34 Una nota di tranquillità

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Si narra che l'usignolo amasse la rosa da abbracciarla così tanto che le spine gli trafissero il cuore
OSCAR WILDE


Salgo le scale della stanza di Teo, Ale e Dade. Scorro con le dita il corrimano di legno. Ricordo ancora quando questa stanza aveva la porta chiusa con un catenaccio. Aron non voleva che ci entrassi, ma com'è mio solito, non l'ho ascoltato. I ricordi sono accompagnati da note di un pianoforte. Il suono è dolce. Il ritmo si fa via via più incalzante. Terminata la rampa riconosco il tocco gentile che soffia sui tasti del pianoforte. Ricordo la melodia come se fosse una fiaba. Tchaikovsky è il compositore preferito di Alessandro. Consce tutte le sue opere a memoria. Le note mi scorrono nelle orecchie come un fiume in piena. Nella mia mente si focalizza la melodia già sentita, ma ogni volta sembra nuova, fresca di ogni emozione. Ale suona sentimenti. Gli strumenti sono le sue parole. Sorrido mentre lui continua a suonare. Mi siedo sul letto affianco a Teo che sta osservando il soffitto. Abbassa gli occhi posandoli su di me. Alza le sopracciglia come per chiedermi perché sono qui. Scrollo le spalle e mi stendo. Poso la testa sulle sue gambe. Ale continua. La melodia si propaga nell'aria. Dade è steso a terra con i piedi in aria e le gambe poggiate sul mobile. Legge un libro con tranquillità disarmante, come se la sua posizione fosse del tutto normale. Le pareti diventano un pentagramma. La stanza diventa una radio. Totta si sta truccando e usa il mio telefono come specchio. Non ci credo. La ladra è lei. Alzo gli occhi al cielo. Le note viaggiano e io con loro. Mi sento a casa, anche dove non c'è. Aron sale le scale mentre le ultime note cadono nel silenzio. Guarda il pianoforte con un'intensità tale da infrangere ogni mio pensiero e catturarlo a sé. Ale si volta sentendosi osservato. <Oh, ecco... io avevo visto il piano e... ecco... non ho saputo resistere> mormora Ale in imbarazzo. È la prima volta che suona su questo pianoforte, ma sapevo da tempo che non vedeva l'ora di provarlo. Aron guarda lo strumento e poi lui. Fa un mezzo sorriso.

<Puoi usarlo tutte le volte che vuoi>

<Davvero?> domanda Ale spalancando gli occhi con entusiasmo. Aron annuisce.

<Se vuoi, nel mobile vicino alla libreria ci sono diversi brani> afferma Aron per poi scendere le scale. Le note ricominciano a sferzare l'aria, ma la mia mente segue i passi di Walker. Scendo le scale fino ad arrivare in cucina. Aron è poggiato contro il bancone di marmo con una bottiglia d'acqua. La maglia di un blu scuro gli fascia il petto accentuando le spalle. Il pomo d'Adamo scende come un piccolo ascensore ogni volta che ingoia l'acqua.

<Non si beve dalla bottiglia> ribatto poggiandomi al suo fianco. Cerco di rimanere tranquilla anche se sento tutti i muscoli tendersi verso di lui. Aron allontana le labbra dalla bottiglia e fremo al pensiero che quelle labbra si siano poggiate sulle mie. Due giorni fa era tutto diverso. Rischiavo la vita con un collasso di adrenalina mentre adesso mi sento nei postumi delle mie stesse reazioni. Ricordo l'emozione che ho provato quando eravamo a Chinatown l'uno tra le braccia dell'altro. Mi sono sentita andare a fuoco. Lui la miccia, io la benzina. È stata solo una cosa dettata dal momento. Nulla di più. <è anti igienico> continuo notando che lui alza gli occhi al cielo. Gira la testa nella mia direzione. Punto lo sguardo sulle sue labbra bagnate che riflettono la luce che filtra dalle finestre. Umetta le labbra e seguo i suoi movimenti come se potessi catturarli e tatuarli sulle palpebre. Fa un piccolo sorrisetto, consapevole che i miei occhi indugiano traditori. È solo una cosa dettata dalla situazione. Non è nulla, risvegliati Ginny. Riporto lo sguardo nei suoi occhi.

<Se non lo avessi notato questa è la mia bottiglia. Sta sempre in camera mia> replica chiudendo la bottiglia di vetro.

<Come faccio a saperlo se in camera tua non ci sono mai andata?> sbotto mettendo le braccia conserte.

Un diavolo bussa alla portaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora