Capitolo 9

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La suoneria insistente del mio cellulare mi costringe controvoglia ad aprire gli occhi, almeno per quanto mi sia possibile. Ancora assonnata, lo cerco tra le lenzuola, lo afferro debolmente quando lo trovo e rispondo con voce impastata dal sonno.

- Pronto... -

- Tu! - La voce squillante di Delice quasi mi stona un timpano e istintivamente allontano il cellulare dall'orecchio per salvare quel poco di udito che mi è rimasto. - Mi devi raccontare tutto! Voglio sapere ogni minimo dettaglio! Non mi hai detto niente! -

- Di cosa parli? - Mi strofino gli occhi più volte per aprirli completamente. La voce è ancora debole e rauca; inoltre, è un miracolo che riesca a seguire le sue parole e che non mi sia di nuovo addormentata. Mentre Delice continua a starnazzare cose senza senso, che non sto seguendo neanche del tutto, lancio uno sguardo fugace alla stanza, fin troppo luminosa. Sicuramente è tardi.

- Ne parliamo faccia a faccia. Oggi vengo da te e me lo presenti. Okay? Perfetto. - Dice infine dopo aver finito i suoi scleri e aver interrotto la telefonata. Non mi dà neanche il tempo di dire qualcosa. Come se gli presentassi Jackson, tra l'altro. Gli amici si presentano ad altri amici, e mi sembra che lui non lo sia.

Guardo il cellulare, sbalordita dalla forza mattutina della mia migliore amica, e lo poso sul comodino, buttando successivamente la testa sul cuscino. Nonostante cerchi di riprendere sonno, sono cosciente del fatto che Delice mi abbia privato anche di questo, purtroppo, e mi alzo. Controllo l'orario, premendo il dito sul pulsante dell'iPhone: le undici. Sbadiglio rumorosamente e, mentre passo davanti allo specchio per uscire dalla camera, osservo la mia meravigliosa immagine di prima mattina: una coda più storta della torre di Pisa, i pantaloncini neri della tuta con i lacci bianchi che penzolano e una canotta dello stesso colore di questi ultimi. Uno splendore, in poche parole. Scendo giù, cercando ancora di vedere nitidamente per non inciampare o andare a sbattere da qualche parte. Ogni mattina la stessa storia; mai una volta che mi svegli entusiasta della giornata. Entro in cucina: la caffettiera è già sul fuoco e sul tavolo c'è un piatto con le posate accanto. Strano che mia madre mi abbia fatto trovare almeno queste cose già pronte. Sbadiglio rumorosamente per l'ennesima volta, schiudendo del tutto la bocca, mentre mi siedo a tavola. Incrocio le braccia sul tavolo e ci poggio la testa, chiudendo di nuovo gli occhi. Oggi non ho voglia di fare assolutamente nulla. Non che sia una novità questa. Con quale forza sopporterò Delice e il suo interrogatorio oggi proprio non lo so. Ma ho ancora tutta la giornata e, come ogni mattina, la fame non è molta; posso stare ancora qualche minuto con gli occhi chiusi per riposarmi prima di mangiare.

- Non ti hanno insegnato a mettere la mano davanti alla bocca? - Chiede una voce abbastanza profonda e virile. Mi alzo di scatto, costringendomi a mettere bene a fuoco la stanza questa volta. Quando mi accorgo di Harry, l'amico dampiro di Jackson che sta in un angoletto della stanza a girarsi con un cucchiaino il caffè nella mia tazza di Spongebob, afferro il coltello sul tavolo e indietreggio di qualche passo. Jackson si può anche fidare di lui, ma io non lo conosco. Non so nulla di lui. Sapere che è un mostro, mezzo vampiro, non migliora di certo la situazione. Certo, mi ha salvata, ma forse solo perché c'era Jackson, e quest'ultimo per primo stava evitando in tutti i modi di farmi uccidere, non lui.

- Come sei entrato? - Chiedo con voce severa e, forse, un tantino allarmata. Non credo che abbia trovato la chiave di riserva nella pianta: solo Delice sa che sta lì. Sorride divertito mentre estrae il cucchiaino dalla tazza e lo mette in bocca per pulirlo.

- Non fare la dura. Non ti riesce. - Dopo averlo leccato, lo lancia nel lavandino e avvicina la tazza, che regge con la mano sinistra, alle sue labbra per bere. Sicuramente è mancino: prima girava il cucchiaino con la sinistra, solo ora ha cambiato mano. - E comunque mi ha fatto entrare tua madre. - Tutto questo mentre continua a rimanere appoggiato al muro, con un piede contro di esso, il braccio destro sull'addome e l'altro sopra il polso del destro.

Sharon: La Maledizione Dell'AlberoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora