18. Un piccolo bonus

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Lo scrutò da capo a piedi. Era sicuramente il figlio di qualche personaggio. La domanda era: quale?

«Xander fatti da parte e non mi rovinare il momento.» Alice ruotò gli occhi.

«Che scortese che sei, Alice. Piuttosto perchè non mi presenti alla nostra ospite?» chiese quello, indicandola con un cenno della testa.

La bionda sbuffò e volse lo sguardo dalla parte opposta, offesa.
Il moro scosse la testa.
Poi si rivolse all'ibrido. «Piacere Xander, tu devi essere Shirley.»

«Taglia corto e dimmi di chi sei figlio, devo pur sapere se ho qualche possibilitá di farti fuori.» rispose brusca.

Alice voltò il capo. «Bel caratterino» rise istericamente «ma non ti conviene rivolgerti a lui in questo modo. In fondo è grazie a suo padre se te sei qui, sana e salva.»

«Suo padre?» domandò guardandolo confusa. Lui sorrise e non rispose, attendendo che ci arrivasse da sola.

Poi capí e spalancò gli occhi.
«Tremotino.» disse.

Lui fece una smorfia e «Il nome più brutto della storia.»

«Tu sei il figlio del Signore Oscuro.» ripetè, più convinta.

«Che c'è? Sei stupita? Non dovresti.» ottenne, in risposta.

«Si ma-» venne interrotta bruscamente dal pugno di Alice che sbatteva contro il bracciolo del trono.

«Adesso basta! Smettetela di comportarvi come se io non fossi qui!» gridò, gli occhi infiammati di irritazione.
«Xander porta quest'individuo insieme agli altri. Nè ho avuto abbastanza!»

Stranamente Xander ubbidí e la trascinò lungo un corridoio. Superarono una porta, poi un'altra, poi un'altro corridoio. Scesero delle scale. Mentre camminavano rifletteva.
Cosa intendeva con 'insieme agli altri'?

«Perchè fai quello che ti ordina?» chiese, senza pensarci.

«Perchè non ti fai i fatti tuoi?» rispose brusco.

Sollevò un sopracciglio, ma non proferí parola. Forse era meglio.

Non mi ci volle molto prima di poter capire cosa significasse 'insieme agli altri'. Entrarono in una stanza piena di celle. Sentí un rumore metallico, una presa ferrea sul braccio. Venne poi scaraventata all'interno di una di quelle gabbie di metallo. Atterrò sulla terra, cercò di raggiungere l'uscita prima che venisse chiusa, ma non ce la fece. Sbarre di ferro impedivano la sua fuga. Maledizione.

«Resta qui buona, si?» fece Xander strafottente.

«Quando uscirò di qui, ti cancellerò quel ghigno dalla faccia.» ringhiò.

«È questo il tuo problema: tu non uscirai di qui.» rispose cantilenando.

Detto questo le voltò le spalle e se ne andò.

Dall'altra parte del corridoio un'altra porta si spalancò.

«Lasciatemi.» udí una voce. Una voce familiare. Molto familiare. Erano giorni che non la sentiva.

«Ma insomma, mi spiegate che ho fatto? Anzi, no. Prima ditemi chi o cosa siete.» possibile che... «So camminare da sola, non mi serve il vostro aiuto.»

«Kendra» sussurrò.

Si affacciò dalle sbarre, di chi potevano essere quei capelli blu se non suoi?

Sporse un braccio al di lá della cella.
«Kendra!» chiamò, cercando di raggiungerla, proprio mentre quella passava davanti a lei.
Lei si voltò e per un attimo rimase perplessa.

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