10°Capitolo-Passato

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10°Capitolo

Niente, non riuscivo a dormire.
Dopo quel sogno il mio cuore non accennava a smettere di battere all'impazzata, dandomi sempre più ansia e preoccupazione.
Mi misi a sedere e guardai intorno a me. Aidan dormiva scomposto, le lenzuola erano a terra e si agitava nel sonno come se stesse facendo un incubo.
Ripensai al modo in cui gli avevo detto di lasciarmi in pace e mi venne una stretta al cuore. Per una volta mi voleva aiutare e l'avevo cacciato.
Un venticello entrato dalla finestra mi distolse dai pensieri e rivolse la mia attenzione all'unica fonte di luce che c'era in quella stanza. Feci per scendere dal letto ma mi ricordai delle ferite alle gambe.
Non riesco a stare qua. Pensai per poi appoggiare i piedi sulle gelide piastrelle, ricevendo delle forti pulsazioni e delle scariche elettriche di dolore che si diramarono in tutto il corpo. Sopportai e mi avviai verso la finestra a passo lento.
Uscii sul balcone, mi appoggiai alla ringhiera e guardai il cielo stellato. Sentii qualcosa bagnarmi il viso all'improvviso e, portandomi una mano sulla guancia, mi accorsi delle lacrime.
Cercai di toglierle il prima possibile, ma sentii un rumore dietro di me. Sentii il suo odore prima che potessi girarmi.
-Che ci fai in piedi Aidan? –chiesi senza girarmi.
-Perché piangi? –chiese serio.
Scossi la testa mentre affondai la testa tra le mie mani. Strinsi i denti per calmarmi, ma non ce la feci. Un'altra immagine balenò nella mia mente e le mie gambe cedettero, facendomi inginocchiare.
Si avvicinò e si accostò a me.
-Julie – la sua voce era calma, dolce. Trasmetteva uno strano senso di tranquillità e di familiarità. –Vuoi parlarne? Seriamente. -
-Non sono nata qui. –iniziai. Forse mi avrebbe veramente aiutato. –Vivevo in un paesino lontano da qua, dove i miei genitori regnavano. Da quando compii i miei 5 anni, i miei genitori mi permisero di andare in paese da sola. Mi conoscevano tutti e quindi passavo le mie giornate in paese giocando con i bambini. Non avevo ancora manifestato i miei poteri allora, quindi non sapevo neanche di essere una Kalaris. Potevo tranquillamente toccare le persone senza preoccuparmi e fino ai miei 6 anni vissi una vita tranquilla.
Un giorno, mi vestii per andare in paese come quotidianamente facevo. Salutai i miei genitori e mi recai dal panettiere per fare colazione. Vennero a prendermi alcuni amici e incominciammo a giocare a nascondino. Purtroppo toccò a me il ruolo della conta e mi appoggiai a un muro di una delle tante case in legno.
Quando arrivai verso il decimo numero incominciai a sentire caldo, veramente caldo e scelsi di guardare cosa provocasse quel calore. Quando alzai gli occhi vidi che la casa stava andando a fuoco, appiccando fuoco a sua volta ad altre case. Andai a cercare aiuto. Durante la mia corsa caddi e finii addosso all'albero in mezzo alla piazza che prese immediatamente fuoco.
Successe tutto così velocemente. Mi ritrovai in mezzo alla piazza a gattoni, con le lacrime agli occhi. Sentivo urla di ogni genere e vedevo la gente che bruciava viva. Le fiamme mi avvolsero e da lì non ricordo più niente. I miei genitori mi trovarono a terra priva di sensi e scapparono da quel paese oramai distrutto, trasferendosi qua e diventandone i sovrani. Da quel giorno incominciai a manifestare i miei poteri. Ho imparato a controllare il mio potere e non dare fuoco alle cose che tocco, ma con le persone ancora non ci sono riuscita – raccontai –Ho ucciso delle persone innocenti, sono diventata un'assassina –dissi tra le lacrime.
Non disse niente, rimase al mio fianco fino a quando non mi calmai.

La luce che filtrava dalla finestra batté sui miei occhi, facendoli aprire a forza.
Mi misi a sedere e sbadigliai accorgendomi subito dopo di non essere nel mio letto. I ricordi della notte si fecero vivi nella mente e dovetti scuotere la testa per levarli prima che fosse troppo tardi.
Notai solo quando entrò sbattendo la porta e sbuffando che fino a quel momento Aidan non era presente in stanza.
-Che due coglioni! –disse prendendo a calci il mobile più vicino a lui, facendolo spostare di qualche centimetro.
-Buongiorno anche a te –dissi guardandolo percorrere avanti e indietro la stanza nervoso.
-Ciao –rispose secco.
-Che hai? -
-Niente, solo un incontro con il preside –rispose quasi ringhiando. Se qualcuno veniva convocato in quell'ufficio di sicuro non ne usciva con buone notizie.
-Che cosa ti ha detto? –chiesi. Avevo paura di cosa fosse successo in quello studio e l'atteggiamento di Aidan non aiutava.
-Ha detto che la prossima volta che succede una cosa del genere ci sospende -
Quello era ufficialmente pazzo, non era stata colpa nostra. Avevamo perso il controllo ma era esagerata una sospensione.
-Eh? –partirono degli acuti mai sentiti.
-E in più ci ha dato per punizione una consegna –
-Di che tipo? –chiesi scendendo dal letto e mettendomi davanti a lui, ignorando le leggere fitte.
-Dovremmo portare questa lettera molto importante al Grand Chasm –disse mostrandomi la busta.
Quella montagna era lontana chilometri da lì. Ci mancava solo che dovessimo consegnarla entro il giorno dopo.
-Oh signore – imprecai coprendomi il volto con le mani. Ero ancora mezza addormentata e sentire tutte quelle informazioni mi aveva spiazzata.
-Entro domani -
Perché non me ne stavo zitta?
-Cosa?! –quasi urlai.
-Sì, partiamo tra poco –disse rigirando gli occhi per poi fissare le mie gambe ancora fasciate.
-Non ci credo –sospirai.
-Vestiti che andiamo –disse lui incominciando a raccattare la sua roba sparsa per tutta la stanza.
Lo fissai per un momento interdetta.
-Che c'è? Spogliati! –disse con tutta la naturalezza di quel mondo. Credeva veramente che io mi sarei spogliata davanti a lui? Se lo sarebbe scordato.
-Sei serio? -
-Che? –si bloccò alle mie parole e mi guardò confuso.
-Sono una ragazza, non posso cambiarmi davanti a te! –dissi indicandolo con l'indice.
Guardò in un angolo impreciso –Hai ragione –disse per poi sedersi sul letto, dandomi le spalle –Ora puoi -
Sentii le mie guance andare a fuoco all'improvviso. Sembrava farlo apposta.
-E va bene, non ho scelta, però se ti giri sei morto –dissi incominciando a togliermi la maglietta.
-Tranquilla, non mi interessa -
Sussultai. E con quello cosa voleva dire? Che non ero bella? Che ero un cesso a pedali?
-E con questo cosa vorresti dire?! –dissi mentre mi mettevo una T-shirt rossa con sopra una giacca di pelle nera e dei pantaloni del medesimo colore. Evidentemente Luna era passata da quelle parti.
-Niente –sospirò –Hai fatto? –chiese cercando di girarsi, fermato subito da me.
-Non provarci –ringhiai mentre mi infilavo una scarpa.
-Ma se ti stai mettendo le scarpe! Che dovrei vedere, scusa? –disse.
Non seppi da dove, ma trovai un libro e glielo lanciai in testa. Avevo preso " per sbaglio" un tomo da più di 1000 pagine.
-E questo per cosa era?! –si lamentò massaggiandosi il punto colpito.
-Hai sbirciato! Pervertito –ero rossa fuoco in volto, ne ero sicura.
-Ma non è vero! –ribatté.
-Allora come fai a sapere che sono alle scarpe? -
Rimase in silenzio. Diceva pure le bugie, eravamo messi bene.
-Ecco –commentai per poi allacciarmi l'ultima scarpa. –Sono pronta -
-Alleluia –disse girandosi. Mi guardò per un attimo, poi rivolse la sua attenzione ad altro.
-Come sto? –chiesi mettendomi in posa. Ero stupida di natura e mi piaceva metterlo in imbarazzo.
-Bene –disse.
Non mi aspettavo che rispondesse, pensavo mi avrebbe ignorato.
-Io ti aspetto giù, vado a salutare Jenny –dissi uscendo. Scesi le scale di corsa, continuando ad ignorare le fitte alle gambe, per incontrare in giardino la mia migliore amica. Non volevo fare tardi.
-Jenny! Jack! –dissi sorridendo.
-Julie! –disse sorpresa. –Come stai? – chiese contenta di vedermi.
-Meglio, voi? -
-Bene –dissero in coro.
-Come mai non hai il vestito?- mi chiese la ragazza.
-Devo andare a fare una cosa con Aidan, per punizione –dissi sconsolata. Non avevo voglia di fare più di 10 Km a piedi.
-Dove? –
-Al Grand Chasm, dobbiamo consegnare una lettera –dissi annoiata.
-Oh povera te –commentò Jenny.
-Ti fanno ancora male i piedi? –chiese Jack guardando in basso.
-Un po' –dissi guardando le bende bianche che ricoprivano quasi tutte le mie gambe.
-Speriamo non succeda nulla –disse preoccupata Jenny. Visto che avevo già abbastanza sfortuna, dovevamo aumentarla.
-Lo spero anche io -
-Julie! Andiamo! –disse Aidan uscendo da scuola. Aveva dei Jeans neri con una catena attaccata e una giacca nera e rossa aperta, niente sotto.
-Arrivo! –urlai –Ciao, buona scuola –dissi facendo la linguaccia. Almeno c'era un lato positivo, non dovevo andare a scuola.
-Ciao! –dissero in coro.

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