raggiungemmo la vetta della montagna, tralasciando il fatto che io fossi sfinita, mi spiegò dove saremmo dovuti andare. Come sospettavo, la sua seconda casa era proprio su una montagna, isolata da tutto e da tutti. Il posto perfetto dove allenarsi.
Continuammo a scalare montagne e a fare su e giù per tutto il giorno. Mi fece mangiare dei frutti di bosco che trovammo in giro come pranzo e mi fece bere da un ruscello trovato sul nostro cammino. Ero senza forze.
Il sole stava tramontando e Adam stava cercando un posto dove dormire. Stava analizzando la zona, soprattutto il terreno. Voleva controllare se ci fossero animali pericolosi in zona. Purtroppo, tutta la montagna era piena di impronte di qualche felino a me sconosciuto. La soluzione che trovò Adam fu quella di arrampicarci su un albero e dormire lì per tutta la notte. La meta era ancora lontana e avevamo percorso poco più di 60 Km. Anche se per me erano tantissimi a livello fisico, erano solo a metà. Mi arrampicai con non so quale forza all'albero più alto e trovai giusto un ramo abbastanza grande per dormirci. Ero abituata a salire sugli alberi sin da quando ero piccola e per me fu una cavolata.
Mi sdraiai su quel ramo e sentii tutti i miei muscoli rilassarsi all'improvviso. Non feci in tempo a parlare che i miei occhi si chiusero automaticamente, facendomi cadere in un sonno profondo.

Per colazione non mangiai praticamente niente, solo un paio di bacche. Ero abbastanza in forma dopo la dormita, ma le forze continuavano a mancare visto la scarsità di cibo.
Per fortuna, durante la strada, trovammo un ruscello e Adam decise di fermarsi per pranzare.
Con un ramo e con un filo trovato per la strada, costruì una canna da pesca e incominciò a cacciare la sua preda. Mi guardai intorno, ancora in piedi. Le mie gambe chiedevano pietà, ma dovevo per forza fare qualcosa. Decisi di prendere qualche rametto di legna secca con qualche filo d'erba e di preparare un piccolo fuoco dove cuocere il pesce pescato. Non vedevo l'ora di addentare quella delizia. Adam riuscì a catturarne in buona quantità e li cuocemmo tutti.
-Pensavo fossi una ragazza viziata, ma da quello che vedo non ti fai tanti problemi con la sporcizia e il cibo. –commentò l'uomo mentre girò il pesce evitando che si bruciasse.
Alcune volte, durante le mie scampagnate non consentite, rimanevo fuori a mangiare e mi cacciavo il cibo da sola. –dissi prendendo il pesce oramai cotto.
Quando lo addentai sentii gioire il mio corpo. Il sapore di quell'animale era qualcosa di sublime dopo aver mangiato bacche per due giorni. Finii i tre pesci in poco tempo, lasciando Adam di stucco.
Era sera inoltrata quando raggiungemmo finalmente la baita dell'uomo. Era una casa non troppo piccola fatta interamente di legno come l'altra. Era molto più ordinata e curata e anche lì i libri dominavano la maggior parte dello spazio della casa. C'era una cucina abbastanza grande, un salotto con la Tv, un bagno e due camere. Il giusto indispensabile. Vivere un anno lì non sarebbe stato così tragico.
Dopo aver visto tutte quelle comodità, mi girai verso l'uomo.
Dalla faccia che avevo fatto, molto probabilmente capì il mio bisogno e mi l asciò andare in bagno a cambiarmi.
Mi tolsi i vestiti sporchi di terra e mi buttai nella vasca. In pochi secondi tutti i miei muscoli si rilassarono nell'acqua bollente e riuscii a godermi quei dieci minuti di riposo. Quando uscii dalla vasca, sorse un problema. Io non avevo portato vestiti con me e di sicuro lui non ne aveva.
Mi coprii con un asciugamano e uscii dal bagno.
-Adam. –lo chiamai entrando in cucina, dove lui stava preparando la cena.
Spostò lo sguardo verso di me e mi squadrò.
-Che c'è? –chiese.
-I vestiti..- dissi imbarazzata. Di sicuro non sarebbe stato facile convivere con un uomo per un anno intero.
-Sono in camera tua. –disse per poi tornare ai suoi affari. Non feci domande e mi diressi verso camera mia. Era piccola, molto più piccola di quella che avevo a palazzo, ma bastava. C'era un letto ad una piazza, un armadio e una libreria.
Come prima cosa aprii l'armadio e lì trovai degli abiti tutti della mia taglia. Scelsi giusto alcuni da mettermi per la sera. Mi misi una maglietta color marrone e dei pantaloni neri, niente di che.
Mangiammo insieme e decisi di andare a letto subito dopo mangiato. Sarebbe stato un anno lungo e intenso.

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