26 Bastava osservare

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Ognuno ha il proprio passato chiuso dentro di sé 

come pagine di un libro imparato a memoria e 

di cui gli amici possono solo leggere il titolo.

VIRGINIA WOOLF


La notte sembra non essere mai arrivata. Il sonno mi intorpidisce la mente e il corpo, eppure i miei occhi sono ancorati al muro sprigionando il mio odio verso Morfeo. Quel bastardo avvolge tutti in un caldo abbraccio rapendo le persone e portandole in mondi paralleli creati per sfuggire alla realtà. Questa notte però, si è dimenticato di un dettaglio importante. Si è dimenticato di farmi scivolare in un sogno carico di riposo. Sono rimasta con mille pensieri e mille preoccupazioni. Dopo essermi sfogata con la mamma sono tornata nella mia camera. Tutti stavano già dormendo perciò sono sgattaiolata di nascosto fino a infilarmi nelle mie coperte. Però il caldo soffice del piumone non mi ha aiutata. Accendo il telefono e guardo l'orario. Sono le 4:30. Ottimo. Sbuffo e senza svegliare Totta che dorme tranquillamente, mi alzo e vado in cucina. Il mio stomaco reclama. Sarà l'ansia o la fame. Bevo un sorso d'acqua ghiacciata. Rabbrividisco a contatto con l'acqua fredda e la mia gola secca. Ho i piedi scalzi e un pigiamino a dir poco simpatico. Il pantalone ricco di disegnini di pizze decora il grigio caldo. La maglia ha una pizza margherita che sorride. Che fame. Apro la credenza e trovo dei biscotti. Cerco di fare il meno rumore possibile. In un ecosistema come questo bisogna essere prudenti. I predatori di biscotti hanno sempre le orecchie a punta. La carta dell'involucro dei biscotti rimbomba nel silenzio. Afferro un biscotto e lo mastico. Osservo attentamente il salotto. Col tempo ho fatto abitudine ai cartelli stradali sparsi per la casa. Walker ne è davvero ossessionato. Ha ossessioni strane, non solo per i cartelli, ma anche per la moto. Forse questa sua stranezza è dettata dal suo piccolo incidente, o meglio, quello dei suoi genitori. Un rumore di passi mi risveglia dal mio stato di trans. Parli del diavolo? Ed ecco che spuntano le corna. Aron si avvicina cauto al davanzale della cucina dove sono posata. I capelli arruffati e gli occhi semichiusi gli donano un aspetto selvaggio e mi fanno intuire che si è appena svegliato. <Sei sveglio?> domando ingenuamente. Si avvicina mettendomi a fuoco lentamente. Sento suoi occhi fare da scanner. Mi registrano dal basso verso l'alto. Un sorriso furbo fa capolino sul suo viso.

<No, sono sonnambulo> risponde sarcastico. <Davvero un bellissimo pigiama, Davis> mi beffeggia osservandomi come se nella stanza ci fossero solo specchi puntati su di me. Abbasso lo sguardo sul mio pigiama infantile e arrossisco.

<Si vede che non ci capisci nulla di moda>

<Sono certo che siano all'ultimo grido> replica ironico avvicinandosi con una maglia grigia che gli fascia il petto e le braccia. Osservo le spalle ampie e poi scendo con lo sguardo. Il pantalone di tuta grigio gli risalta gli occhi dello stesso colore. Mi sovrasta con la sua altezza spropositata e mi ruba il pacco di biscotti da sotto al naso come un bambino prepotente alle prese del suo gioco preferito. Lo guardo storto mentre lui continua il suo percorso fino al divano. Sono troppo stanca per arrabbiarmi. Per vedere il cielo di notte mi sono arrampicata sul tetto facendo acrobazie che non credevo di poter fare. Aron si siede in modo composto, poi si gira verso di me. Il sorriso astuto non lo ha abbandonato nemmeno per un secondo. Mi guarda con uno sguardo carico di sfida e rassicurazione. <Che fai? Non li vuoi i biscotti?>. Senza sapere bene il perché, mi avvicino. Forse spinta dalla fame o dall'impulso di accettare la sfida celata nel suo sguardo. Allungo una mano nel pacco di biscotti e lui mi osserva pensieroso. Probabilmente non ho un bell'aspetto e ringrazio vivamente che le luci siano spente. Ad illuminare la stanza c'è il riflesso della luna tra i vetri dei finestroni. Le tende aperte permettono di osservare il cielo dipinto da piccoli puntini luminosi. Mastico il biscotto lentamente. Assaporo il cioccolato e l'impasto. Mi ricordano tanto i biscotti che la mamma ci faceva. Già... faceva. <Non riesci a dormire vero?> chiede. Scuto la testa ingoiando.

Un diavolo bussa alla portaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora