Panchina

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Sto dando il peggio di me. Anche se questa volta non per volontà mia, ma di quel pezzo di legno marcio, che dovrò pure ripagare. Manderò un bonifico bello tondo, cosí lo faranno piú resistente. Sergios, quel brav'uomo, mi ha dato in prestito i suoi vestiti. Non volevo inizialmente, ma il suo insistere non mi ha lasciato altra scelta. Adesso sono vestito come un operaio. Maglia sgargiante color arancione fluo, pantaloni blu e il giacchetto fuori. Gli farò spedire tutto indietro, con un piccolo regalo. Mi ha fatto piacere incontrarlo e chiaccherare un pò. Non parlava la nostra lingua, ma avendo studiato spanolo, non ho avuto molti problemi. Molto probabilmente non è stato il miglior spagnolo che lui abbia mai sentito, ma è bastato.
Le tartarughe sono pronte, le ho lasciate in macchina. Sto cercando Jimin. Oscar mi ha detto che si è dileguato dopo il mio spogliarello e non l'ho visto mentre portavo le scatole in macchina. L'ho messo in imbarazzo, ne sono sicuro, era cosí rosso in faccia. Io volevo solo scherzare, non mi sarei tirato giù i pantaloni veramente. Sospiro. Puzzo pure di acquario. Non vedo l'ora di farmi una vera doccia. Girovago un pò nel parco, finchè non vedo la sua piccola figura. Si è seduto su una panchina, sotto all'enorme abete. Lo guarda col naso all'insù. Faccio i miei passi piú pesanti, voglio farmi sentire e non spaventarlo. Si volta. Ha ancora la faccia arrossata, adesso credo sia per il freddo.

"Scusami, per l'ennesima volta." Faccio segno di sedermi accanto a lui. Mi lascia spazio e mi ci butto, sbattendo le mani sulle gambe. Per un pò scruta il mio nuovo outfit, poi scuote la testa.

"Almeno sei asciutto."

"Già. E lavoro per la ditta edile carovana. Che nome." Leggo il nome sulla maglietta. Non ho mai sentito pronunciare questa impresa. Lui si rimette a fissare l'albero. Ha chiuso il giacchetto, incrociando le braccia al petto. Sembra quasi un riccio. Si nasconde le mani nelle maniche. Ha un profilo cosí delicato. Le guance affossate non gli rendono giustizia. Spero che riprenda peso presto.

"È un bel posto qui." Si è alzato un pò di vento. Fa muovere i rami lentamente, causando quel frusciare calmo, rilassante. Chiudo gli occhi per un attimo, lasciando il peso sullo schienale di legno.

"Già." Era un pò che non venivo, questa visita mi ha fatto bene. Tutta la vicenda mi ha fatto allontanare dal mio stesso temporale interiore. Amo stare quà, in mezzo alla natura. In mezzo al verde.

"Quindi tua madre è...?" La domanda rimane appesa.

"Si. È morta, come mio padre. Uno ha portato via l'altro." Ed è morta pure una parte di me con loro. Scherzo sul fatto che mio padre abbia ucciso lei, ma è la verità. Se l'è portata via ed è tutta colpa sua e della bestia che mi ha regalato.

"Mi dispiace" Lo scopro a fissarmi, con quegli occhi che ogni volta mi mandano in tilt. Non sembrano veri. Sembrano finti da quanto sono azzurri. Forse è perchè non sono abituato a vedere quelle tonalità, o forse perchè sono realmente fantastici.

"Tranquillo. Invece della tua vecchia vita non posso sapere nulla?" Nega subito con la testa.

"D'accordo." Vedo che si stringe ancor di piú nel giacchetto, tira fuori una mano, ha assunto un colore rosaceo. Vorrei fare una cosa, ma non so se sia troppo. Vorrei prenderle e scaldarle, ma ho paura di spaventarlo.

"Hai freddo?" Nega. Io sospiro.

"Di me, posso solo dirti che..." Prova a dire qualcosa, fermandosi subito dopo.

"Per me puoi pure rimanere in silenzio. Non ti preoccupare." Che tono serio che uso. Sembro Minho quando si preoccupa.

"Ne parlerai quando avrai voglia, se mai l'avrai. Nessuno ti obbliga. Ero solo curioso." Ancora questo tono di voce. Nasce in me uno strana voglia di proteggerlo. È cosí minuto. Delicato. I capelli, il naso, le labbra. Sono armoniche. Vorrei tanto abbracciarlo. Jimin adesso abbassa lo sguardo. Si stringe ancora di piú nel giubbotto.

"Posso?" Le mie mani sono sempre calde. Potrei scaldare le sue.

"Cosa?" Quando mi guarda perdo tutto il coraggio. Si trasforma in adrenalina. Una scossa mi sale dai piedi e arriva dietro la testa.

"Dimmi." Ovviamente vuole sapere. Faccio un enorme respiro. Posso chiedere, credo.

"Possa scaldarle se vuoi?" Inclina un pò la testa. Poi gli indico le mani. Le guarda, passa poi alle mie. Ok. Il silenzio si fa alquanto imbarazzante. Non è una cosa che si chiede a tutti. È solo un pò di galanteria, posso anche smetterla di sentirmi cosí cretino per una volta.

"Prova." Non capisco che significa. Però mi da il permesso, se ho capito bene è un si. Quindi posso? Cerco di capire di piú dal suo sguardo. È tranquillo...credo. Ormai mi sono buttato, devo finire l'opera. Non avrebbe senso chiederglielo e non fare nulla. Prendo la sua mano piú vicina, la alzo delicatamente, posandola sulla mia. Poi stringo piano. È di ghiaccio. Non immaginavo fossero cosí fredde. Pare che le abbia infilate in un freezer.

"Solitamente non ho cosí freddo." Si difende. Beh, prima aveva qualche chilo in piú a proteggerlo dal freddo. Vado a prendere anche l'altra. Mi lascia fare. Per forza di cose, devo avvicinarmi a lui. Però non sembra infastidito. Anzi, guarda ogni mio movimento, curioso. Le sue mani mi danno l'idea, che una volta, fossero state molto curate. Adesso sono il contrario, graffiate, il pollice sembra sia stato mangiucchiato, le unghie sono cortissime. Sono state consumate da ansia e paura. Le stringo piano. Mi fanno tenerezza. La sensazione calda di stamani torna. Mi fa sentire un pesce fuor d'acqua.

"Sei caldo." Sussurra. Se fossimo in un altra situazione, potrei coglierne il doppio senso, questa situazione mi fa solo arrossire.

"Un po'." Sento il suo sguardo puntato su di me. La vicinanza, il suo respiro leggero. Se mi concentro posso sentirne pure il profumo delicato. Siamo troppo vicini adesso. In realtà la posizione è sempre la stessa, è il mio corpo a reagire in maniera esagerata. Mi piace avere le sue mani nelle mie, mi piace stringerle. Vorrei potere far altro per lui. A questi pensieri devo allontanarmi. Con cautela. Piano, proprio come sono arrivato. Le lascio. Lui mi guarda, io non posso far altro che guardarlo. Le sue guance tornano rosse, proprio come prima.

"G-grazie." Balbetta. Io torno al mio posto, mi mordo un labbro. Ultimamente il mio membro si impenna per troppo poco. Accavallo le gambe.

"Nessun problema." Invece il problema c'è. Non è colpa sua, sono io ad essere troppo suscettibile.

"Penso che dovremmo andare." Comunico subito dopo, troppo inquieto per stare sulla panchina. Sono grato a Sergios per questi pantaloni molto spessi e larghi. Almeno non si vede niente.

"Si. Le tartarughe?" Domanda, giustamente.

"Sono tutte in macchina." Faccio da capo guida, cammino diretto verso l'uscita. Lui mi affianca. Ancora rosso in viso. Sarà il tragitto piú travagliato di sempre. Il ragazzo mi accende con poco, non sono nemmeno in astinenza cazzo. Lo accompagno alla macchina, sale da se al suo posto e io vado al mio. Devo pure guidare piano, visto che non posso fare manovre brusche, o mi ritroverò uno stagno nel bagagliaio. In cosa mi sono cacciato?

Less Than Anybody [Omegaverse][Wattys2022]Where stories live. Discover now