13 ~ Decision.

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Capitolo Tredici - Decision.

Apro gli occhi quando sento qualcuno bussare alla porta della mia stanza e metto a fuoco le immagini che mi circondano, grazie all'abat-jour accesa. Mi tiro su con il busto e sbadiglio portandomi una mano davanti alle labbra.

Sposto lo sguardo sulla sveglia sul comodino e spalanco gli occhi, notando che sono le dieci e trenta di sera. Il mio stomaco fa uno strano verso e poso la mano su di esso.

Ho una fame da lupi.

Sento bussare di nuovo alla porta e sussulto, sorpresa. «Mamma, ho detto che voglio rimanere sola» borbotto stringendo il lenzuolo tra le dita.

I ricordi di qualche ora fa mi ritornano in mente, mi porto le ginocchia al petto e me circondo con le braccia, stringendole. Harry mi ha trattato malissimo per aver trovato delle informazioni su suo padre, ma che mi aspettavo?

Che mi avrebbe abbracciato e ringraziato per quello che ho fatto?

È ovviamente un argomento delicato per lui, avrei fatto meglio a non immischiarmi.

Vederlo felice, però, sarebbe stata una bella ricompensa.

«Ehm, non sono tua madre. Sono Harry» balbetta imbarzzato ed il mio cuore fa un balzo.

Dischiudo le labbra e punto lo sguardo sulla porta chiusa, mentre decido che cosa fare. Perché è qui a quest'ora? E perché i miei genitori lo hanno lasciato entrare, senza nemmeno conoscerlo?

«Vattene. Non voglio vederti» mento mordendomi il labbro inferiore. Muoio dalla voglia di vederlo, ma mi ha fatto molto male.

«Ti prego, io...» sussurra. «Io non sapevo che cosa fare, o dire. Ero sorpreso, non mi aspettavo che avessi fatto una cosa del genere» parla con voce roca.

Rimango in silenzio non sapendo cosa dire, ma lui lo rompe. «Ti ringrazio e... Ho portato la pizza»

Alle sue parole sorrido e sento il calore espandersi sulle mie guance.

«Tua madre l'ha riscaldata, dice che non ti piace fredda e...» mi alzo dal letto, giro la chiave nella serratura e socchiudo la porta, incontrando lo sguardo del riccio che appena mi vede sorride.

«Ho aperto solo per la pizza» borbotto afferrando un cartone della pizza, prima di tornare seduta sul letto e lui mi segue in silenzio. Prende la sedia della scrivania, la posiziona accanto a me e si accomoda su di essa, appoggiando il cartone sulle ginocchia e due lattine di coca sul comodino.

Mangiamo in un silenzio straziante le nostre pizze, ma osservo ogni suo movimento: il modo in cui si porta il cibo alla bocca, il modo in cui mastica -che lo fa sembrare una capra- e i suoi occhi persi in un angolo della mia stanza, lontano dai miei.

Vorrei chiedergli tante cose...

Ha letto i documenti che gli ho portato?

E se si, che cosa ha deciso di fare?

Vuole chiamarlo per organizzare un incontro, o la rabbia è troppo forte per farlo?

Una volta finita la pizza richiudo il cartone, mi pulisco le labbra con un fazzoletto e lo guardo, aspettando che parli. Voglio sentire la sua voce.

«Davvero, uhm...» comincia la frase, ma si ferma mordendosi il labbro inferiore e passandosi una mano tra i capelli. «Davvero hai aperto solo per il cibo?» chiede imbarazzato ed io trattengo una risata, ma non gli rispondo.

Mi guarda aspettando che io apra bocca per parlare, ma quando non lo faccio abbassa lo sguardo sul pavimento. «Ho letto i documenti che mi-mi hai portato... Lo chiamerò e gli chiederò di incontrarci» alle sue parole un grande sorriso si forma sul mio viso, sto per parlare per incoraggiarlo, ma mi precede. «Ad una condizione: dovrai venire con me»

Ricordati di noi. |H.S| Onde as histórias ganham vida. Descobre agora