La signora anziana richiude le tende. Subito dopo, un vaso su uno dei suoi davanzali cade giù, rompendosi in mille pezzi. La terra e i fiori si spargono in giro, lottando con il vento che minaccia di trascinarli con sé. Quando mi accorgo che mia madre è ancora sulla soglia della porta, distolgo lo sguardo dallo scenario temporalesco e lo sposto verso di lei. Alla fine, non succede niente di nuovo.

- Che cosa stai facendo? - Domanda mentre alza un sopracciglio con espressione interrogativa, incrociando le braccia al petto. Potrebbe farmi anche paura, se solo fosse più grande. La sua statura minuta, infatti, gioca a suo sfavore.Nonostante mostri una faccia seria, esserlo sul serio non le riesce. O, almeno, su di me non ha mai avuto tanto effetto. Non che ce ne fosse reale bisogno, dato che non le ho mai causato problemi.

- Niente. - Rispondo con un sorriso innocente mentre lei sbuffa, rilassando le braccia lungo i fianchi.

- È mezz'ora che ti chiamo. Non isolarti sempre dal mondo. - Cerca di parlare con voce ferma e dura, ma non ci riesce. Ha un tono così dolce e melodioso che non sarebbe mai in grado di rimproverare qualcuno per davvero. Il suo viso è piccolo, con un sorriso che sembra timido e grandi occhi verdi che esprimono spesso felicità. È la donna più bella e gentile che conosca (non che ne conosca molte), con i suoi bei capelli rossi sempre tirati in uno chignon, adeguatamente legati per impedire a delle ciocche di scappare. Il contrario di me, ecco.

- Sto solo osservando. - Affermo quasi colpevolmente, abbassando lo sguardo sulle mie mani e facendo inseguire i pollici. Immagino lei già a roteare gli occhi al cielo, come spesso fa prima di rispondermi dopo un paio di secondi in silenzio.

- Sei identica a tuo padre. - Commenta con un filo di tristezza, riuscendo a trattenere un sospiro malinconico che di solito libera quando si parla di lui. - La cena è pronta. Scendi. - si chiude la porta alle spalle quando esce, lasciandomi sola. Non sono identica a mio padre, anche se non posso saperlo visto che non l'ho mai conosciuto. È morto prima che nascessi, e guardando una semplice foto o basandomi su quello che dice la gente non posso affermare di conoscere una persona. La verità può anche essere distorta. Le uniche cose che so è che ho il suo stesso colore di capelli e occhi, poi era del tutto diverso da me. Aveva le spalle larghe, che gli donavano una statura imponente, con degli scuri capelli sbarazzini che gli incorniciavano il volto, sempre solcato dalle rughe di espressione intorno agli occhi castani. Non si lasciava intimorire da nessuno, facendo valere sempre il suo pensiero, pronto a combattere per la giusta causa. Almeno, questo è quello che mi è stato raccontato. Non rimugino molto su mio padre, non sono insensibile, ma è morto e non potrò mai conoscerlo. La gente muore tutti i giorni, è una cosa naturale.Io, solo, preferisco non soffrire.

***

Non appena mi siedo a tavola, mia madre mi porge un piatto con una fetta di carne e i piselli, regalandomi un sorriso pieno di tenerezza. So quanto sia importante per lei cenare insieme la sera. È l'unico momento in cui possiamo parlare dato che lei lavora tutto il giorno ed io sono impegnata con lo studio. D'altronde, siamo solo noi due, sebbene il tavolo rettangolare in legno di quercia al centro della cucina abbia quattro sedie, le une di fronte alle altre. Secondo me, posizionate appositamente per far percepire maggiormente la solitudine che alleggia in questa casa. Almeno, la cucina non è molto grande ed è povera di mobili, giusto quelli essenziali.

Giacenti sulla tovaglia di un giallo chiaro, con sopra disegnate delle palline verdi e arancioni che si fondono insieme, afferro le posate con l'intenzione di tagliare la carne, visto che mia madre ha già iniziato a gustarsi il pasto. Nonostante le tendine color crema della finestra al di sopra del lavello bianco siano state tirate, riesco comunque a intravedere i fulmini all'esterno. Questi ultimi illuminano la stanza, avvolta in una gialla luce soffusa, ed evidenziano il legno chiaro dei banconi. In particolar modo, rendono ancora più acceso il rosso delle mele, contenute in un cesto di legno su uno dei banconi. Il silenzio viene interrotto saltuariamente dal rumore dei tuoni e dal frigo, nell'angolo della cucina, accanto al fornello nero. L'orologio bianco sul muro segna quasi le nove. Questo si trova accanto alle mensole dove ci sono piatti, bicchieri e tazze, al di sopra dei vari banconi dove ogni tanto io e mia madre cuciniamo insieme. Anche se ciò è molto raro perché mia madre lavora al comune, ed è così piena di fogli e documenti di cui deve occuparsi che a volte è costretta a continuare anche a casa.

Sharon: La Maledizione Dell'AlberoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora