-A che piano stiamo salendo? – domanda, cercando di tagliare quel silenzio che inizia a fargli dolere le orecchie.
-Il decimo: lì fanno i controlli medici. – risponde telefonica lei, voltandosi appena e riservandogli un sorriso.
-I piani prima cosa sono? – e Pamela gli sorride di nuovo.
-Il primo è il piano in cui lavoro io: ufficio anagrafica e aggiornamenti. Raccogliamo informazioni sui forestieri, o aggiorniamo le informazioni dei residenti attuali. Dal secondo al settimo piano ci sono le scuole.
-Le scuole? – domanda Trevor, stranito: ora che ci pensa, ha visto davvero pochi bambini in giro per Desperado tutti quei mesi.
-Certo: noi siamo anche dei centri di educazione.
-Quindi i bambini iniziano la scuola nei grattacieli? Come mai questa scelta? – domanda curioso, Trevor.
-Il grattacielo di Desperado concede la migliore istruzione per i suoi residenti, imparano tutto quello che imparerebbero in una scuola degli altri Stati, fino al dodicesimo anno di carriera scolastica.
-Suppongo che non ci siano troppi studenti, allora. – pone il pugile, e l'impiegata gli sorride di nuovo.
-Ci sono quelli che bastano, signor Ward: noi ci preoccupiamo solo che abbiano la migliore istruzione.
-Avete anche un college?
-Non li chiamiamo "college". – inizia Pamela, in difficoltà. -Ma sì, i residenti di Desperado possono proseguire gli studi, se desiderano: abbiamo dei dipartimenti ai piani più alti, sono riservati proprio per questo, e per degli eventuali studi di ricerca. Abbiamo anche una biblioteca: può andare a consultarla quando desidera. – lo invita allora la donna, cordiale. -È al settantesimo piano.
-Grazie. Quanti piani ha il grattacielo?
-Novantotto.
-Capisco. E la sanità? Non ho visto il pronto soccorso, giù. – indica quasi.
-Il pronto soccorso si trova al piano terra del secondo grattacielo.
-Capisco, grazie per l'informazione. – Pamela china appena il capo, ad accettare il ringraziamento, e l'ascensore si apre davanti a loro: li ospitano adesso un corridoio più lungo, di un bianco più accecante: attorno a Trevor passano dei medici in camice e guanti di lattice, cuffie sulla testa; alcuni uffici hanno la porta chiusa, e riportano il nome di alcuni professionisti. Pamela si ferma davanti il bancone della reception: riporta il nome e il cognome di Ward e l'ora dell'appuntamento, per poi voltarsi verso l'uomo, sorridendogli di nuovo.

-Bene, Ward: abbiamo già verificato la validità dell'assicurazione, adesso la receptionist la accompagnerà nella sala per il prelievo del sangue. Si è ricordato di non mangiare questa mattina?
-Certo.
-Ottimo. – si complimenta la donna, e la receptionist si avvicina a Trevor: è truccata leggermente anche lei, è vestita con dei pantaloni meno formali e un maglioncino leggero con lo scollo a v, di colore verde, la coda di capelli corti e lisci tirata in alto, capelli scuri e occhi scuri, pelle molto pallida.
-È un piacere, Signor Ward. – gli stringe la mano, che lui ricambia, timidamente.
-Anche per me. – ricambia, incerto.
-Le dispiace fare il prelievo disteso su un lettino? – inizia, mentre lo accompagna alla sala, e Trevor fa spallucce.
-Posso farlo anche in piedi, non sono molto impressionabile. – commenta, facendo ridere la receptionist.
-Immaginavo, un pugile non ha molti di questi problemi. – lo fa accomodare sul lettino, e quello aspetta seduto che arrivi il dottore.
-Adesso glielo chiamo subito: è il dottor Nixon, farà lui le sue analisi. – e Trevor annuisce, sorridendo: è il cognome dell'allenatore della Thunderstorm, e a ricordarlo ha già nostalgia.
-Grazie.
-Grazie a lei, signor Ward.

-Cosa hanno fatto quelle teste di cazzo dei grattacieli?! – esplode Michelle, furente, Terence prende una pentola per coprirsi la testa, e Judith si interpone in mezzo ai due, cercando di placare la furia della donna che ha davanti.
-E quando me lo volevi dire, maledetti siano i cavalieri?! – sbotta ancora più forte il caschetto nero, gli occhi azzurri sono fiamme e Terence sta davvero temendo per la sua vita: non si aspettava di certo sarebbe stata così la prima volta che avrebbe di nuovo parlato con Michelle, dopo l'ultima discussione avuta su Trevor un mese prima.
-Michelle, cerca di calmarti. – le impone Judith, spaventata quanto il suo amico. Michelle stringe il pugno destro con tutta la forza che conserva, perché lo vorrebbe riversare addosso a tutti: a Terence, a Judith, a quegli stronzi in quei grattacieli, e soprattutto a Trevor, e più di tutti a Desperado, se solo fosse un'entità fatta in carne ed ossa.
-Non è colpa mia, okay?! – strilla Terence accovacciato sul divano dell'appartamento delle due amiche, tremante.
-Devi ringraziare non ti sia volata la testa dall'ultima volta che ci siamo visti, razza di stronzo! – prova ad avventarsi su di lui, ma Judith la blocca trattenendola per la vita.
-Okay, okay, basta voi due! – si interpone di nuovo in difficoltà: ha visto Michelle incazzata parecchie volte nell'ultimo periodo, ma l'incazzatura di oggi le supera tutte.
-Ce l'hai ancora dall'ultima volta, sei seria?! – sbotta Terence, offeso. -Come se fosse colpa mia! Io ero solo venuto a dirtelo, come adesso!
-Oh, sì che è colpa tua, piccolo pezzo di merda. – ringhia la donna. -Se solo non avessi scritto a Maggie quel giorno, io adesso sarei ancora integra! Ecco cosa hai fatto!
-E questo non è vero! – si alza Terence, lasciando cadere la pentola in un tonfo che si fa sentire in tutto il corridoio del piano, come le loro urla. -Non incolparmi del fatto che hai incontrato Trevor, lo avresti incontrato comunque! Ma che cazzo?! Ora sarebbe colpa mia se Desperado ha deciso così?!
-Possiamo darci una calmata, maledette persone bianche, sempre a litigare sul nulla! – si lamenta Judith, alzando gli occhi al cielo.
-E quando volevi dirmi che Trevor è ai cazzo di grattacieli?! Maledetta testa di cazzo! Esci fuori da casa mia! Fai gossip quando cazzo pare a te!
-Michelle ti calmi!? – Judith impreca sull'evangelista, pentendosi subito dopo e Terence sbotta di nuovo.
-Ti ho detto che non volevi parlarmi, di grazia quando avrei dovuto dirtelo?!
-Ti inventavi qualcosa! – urla l'altra, mentre corre in camera: si mette il primo vestitino che trova, infila veloce i tacchi e quasi ci cade sopra storcendosi una caviglia, sistema i capelli e il trucco, e torna in salotto, prendendo per il polso Terence.

-E ora vieni con me, cazzo! Cazzo, cazzo, cazzo, - inizia, agitandosi. -Se gli fanno qualcosa, che l'evangelista mi prenda. – inizia, il sudore sui palmi delle mani, le palpitazioni a vibrare contro il petto.
-Mi ha detto che gli vogliono fare solo i controlli.
-Quei succhia anima, altro che controlli! So io cosa vogliono fargli. – inizia, torcendosi le mani, sotto lo sguardo preoccupato di Terence: non ha mai visto Michelle in quelle condizioni. -Vogliono vedere in che situazioni è la sua Ombra, quelle teste di cazzo non saprebbero nemmeno come gestire l'ombra di Trevor se perdesse il controllo, non sanno un cazzo. – si lamenta, furente: per i grattacieli i forestieri sono miniere d'oro, e questo vale soprattutto per Trevor che al momento è il caso più particolare: era da decenni che non si sentiva parlare di un forestiero uscito da Desperado, figurarsi uno che rientra. Poterlo studiare con degli esami è per loro importantissimo, le loro clausole e i contratti che gli avranno fatto firmare saranno solo per il livello professionistico, mentre quelli non vedono l'ora di mettere le mani su Trevor e spingerlo fino al suo limite per vedere quanto possa essere volubile, o pericoloso. Michelle non sa spiegarsi perché stia correndo ai grattacieli, per un uomo che odia: vuole solo allontanare Trevor di lì, a qualunque costo. Preferisce mille volte dirgli le peggio parole che può partorire dalla sua mente a metà, piuttosto che saperlo dentro quei grattacieli.
-Chi è andato a dirgli di andare ai grattacieli? – domanda allora, mentre sono quasi vicino al centro.
-Pamela Catcher.
-Quella maledetta stronza, deve pregare che non la incroci per strada, le strappo i capelli. Scommetto che gli è entrata anche in casa. – stringe i pugni, ancora più nervosa per quell'informazione: Pamela Catcher è indubbiamente brava nel suo lavoro, e così bella che Michelle traballa per un attimo nelle sue convinzioni di essere irraggiungibile.
-Meglio che non te lo dica. – mormora allora Terence, guardando la donna preoccupato: se entrasse nel grattacielo avrebbe la forza di sfasciarlo da cima a fondo, ne è certo. -Io però non vedo perché scaldarsi così, io ci credo che gli faranno dei semplici controlli.
-Certo, per noi peccatori è facile pensarla così. – commenta amara la donna. -Ma pensa a Trevor: non sa ancora niente di Desperado, e lo fanno entrare lì dentro per "dei controlli"; col cazzo. O glieli fanno in presenza di Michael o non se ne fa nulla.
-E come le fa le internazionali?
-I controlli in presenza di Michael! – ribadisce, rossa in volto dalla furia, ammutolendo il suo amico.

Trevor se ne sta seduto, tranquillo, ad aspettare l'arrivo del dottor Nixon: alza la manica sinistra della camicia, e se ne sta con le mani sul grembo, guardandosi attorno: la saletta è piccola, ha la sedia reclinabile per il prelievo, un piccolo scrittoio con una sedia, dove ci sono varie provette, documenti e una cartelletta, oltre a dei guanti in lattice. Sente dei passi avvicinarsi, e il dottore entra, facendolo sbiancare: ha davanti a sé Cristopher Nixon, l'allenatore della Thunderstorm Gym, è sicuro. Si muove appena sulla sedia, a disagio e spaventato quasi. Il dottor Nixon entra e gli rivolge un sorriso cordiale, per poi guardarlo preoccupato.

-Tutto bene, signor Ward? È sbiancato in un attimo.
-Lei... lei, mi perdoni, è molto simile, a...
-Christopher Nixon? – domanda, divertito. -Immaginavo lo conoscesse.
-Siete fratelli?
-In un certo senso. – risponde cordiale, sorridendo. Trevor lo guarda a lungo, non sapendosi spiegare quella somiglianza inquietante. Sono sicuramente gemelli, è l'unica spiegazione plausibile, si convince l'uomo, e cerca di recuperare i respiri e far tornare il colorito normale, dopo lo spavento preso.
-Come si sente, signor Ward? Ho sentito che ha un incontro internazionale in programma. – inizia, chiudendo la porta e preparando l'occorrente. Trevor alza lo sguardo al soffitto bianco, prendendo un lungo respiro.
-Si spera che qualcuno accetti; vorrei prendere la cintura mondiale del mio peso.
-Nutriamo grandi speranze per lei, signor Ward. – si complimenta l'altro, intanto che gli cerca la vena.
-Mi perdoni se la chiamo per nome, Trevor. – inizia Nixon, trovando i suoi occhi neri. -Mi potrebbe dire, posso prelevare del sangue? – domanda, cordiale, e a quel punto lo vede: Trevor muta davanti ai suoi occhi, gli restituisce il suo sguardo beffatore, quel sorriso freddo e calcolatore.
-Dipende da quale sangue vuole, Nixon. – il dottore lo guarda sconvolto, con la siringa a tremargli tra le mani, ma non può nemmeno processare ciò che è appena successo, che un forte bussare alla porta lo risveglia, e Trevor scuote la testa, stordito, intanto che i due si girano, e vedono entrare quel caschetto nero nella saletta.

-Michelle? – mormora il pugile, trattenendo il respiro, il ghiaccio nei suoi occhi si scioglie nel fuoco della sua furia.
-Fuori di qui, Ward, ora. 

𝐃𝐄𝐒𝐏𝐄𝐑𝐀𝐃𝐎Donde viven las historias. Descúbrelo ahora