Capitolo 2

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Tutto intorno a me è bianco, e l'unica cosa che intravedo è un cancello nero abbastanza vecchio. Non riesco a controllare me stessa. Ho la mente della me di diciassette anni, ma il corpo della me di dieci. Nonostante la mia mente sia più matura, è il corpo a dettare le regole, guidandomi del tutto. Non posso fare niente se non venir trascinata in questo viaggio. Ingenua e curiosa di scoprire cosa nasconda quel bianco, che assomiglia tanto a una fitta nebbia, mi avvicino al cancello abbastanza arrugginito, credo con l'intenzione di aprirlo. Quando lo tocco, appare gradualmente dietro di lui una grande casa abbastanza vecchia, il cui legno in alcuni punti è ormai marcio, mancante addirittura di vari pezzi. Forse è stato mangiucchiato dalle termiti. Nonostante la visione inquietante dinanzi a me, apro il cancello ed entro, chiudendomelo alle spalle. La prima cosa che attira la mia attenzione è un grosso albero i cui rami sono scossi dal vento, sporgendosi di conseguenza sul vialetto di casa, che coprono con la loro ombra. Sembra anche abbastanza scivoloso per via del muschio che è cresciuto e che si va a fondere con delle piante rampicanti fino alla finestra del secondo piano, a cui manca un'anta. Un odore di acre, di sporco, si sta espandendo nell'aria mentre il fruscio del vento che mi scompiglia i capelli, facendoli danzare appena davanti al mio volto, è l'unico suono che interrompe a tratti quel silenzio. All'improvviso, però, la visuale cambia. L'attimo dopo, infatti, mi trovo seduta sotto l'albero senza che abbia camminato per raggiungerlo, impossibilitata a muovermi nonostante ci provi. Sembro essere legata al tronco da catene invisibili, anche se effettivamente non c'è nulla che mi trattenga. Il vento man mano inizia a diventare più intenso, portando l'unica anta della finestra che dà sul vialetto a sbattere violentemente. Le risate di due ragazzi risuonano in lontananza. La prima persona che appare è un ragazzo dai capelli biondi che continua a chiamare la sua ragazza, incitandola a sbrigarsi. Lei appare subito dopo. I capelli ricci di un arancione ramato, tendente al rosso, danzano a ogni suo movimento. Non riesco a osservare i due ragazzi perfettamente in quanto la vista sta cominciando ad annebbiarsi. Non sono sicura se sia colpa della "nebbia", che è ancora presente intorno a me e che non mi mostra nient'altro se non la casa, o se il problema sia invece nei miei occhi. Non mi è permesso però strizzali per cercare di vederci meglio.

- Vuoi entrare? - Chiede lei, fermandosi di botto a osservare con sguardo perplesso la casa. Alcune foglie si sono staccate dai rami, come se volessero scappare via da questo posto. Lui fissa l'edificio, poi si gira verso la ragazza e sogghigna, sebbene la preoccupazione di quest'ultima sia naturale. Chiunque davanti a una scena del genere ci penserebbe due volte prima di aprire anche solo il cancello. Il ragazzo, però, non ci pensa due volte. Vuole solo apparire coraggioso e intrepido davanti alla propria fidanzata, malgrado anche lui sappia di non esserlo.

- Non avrai paura per un po' di vento? - Il biondo apre il cancello mentre i rami sopra di lui sono sbattuti dalle folate di vento. Alzo lievemente il volto, osservandoli. C'è una strana energia nell'aria che si sta caricando sempre di più, riesco a sentirla.

- Sì, e non è il vento. Mi mette i brividi questo posto. Andiamo via. - La casa, infatti, è molto vecchia. Non mi ci vuole molto a riconoscerla: è la casa abbandonata. Al ragazzo non sembra importare il luogo in cui si trovano, eppure dovrebbe.

- È solo un po' di vento. - Ribadisce lui. Vuole entrare a tutti i costi, quasi costretto da questa energia, come se lo stesse attirando poco a poco verso l'edificio. Ancora sotto l'albero, alzo lo sguardo verso l'alto non appena mi accorgo che uno dei rami, il più grande, viene agitato più degli altri. A tratti sembra che abbia vita propria, ma usi il vento come scusa per muoversi liberamente. Non mi ci vuole molto a capire cosa succederà, ma non posso urlare, non posso avvertirli. Sono impotente. Anche se apro la bocca, l'urlo mi si strozza in gola. Sono schiava del mio stesso corpo. Nel frattempo la rossa prova ancora una volta a convincere il ragazzo ad andare via, ma inutilmente. Ha il volto contratto dalla paura e dalla preoccupazione mentre si tortura le mani e cerca per l'ennesima volta di persuadere il biondo a uscire fuori. Lui non le dà retta e continua ad avanzare verso la porta, passando al di sotto di quel ramo. In una frazione di secondo, quest'ultimo si spezza, la ragazza urla, il terreno sotto i miei piedi sanguina.

Sharon: La Maledizione Dell'AlberoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora