<<Che ore sono?>>, chiesi a Harry mentre ero di nuovo sdraiata supina con gli occhi chiusi e le gambe piegate. Avevo completamente perso la cognizione del tempo, poteva essere un'ora che eravamo lì, come cinque.
Lui intanto era sdraiato al mio fianco, di lato con una mano a reggere la testa e mi solleticava il viso con un lungo filo d'erba. Lo passava ripetutamente sulle mie labbra. Io allora le mordevo o ci passavo la lingua sopra per alleviare il solletico. Ero sicura che fosse proprio per quello che lui continuava a farlo.
Ripensai a ciò che mi aveva detto a proposito di quello che avrebbe voluto fare alla mia bocca e al solo pensiero mi si contrasse lo stomaco... e non solo.
<<È l'1.00. Forse dovremmo andare a casa>>. La riluttanza nella sua voce mi piacque e il fatto che continuasse a dire casa mi piacque ancora di più.
Mentre piegavamo il plaid e legavamo il guinzaglio al collo di Bacon per andarcene il telefonino di Harry squillò di nuovo.
Stavolta non riuscii a vedere lo schermo prima che lo portasse all'orecchio per rispondere.
<<Pronto?... Si, l'ho ricevuta anch'io... va bene dammi un quarto d'ora e sono a casa... si è qui con me... >>, rispose Harry passandosi la mano libera tra i capelli e guardandomi mentre pronunciava l'ultima frase. Poi seguirono altri attimi in cui produsse solo dei versi di assenso prima di riagganciare.
<<Che succede?>>, gli domandai vedendolo preoccupato.
<<Era Liam. Abbiamo del lavoro da sbrigare>>. Mi prese di nuovo per mano e mi guidò per il sentiero.
Salimmo in macchina e partimmo, tutto senza fiatare. Quando non ne potei più ruppi quel silenzio.
<<Cos'è che fate, Harry? Insomma, come lavoro intendo>>.
La sua mascella si serrò, evidenziando i muscoli tesi. Ci mise qualche minuto a rispondere.
<<Mi dispiace, Christine. Non posso dirtelo>>.
Non potevo crederci. Perché tanti segreti? Perché non si fidava di me?
<<Io non posso stare con una persona e non sapere cosa fa. Insomma per quel che ne so potresti essere uno spacciatore o un killer della malavita. Non ti sembra che io abbia il diritto di saperlo? Devo poter scegliere con chi stare>>.
Harry mi sorprese perché accostò la macchina all'improvviso, guadagnandosi colpi di clacson e insulti da parte dei guidatori dietro di noi. Temetti quasi che volesse farmi scendere e abbandonarmi lì e invece mi prese il viso tra le mani come ormai era solito fare. Il suo respiro era affannoso.
<<Ascoltami bene: non siamo spacciatori o roba del genere. È tutto l'opposto. Ma fidati di me se ti dico che per il tuo bene è meglio che tu non sappia cosa facciamo. Saresti in pericolo e io non potrei mai permetterlo>>.
<<Come in pericolo? Perché cosa potrebbe succedere?>>. Incredibilmente, invece di desistere dal conoscere la verità, mi incuriosii ancora di più.
<<Hai visto come ero ridotto quando i ragazzi mi hanno portato in ospedale? Non avevo appena partecipato ad una rissa in discoteca, Christine. Sono stati loro a ridurmi in fin di vita e non posso permettere che a te accada lo stesso>>.
<<Ma non capisco, loro chi?>>. Mi girava la testa e il cuore aveva preso a martellarmi nel petto.
<<Le persone contro cui lottiamo. Sono pericolose. Non si fanno scrupoli di fronte a nessuno>>.
<<Ma di che parli? Ti prego dimmelo, io... >>.
<<Ti fidi di me?>>.
<<Cosa?>>.
<<Rispondimi e basta. Tu ti fidi di me?>>.
<<Certo che mi fido di te>>. Non avrebbe potuto essere altrimenti. Ormai i dubbi che mi aveva istillato Liam il giorno prima si erano volatilizzati.
<<E allora promettimi che mi starai a sentire e farai sempre tutto quello che ti chiederò. Un giorno ti spiegherò tutto, ma non ora. Non ora>>.
Glielo promisi con un cenno del capo e le lacrime agli occhi. Harry era teso come la corda di un violino e compresi che faceva sul serio. Ripensai effettivamente a come era giunto al pronto soccorso e rabbrividii. Ci era mancato poco che non lo uccidessero.
Ma neanche quel pensiero riuscì a dissipare la mia curiosità. L'alone di mistero che avvolgeva le vite di quei cinque ragazzi, invece di diradarsi col tempo, come è normale che sia, si infittiva ogni giorno di più.
Snervata dal non sapere e vinta dall'ostinato silenzio che regnò nell'abitacolo nei minuti successivi, chiusi gli occhi e mi abbandonai alle note che uscivano dalle casse dello stereo.
Non mi resi conto di essermi addormentata finché una carezza soave non mi solleticò la guancia. Quando riaprii gli occhi eravamo di fronte alla baita.
<<O scusami, devo essermi addormentata. Vado via subito>>, dissi in preda all'ansia mentre tentavo di scendere frettolosamente dall'auto; ma qualcosa me lo impediva.
<<Perché vuoi andartene?>>, mi chiese Harry slacciandomi la cintura di sicurezza e sghignazzando della mia performance da perfetta imbranata appena compiuta sotto i suoi occhi.
<<Voi dovete lavorare e io non voglio esservi di intralcio>>.
<<Non voglio che tu te ne vada, non ne avremo per molto. Dobbiamo solo organizzare una cosa. Puoi salire in camera mia se ti va. È evidente che sei distrutta dopo la notte quasi insonne>>.
<<Va bene>>, mi ritrovai a rispondere, leggermente disorientata. Dopotutto non mi andava realmente di andarmene.
Quando entrai in casa salutai velocemente i ragazzi e filai al piano superiore. Non mi sfuggì tuttavia lo sguardo di fuoco di Liam; i suoi occhi mi trafissero come due lame. Prima di entrare in camera lo sentii chiedere a Harry dove stessi andando.
<<Era distrutta. Si è addormentata in macchina e così le ho detto che poteva continuare a dormire in camera mia, se lo voleva>>, gli sentii rispondere. Poi seguirono attimi di silenzio.
Fu Harry a riprendere a parlare. <<Che c'è? Che problemi hai, Liam?>>. La sua voce era più roca del solito.
<<Nessun problema. Mi domandavo solo il motivo di tanta stanchezza>>. Io trattenni il respiro a quella domanda. Non volevo assolutamente che i ragazzi sapessero dei miei incubi.
<<Forse il divano non è la cosa più comoda su cui dormire?>>.
"Ottima risposta, Harry". Tornai a respirare normalmente ed entrai in camera.
Mi buttai sul suo letto togliendomi solo le scarpe. Poggiai il viso sui cuscini per inspirare il suo profumo. Era un mix assolutamente perfetto di dopobarba, bagnoschiuma e la sua pelle, senz'altro il profumo più divino. Mi accoccolai raccogliendo le ginocchia al petto per scacciare i brividi che provai, probabilmente portati dal freddo e in pochi minuti mi riaddormentai.
Al mio risveglio sentii qualcosa di pesante addosso. Mi tirai su a sedere e scansai una trapunta. Non ricordavo di essermela messa prima di addormentarmi.
Andai in bagno e mi guardai allo specchio. Avevo i capelli peggiori della storia, sembravo Medusa. Gli occhi ancora assonnati erano lucidi e rossi e anche le mie guance lo erano. Mi lavai il viso con l'acqua fredda e tentai di pettinarmi, ma il risultato non migliorò granché.
Al piano di sotto i ragazzi avevano cucinato e apparecchiato per la cena. Mi vergognai tremendamente vedendo la tavola imbandita, rendendomi conto che avevo dormito per tutto il pomeriggio e non avevo contribuito minimamente in casa.
<<Buona sera, bell'addormentata!>>, mi disse Niall sorridente mentre portava birra e Coca Cola a tavola.
<<Dormito bene?>>, mi chiese invece Harry sbucando alle mie spalle e facendomi trasalire.
<<Sì sì, certo. Ma non avrei dovuto dormire così tanto. Perché non mi avete svegliata? Avrei potuto aiutarvi in cucina>>.
<<Chrys, rilassati. Ce la siamo cavata comunque. Non sei qui per farci da cameriera>>, mi rispose Zayn mentre si annodava un tovagliolo al collo.
<<Giusto. Siediti e mangia>>, aggiunse Louis scoperchiando una teglia da forno con dentro un enorme pollo contornato da patate. Il profumo celestiale che si sprigionò nell'aria mi fece brontolare lo stomaco e solo allora mi accorsi di essere affamata.
La cena fu deliziosa come sempre e quando finimmo di sparecchiare e rassettare la cucina ci sedemmo tutti su divani e poltrone. Una casa così grande era una benedizione.
Mentre i ragazzi discutevano con in mano una quantità assurda di DVD intenti a sceglierne uno per la serata, la mia attenzione fu catturata da una scena in televisione: un bambino che imparava a suonare una chitarra. Mi venne immediatamente in mente di averne vista una proprio quella mattina sul divano nella stanza degli ospiti.
<<Di chi è la chitarra che sta di là?>>, chiesi indicando la stanza.
<<Ah, l'hai vista? Beh, a dir la verità è mia>>, rispose Niall grattandosi la nuca.
<<Tu suoni? È meraviglioso! Mi sarebbe sempre piaciuto imparare a suonare uno strumento>>.
<<Si, diciamo che ho sempre avuto questa passione e ho anche preso lezioni da piccolo. Ma non è che sia proprio un fenomeno, ecco>>.
<<Non dargli retta, è bravissimo invece>>, si intromise Harry dando all'amico un leggero spintone.
<<Veramente sono più bravi loro a cantare>>, disse Niall con le guance in fiamme per l'imbarazzo del complimento ricevuto.
<<Voi cantate?>>. Ero sempre più sbigottita.
<<Cantiamo è un parolone, diciamo che ci divertiamo a urlare a squarciagola. Tanto qua giù nessuno può sentirci!>>.
<<Beh, che aspettate? Fatemi sentire queste urla, allora!>>.
I ragazzi si guardarono l'un l'altro facendo spallucce e infine Niall si alzò per sparire nella stanza, tornando subito dopo con la sua chitarra.
<<Cosa ti piacerebbe ascoltare, un evergreen o roba attuale? Il nostro repertorio è abbastanza vasto>>, mi chiese Liam.
<<Non saprei. Magari il pezzo che vi riesce meglio>>.
<<Little Things>>, rispose Harry con una tale intensità che non riuscii a distogliere il mio sguardo dal suo.
<<A dir la verità non la conosco, ma per me va bene>>.
<<Non puoi conoscerla. L'abbiamo scritta noi>>, mi rispose, con un timido sorriso.