17. Così schifosamente verde

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Quando Shirley si svegliò attorno a sè aveva solo pareti spoglie. Era circondata da muri di ferro arrugginito. Una piccola stanza quadrata.

Quando tentò di alzarsi si accorse ben presto di avere le mani incatenate. Mise a fuoco. Era sola.

Prima domanda: cosa ci faccio qui?
Seconda: come ci sono arrivata?
Terza: dove sono?

La cosa peggiore di questi quesiti era che non aveva nessuno a cui porli. E per fortuna non soffriva di claustrofobia.

Si guardò meglio attorno e notò una finestra, alle sue spalle. Corse verso questa e si affacciò.

Per qualche secondo la luce le invase gli occhi, facendoglieli socchiudere. Una volta abituata diede un occhiata fuori.

Si accorse solo in quel momento di essere in movimento. Fuori le nuvole erano verdi, una fitta nebbia olivastra impediva di vedere oltre qualche metro dal vetro. Quelle che, però, si vedevano bene erano le curve del treno. Un treno grigio e vecchio, pieno zeppo di vagoni. E lei era in uno di questi. In realtá le sembrava di essere l'unico passeggero.

La locomotiva non sfrecciava su nessun binario. Ma, ormai, Shirley aveva smesso di farsi domande su quello strano mondo.

Presa da un moto di luciditá, tentò di rompere il vetro, con le mani. Si sentí un rumore di bicchieri rotti, le schegge volarono via, fuori dal treno, alcune si infilarono nella sua pelle.

Ma tutto quello che ne ricavò fu niente. La finestrella era sempre lí, il vetro era ancora più lucente di prima e sembrava anche più spesso.

Decise che il sangue che le colava dai tagli delle dita era abbastanza, non ritentò.

Si sedette per terra, la schiena appoggiata alla parete, e attese che il treno raggiungesse la sua destinazione.

Quando questo successe, Shirley se ne accorse. E come, se se ne accorse.

A quanto pare la locomotiva viaggiava più veloce di quanto sembrasse, perchè quando si fermò la ragazza fece un volo di qualche metro, andando a sbattere una spalla contro la parete opposta del binario. E poi, di nuovo, un'altra frenata, picchiò un ginocchio. E poi la schiena, il braccio, il mento, la testa...

Cosa stavo dicendo? Oh, si.

Fatto sta' che Shirley si svegliò una seconda volta, ma, stavolta, la prima cosa che vide fu un tappeto color smeraldo. Vi poggiò le mani e sollevò il bacino. Si guardò intorno. Due file parallele di colonne la circondavano. Le pareti di un bianco sporco stonavano con il verde acceso che contornava il resto della sala.

Guardò dritto davanti a se. Una figura seduta su un'enorme sedia la guardava. Un ghigno stampato in viso.

E chi poteva essere, se non lei.
Lunghi boccoli biondi, mani piccole e affilate, gambe accavallate, occhi azzurri.

Quella era Alice. E la sedia un trono.

«Ben svegliata.» fece sorridente con finta voce smielata. Dava veramente sui nervi, secondo Shirley.

«Dove mi trovo?» chiese, senza tanti giri di parole.

«Nel mio palazzo» rispose.

«Non è tuo.» disse ferma, alzandosi.

«Oh, si che lo è. Il palazzo è mio, lo è il treno con cui sei arrivata, lo sono i guardiani di questo posto... Tutta Sottomondo è di mia proprietá» blaterò, alzandosi.

Aveva un vestito color smeraldo, lungo fino ai piedi. I contorni bianchi e neri.

«Perchè qua dentro è tutto così- così...» venne interrotta.

«Così verde?» domandò la bionda al suo posto.

Non attese risposta da parte di Shirley.
«Un colore così insignificante e al tempo stesso così splendido. Gli occhi del mio amato, quando ancora si poteva definire tale» fece qualche passo avanti «il tappeto, le tende, il mio abito. Così schifosamente verde.»
Si avvicinò ulteriormente alla ragazza, le venne di fronte e le alzò il mento con le sue lunghe unghie smaltate. Inutile elencarne il colore.
«Anche i tuoi occhi hanno questo colore» notò «mi viene voglia di strapparteli, con le mie stesse mani»

Shirley con una mano scacciò quella della perfida creatura davanti a lei.
«Ecco perchè l'alba è di quel colore. Ti sei impadronita di tutto ciò che non ti apparteneva. Chi ti ha dato il diritto di cambiare a tuo piacere un fenomeno tanto stupendo? Hai mantenuto la sua bellezza, per giunta, appropiandotene.» soffiò.

Alice sorrise soddisfatta.
Tornò sul trono e si sedette. Fece segno ad una guardia e quella scomparve, riapparendo poco dopo con una tazza di tè fumante. Gli occhi di questa erano un incrocio tra il grigio ed il nero, sembrava stregata.

«Come fai?» chiese Shirley.

«Cosa? Questo?» fece un cenno con una mano verso l'alto e si sollevò in aria di qualche centimetro, rimanendo seduta a gambe accavallate, la tazza di porcellana tra le dita. «Poteri gentilmente offerti da-»

«Me.» una voce maschile terminò il discorso al posto suo. Shirley giurò di aver sentito la bionda sbuffare.
Si voltò. Un ragazzo basso, i capelli corti mori e gli occhi chiari stava appoggiato con la schiena ad una colonna.

Questa volta provo a non chiedervi nulla, vediamo a quanto arriviamo.

Mi fido.

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