Capitolo 10

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Mi guardo allo specchio e aggrotto la fronte. Non ho nulla da mettere e i miei vestiti fanno tutti schifo. Mi siedo sul letto, esausta e rassegnata. Jackson sarà qui a momenti, e io non sono ancora pronta. Dovrei essere nervosa, essendo il mio primo appuntamento, invece sono abbastanza tranquilla, tralasciando il fatto che il mio armadio faccia pena. Non mi sono mai preoccupata di avere qualcosa di carino: non c'è mai stata la possibilità di uscire con un ragazzo. Chi inviterebbe fuori la pazza che vede mostri ovunque? Non che li abbia sempre visti. Beh, una volta, alle elementari, credevo che ci fosse un fantasma nei bagni. Eppure, quella bambina col vestitino rosso, i corti capelli castani e gli occhi del tutto neri non posso essermela solo immaginata. Forse avrei dovuto tacere; a quest'ora non avrei la nomea di pazza a causa di quell'episodio. Non che sia stato l'unico alla fine, ma ciò che mi ha sempre spinto a ribadire il contrario riguardo queste cose che vedo è il fatto che la gente sembra chiudere gli occhi apposta quando accade qualcosa del genere. Mi dà fastidio che, anche se ho ragione, cerchino sempre di farmi passare nel torto. Non vedo perché dovrei inventarmi queste creature per puro divertimento. Però, alla fine, lascio sempre stare. È inutile rischiare il manicomio a causa loro. Ormai, sono cosciente che queste cose esistono, in fondo l'ho sempre saputo e in questi giorni ne ho avuto la conferma, solamente voglio rimanere alla larga.

Mia madre entra in camera, spalancando la porta con un sorriso pieno di gioia, emozionata. Appena nota le condizioni in cui mi trovo, cioè ancora in pantaloncini e con una vecchia canotta, anche con una macchia di cioccolato sopra, il suo sorriso si spegne.

- Che cosa stai facendo? - Chiede incredula del fatto che non sia ancora pronta. Lo sarei anch'io, ma ho già superato quella fase: adesso sto entrando in quella della disperazione. Già è stata una fatica dire a mia madre di quest'uscita, sapendo quanto sia protettiva nei miei confronti, e ora mi tocca combattere con lei per trovare qualcosa di decente da mettere.

- Mi deprimo, non vedi? - Le rispondo e mi stendo a pancia in su, acchiappando un cuscino e buttandomelo in faccia. Mia madre non perde tempo e va subito a frugare nell'armadio. Dopo vari minuti di totale immersione, scova una canotta bianca, molto più pulita di quella che indosso, e me la lancia. Subito dopo segue una camicia a quadri celesti e bianchi e un paio di jeans chiari.

- Fattelo dire... il tuo armadio fa letteralmente schifo. - Commenta con un'espressione di disgusto sul volto. Alzo gli occhi al cielo mentre prendo i vestiti che mi ha tirato. Questo lo so perfettamente: non c'è bisogno che me lo ripeta.

- Beh, mi potresti dare qualcosa di tuo. - Suggerisco mentre m'inizio a cambiare, lasciando gli indumenti vecchi sul letto.

- Ripeto: fa schifo. - Dice come se non mi avesse sentito. Rido alla sua risposta mentre lei esce dalla mia camera per lasciarmi preparare. Non mi darà mai qualcosa di suo; devo prima passare sul suo cadavere, come dice lei. Una volta che mi sono vestita, mi affaccio alla finestra per assicurarmi che Jackson non sia già sotto casa mia. Non sono ancora pronta, aspetterebbe inutilmente e non mi va di farlo annoiare. In quel momento, però, il biondo esce di casa. Per l'ennesima volta anche Harry lo segue. Mi chiedo che cosa facciano tutto il giorno quei due; non possono sempre cacciare mostri. E, soprattutto, come facciano a essere amici. Harry è un mostro, un dampiro, e Jackson li uccide. Perché non fa lo stesso con lui? Sicuramente deve essere successo qualcosa tra di loro.

Jackson si dirige verso casa mia; Harry, invece, mette in moto la sua Range Rover nera e sgomma via nella direzione opposta. Io corro in bagno e mi pettino, facendomi una treccia che cade sul lato destro del collo, per poi mettermi le scarpe. Questa volta seguo anch'io la moda di Jackson, optando per delle Converse di jeans. Mi affaccio di nuovo. Lui è appoggiato al muretto e gioca con il cellulare. Quando perde per l'ennesima volta, alza lo sguardo verso la mia finestra. Mi saluta con un cenno della testa. Sorrido e scendo giù, in salotto.

Sharon: La Maledizione Dell'AlberoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora