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By -TRVCHEITE

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Β«Tu, passante, ricorda, quando voltate le spalle te ne andrai, che, come noi, ombra e cenere tornerai.Β» Copyr... More

πƒπ„π’ππ„π‘π€πƒπŽ - PREFACE
☩ π€ππŽπ‚π€π‹πˆπ’π’π„ ☩
☩ Prologo ☩
☩ UNO ☩
☩ DUE ☩
☩ TRE ☩
☩ QUATTRO ☩
☩ CINQUE ☩
☩ SEI ☩
☩ SETTE ☩
☩ OTTO ☩
☩ NOVE ☩
☩ DIECI ☩
☩ UNDICI ☩
☩ DODICI ☩
☩ TREDICI ☩
☩ QUATTORDICI ☩
☩ QUINDICI ☩
☩ SEDICI ☩
☩ DICIASSETTE ☩
☩ DICIOTTO ☩
☩ DICIANNOVE ☩
☩ VENTI ☩
☩ VENTUNO ☩
☩ VENTIDUE ☩
☩ VENTITRΓ‰ ☩
☩ VENTIQUATTRO ☩
☩ VENTICINQUE ☩
☩ VENTISEI ☩
☩ VENTISETTE ☩
☩ VENTOTTO ☩
☩ VENTINOVE ☩
☩ TRENTA ☩
☩ TRENTUNO ☩
☩ TRENTADUE ☩
☩ TRENTATRΓ‰ ☩
☩ TRENTAQUATTRO ☩
☩ TRENTACINQUE ☩
☩ TRENTASEI ☩
☩ TRENTASETTE ☩
☩ TRENTOTTO ☩
☩ TRENTANOVE ☩
☩ QUARANTA ☩
☩ QUARANTUNO ☩
☩ QUARANTADUE ☩
☩ QUARANTATRΓ‰β˜©
☩ QUARANTAQUATTRO ☩
☩ QUARANTACINQUE ☩
☩ QUARANTASEI ☩
☩ QUARANTASETTE ☩
☩ QUARANTOTTO ☩
☩ QUARANTANOVE ☩
☩ CINQUANTA ☩
☩ CINQUANTUNO ☩
☩ CINQUANTADUE ☩
☩ π‚πˆπ“π“Γ€ 𝐃'πŽπŒππ‘π„ ☩
☩ UNO ☩
☩ DUE ☩
☩ TRE ☩
☩ QUATTRO ☩
☩ CINQUE ☩
☩ SEI ☩
☩ SETTE ☩
☩ OTTO ☩
☩ NOVE ☩
☩ DIECI ☩
☩ UNDICI ☩
☩ DODICI ☩
☩ TREDICI ☩
☩ QUATTORDICI ☩
☩ QUINDICI ☩
☩ SEDICI ☩
☩ DICIASSETTE ☩
☩ DICIOTTO ☩
☩ DICIANNOVE ☩
☩ VENTI ☩
☩ VENTUNO ☩
☩ VENTIDUE ☩
☩ VENTITRΓ‰ ☩
☩ VENTIQUATTRO ☩
☩ VENTICINQUE ☩
☩ VENTISEI ☩
☩ VENTISETTE ☩
☩ VENTOTTO ☩
☩ VENTINOVE ☩
☩ TRENTA ☩
☩ TRENTUNO ☩
☩ TRENTADUE ☩
☩ TRENTATRΓ‰ ☩
☩ TRENTAQUATTRO ☩
☩ TRENTACINQUE ☩
☩ TRENTASEI ☩
☩ TRENTASETTE ☩
☩ TRENTOTTO ☩
☩ QUARANTA ☩
☩ QUARANTUNO ☩
☩ QUARANTADUE ☩
☩ QUARANTATRΓ‰ ☩
☩ QUARANTAQUATTRO ☩
☩ QUARANTACINQUE ☩
☩ QUARANTASEI ☩
☩ QUARANTASETTE ☩
☩ Epilogo ☩
DESPERADO - POSTFACE

☩ TRENTANOVE ☩

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By -TRVCHEITE

☩ D E S P E R A D O - CITTÀ D'OMBRE 
XXXIX
Il piano di Realtà

Serve qualche giorno, e la febbre di Trevor è ormai calata: si sente ancora debole, sì, sente che nulla di tutto quello che ha vissuto sia reale, ma in generale si sente lucido, si sente vivo – e mai come prima gli è parsa così tanto una maledizione. Riesce anche ad alzarsi dopo un po', e dopo cinque giorni può dire di camminare senza troppe difficoltà. È stato difficile per Michelle spiegare a Liz e Doll che al momento non avrebbe potuto lavorare, e infatti ha ricevuto solo improperi ad alta voce dal telefono su come poter coprire la mancanza del gioiello della città al Dawn, che lei ha liquidato con un annoiato "inventatevi qualcosa". La professionalità in questi casi non è proprio al caso suo. In quel momento invece se ne stanno in camera di Trevor, il pomeriggio il sole resta sempre nascosto dalle nuvole imperiture di quella città, e Michelle se ne sta seduta con le gambe incrociate sul letto, Trevor che si siede davanti a lei.

-Sono guarito: è ora che tu mi dica quello che c'è bisogno da sapere. – le ricorda la promessa, e lei annuisce, lo sguardo perso nel vuoto. La donna fa spallucce, si liscia meglio il vestitino che ha addosso, si bagna le labbra con la lingua.
-Quello che c'è bisogno da sapere è molto poco, perché non ne sappiamo molto. Da quello che capisco vuoi costituirti.
-Ovvio.
-Il problema, Trevor, è che questo non è un vero e proprio omicidio. – inizia lei, tenue, e lui inizia ad aggrottare le sopracciglia, confuso.
-Scusa?
-So bene cosa abbiamo visto entrambi, non sei pazzo. – prova a trovare le parole, ma le viene difficile. -So che questo è fuori dalla tua comprensione, ma so anche che tu sei uno che si fa tante domande, e sei filosofo per questo.
-Allora aiutami a capire, per favore.
-Cos'è un omicidio, prima di tutto? – domanda a quel punto lei, seria. Trevor si guarda attorno.
-È quando una persona pone fine alla vita di un'altra persona, o animale.
-Esatto. Non parliamo di gradi di omicidio, sensibilità di un omicidio o quant'altro: è tutto sullo stesso piano.
-Sì.
-Bene. E un suicidio, cos'è?
-Porre fine alla propria vita.
-Ecco. Questi sono i due estremi degli atti estremi, e cambia il destinatario in maniera molto sensibile. – quella porta le mani davanti a sé, le chiude per sentire sul suo corpo qualcosa che ricordi lei, per dimenticarsi un solo attimo di quei ricordi che porta dentro a fatica. -Quello che hai fatto tu, però, è a metà da entrambi, e proprio per questo si discosta da essi.
-Cosa intendi?
-Un'Ombra... - sospira quella -è qualcosa che sta a metà tra una pura concezione mentale e l'umano. Non è pienamente umana: è fisicamente sbiadita come hai notato, non ha la stessa forza di un individuo originale, e vive mantenendo un profilo basso, come ti ho detto. Conducono una vita, certo, ma non è una vita vera e propria. Non nutrono gli stessi bisogni di un essere umano, ma conservano parte del suo carattere, delle sue paure, della sua personalità. Trevor non era una persona: Trevor era il tuo essere inumano, era il modo in cui ti distaccavi da te stesso per lavorare. Trevor era lo scrigno di tutti i tuoi traumi, imbottigliato nel tuo sogno: la cintura raggiunta senza i sentimenti, senza il passato, senza il futuro. Ora, tu dimmi: quanto è pienamente una vita, questa? – domanda a quel punto lei. -Trevor non è nato, Trevor si è formato da te, si è trasformato prendendo le tue sembianze, ma è una parte della tua mente che si è distaccata da te.

-Ma lui era in carne ed ossa, io l'ho pestato a sangue, Michelle. – lui sospira, affondando le mani tra i capelli. -Io non vedevo la mia Ombra come qualcosa di concettuale, per me era reale.
-E lo era, Trevor. Ma non nel piano di realtà in cui hai sempre vissuto. – quello alza lo sguardo, indirizzato a lei. Michelle si sistema meglio sul letto, come se si sistemasse su quella situazione scomoda dove poggia.
-Non voglio giustificare ciò che hai fatto, okay? Hai commesso uno sbaglio, ma voglio farti distaccare per un attimo da quello che è stato il mondo in cui hai vissuto per tutta la vita. Mi hai detto che per entrare a Desperado ti sei fermato in mezzo a una strada deserta e hai visto il suo cartello, giusto? – quello annuisce. -Quella è Desperado che ti chiama a Lei. Anche se Desperado è in questo mondo perché ne è il suo riflesso, è su un altro piano di realtà, da cui è difficile uscire, che è preclusa a pochi. Noi seguiamo l'evoluzione di pari passo con la storia del mondo, ma in pochi possono sfiorare il mondo fuori da questo piano di realtà. L'Ombra non è una persona, e nemmeno un animale, ma non è nemmeno un'idea platonica: è un altro nuovo piano di realtà. Se qualcuno prova ad uccidere un'Ombra, lo fa perché è irrecuperabile e l'ha persa troppo in fretta, senza accettarlo: ma nessuna di queste cose torna con te, e anche i sintomi non tornano. Tu sei lucido, tu stai bene.
-Il dolore mi sta mangiando, Michelle. – geme dalla disperazione, spalancando gli occhi. -Io non mi perdonerò mai per quello che ho fatto alla mia Ombra.
-Ma lei si sarebbe perdonata in un momento per quello che avrebbe fatto a te! – scoppia lei, facendolo ammutolire. Quella sbatte più volte le palpebre per impedire alle lacrime di uscire, e indica la porta, come se ci fosse ancora l'Ombra di lui a guardarli.

-Io ho visto cosa stava per fare! Ti ha istigato a suicidarti, e poi stava per farlo lei! Ti aveva messo le mani al collo, voleva strozzarti, voleva, - trattiene un singhiozzo e si zittisce, voltando la testa di lato, i capelli a coprirle il volto. Trevor vorrebbe avvicinarsi, confortarla con il calore della sua vita e del suo corpo, ma non ne ha la forza, non è capace, non è mai stato abbastanza per lei, e se ne rende conto solo in quel momento. La donna si ricompone subito, prendendo un respiro profondo. -Se ci ripenso mi vengono i conati, cazzo. – si lamenta, di nuovo nelle sue facoltà.
-Tu però sei lucido, Trevor, e questo non succedeva ormai da troppo tempo. C'è qualche testimonianza scritta di un forestiero che uccide la propria Ombra in seguito a delle istigazioni ricevute dall'Ombra, e restano lucidi, ma sono occasioni davvero rare. Secondo me i grattacieli non sono preparati a una cosa del genere, perché qui non succede, e se succede è irrecuperabilità. Ma a parte farti mangiare dal dolore, tu stai bene; non hai mai visto un irrecuperabile, ma ti assicuro che non è una bella vista. – commenta quella, rabbrividendo.
-Mi dispiace, ma io non riesco a figurare una cosa del genere. – mormora Trevor, confuso. -Siamo su un altro piano di realtà? Quindi vuoi dirmi che l'Ombra è un concetto che creiamo noi stessi ma al di fuori di noi? E per cosa?
-Nel tentativo di espiare il nostro peccato. Noi saremo sempre dei peccatori, e perdere l'Ombra è il nostro purgatorio per raggiungere la Città Celeste alla morte. Desperado significa "criminale": noi compiamo un crimine tradendo noi stessi, perdendo la nostra metà per espiare il peccato.
-Quale peccato? – quella lo guarda, sospirando.
-Il peccato di esistere, qui. – lui è ancora più confuso.
-Ma non avete fatto niente di male.
-Siamo nati a Desperado, è la nostra punizione: restare bloccati qui dentro, perdere la nostra ombra, vivere per sempre a metà, e morire. Solo ai puri è data possibilità di scappare, e agli irrecuperabili di non accettare mai questo fato.
-E io che vengo da fuori, cosa c'entro in tutto questo?
-Che Desperado ha una propria volontà che guida tutto il resto, a cui non possiamo far altro che affidarci ogni giorno: e se ti ha voluto qui dentro, è perché semplicemente lo voleva, perché tu avevi bisogno di liberarti della tua ombra, di espiare il peccato rinchiuso qui. Che peccato, poi? Esistere, qui.
-Non è un peccato esistere. È una condizione. – gli occhi di Michelle sono nei suoi: sorride amara, per poi scuotere la testa.
-Potrai sbattere la testa quanto vuoi, Ward. Potrai cercare la motivazione razionale in ogni angolo di questo posto, ma non la troverai mai. La motivazione è "esistere": nell'esistenza c'è già un peccato mortale, e questa è la punizione. Questa è Desperado. Uccidendo la tua Ombra non hai fatto altro che uccidere la tua punizione, ma questo non ti libera dalla vita che dovrai vivere, non spezza alcuna maledizione, non ti libera, perché l'Ombra era il purgatorio e non il peccato. L'Ombra era un concetto, e ora che l'hai cancellato è semplicemente qualcosa che non potrai più recuperare.
-Ed è mai capitato di Ombre che uccidono gli individui originali?
-Ci sarà qualche testimonianza scritta da qualche parte. Le Ombre come le tue sono molto rare, e di solito non danno questi tipi di problemi: sono solo più esuberanti delle altre, nulla di più. Normalmente, l'Ombra muore quando l'individuo originale muore. E se muore prima, in seguito ad incidenti, l'individuo originale prova un senso di vuoto per il resto della vita, e se succede il contrario l'Ombra col tempo sbiadisce, ritornando al suo individuo: ma questo la tua Ombra non poteva saperlo, perché voi non sapevate nulla di Desperado. Ma anche questi sono casi rari. L'Ombra finisce quasi sempre con la persona però, e mai il contrario: è questo che non la rende pienamente un essere vivente, o un essere in sé. Ti accompagna per tutta la vita, ma era la tua proiezione di oscurità contro il sole, no? Solo che diventa un concetto, si tramuta in una forma nuova, ma il contenuto è lo stesso.
-È come se avessi ammazzato una parte della mia mente però, no? Come un elettroshock, non è lo stesso? È comunque un crimine.
-Non è un piano di realtà comparabile, per quanto simile. Non ha la stessa valenza, o peso, o entità.
-E quindi tu sei confinata qui dentro per sempre solo perché esisti, qui? – domanda allora lui, sconvolto. -Ecco perché, quando ti ho chiesto se hai mai pensato di andartene...
-Non posso. – asserisce, asciutta. -Non posso lasciare Desperado, ormai ho perso l'Ombra. Anche se uscissi fuori di qui, dovrei comunque tornarci.
-Perché esisti?
-Perché esisto. – quella alza lo sguardo al soffitto, per impedire alle lacrime di scendere. -È tutto quello che so. Tutto quello che possiamo capire, e che Desperado ci ha fatto intendere.
-Ma non è giusto! – si alza, sgomento. -Ma non c'è un modo per opporsi? – e quella gli sorride.
-Che fai? Ti sei mai opposto all'Iperuranio tu? Desperado è una città, ha una volontà, ma resta sempre un'entità astratta. Qualcosa che non puoi combattere o difendere. Ti sei mai opposto alla Morte? Perché Desperado è come la Morte: esiste e basta, e fa quello che vuole di chi vuole. Senza che ci si possa opporre, in alcun modo. Come un Dio creato dagli uomini, così quel Dio sopprime gli stessi uomini che ha già creato: lui sa già tutto e ha già disposto tutto, ci fa credere nel libero arbitrio, ma in un modo o nell'altro tutto seguirà un corso incontrollabile. Qui dentro è dove tutto si crea e si distrugge, dove tutto si trasforma, tramuta e svanisce. È fine e principio, Alfa e Omega, ed è anche infinito e meno infinito: qualcosa a cui tendere sempre, senza trovare mai un punto di fine. – quella si alza, gli si avvicina, gli lascia una carezza sul volto.

-Per quanto vorrei toglierti questo fardello e peso, dicendoti che hai ucciso la tua Ombra, purtroppo non è così. Tu non l'hai uccisa, Trevor, per quanto quello sembrasse a tutti gli effetti e in piena regola un omicidio: ma ciò che hai fatto, è stato liberarti dal purgatorio, spezzare le catene. La tua Ombra era tutto il male che ti è stato fatto negli anni: ogni volta che ti chiedeva di ucciderti, quelle erano le volte in cui te lo sei implorato per colpa dei tuoi genitori, degli amici che non hai mai avuto, del tuo allenatore, di Sylvia. Per colpa nostra, anche, probabilmente. – gli prende la mano tra le sue, guardandolo negli occhi. -Per colpa mia, anche. E non ti avrebbe mai lasciato stare: ti avrebbe inseguito per tutta la vita, avrebbe sempre trovato un modo per torturarti psicologicamente e farti cedere, perché è quello che ti sei fatto per anni quando uscivi fuori dal ring. Costituisciti pure: questo non è un errore. Ma devi iniziare a convivere col fatto che non riceverai la punizione che pensi di meritare, perché quello che è accaduto è su un piano di realtà a te inconcepibile, e trattato in maniera a te inconcepibile. Voglio solo tu sia consapevole di questo. – Trevor le accarezza con cura le mani, pensa a lungo alle sue parole, si sente così strano, vuole tenere i nervi saldi ma li è tutto così distante dal mondo in cui ha sempre vissuto: Filadelfia si regge sulle regole del mondo in cui ha sempre vissuto, quelle che gli hanno insegnato i suoi genitori e la società attorno a lui; a Desperado invece le regole sono stravolte, per questo piano di realtà diverso, le Ombre, il peccato, la Città Celeste.

-Quindi aspettate davvero l'Apocalisse? – domanda, confuso.
-No, non proprio. L'Apocalisse per noi è il processo di perdita dell'Ombra: è come ci riveliamo a noi stessi, ecco perché alcuni di noi fanno fatica a vedersi negli specchi, a rivelarsi in essi. La Città Celeste, i cavalieri? Io non ci credo più di tanto. So che, una volta morta, la mia Ombra si ricongiungerà a me, non serve nient'altro, sono già disillusa. – sospira, dirigendosi al balcone della casa.
-Bene, quello che dovevo dire l'ho detto: ho bisogno di una sigaretta!

Trevor se ne sta poggiato assieme a lei contro il parapetto del balcone: lei a fumare, lui a riordinare tutti quei pensieri.
-Andrò ai grattacieli. – dice solo, e lei dà un tiro, annuendo.
-Vengo con te. – risponde solo, e i due si guardano.
-Hai paura mi facciano qualcosa? – quella fa spallucce.
-Meglio non andare mai soli lì dentro.
-Sembra tu sappia dei grattacieli più di quello che tu voglia. – lei poggia gli avambracci sul parapetto, guardando il paesaggio davanti a lei: file di altri condomini, e poi un viale alberato e boschivo che si estende fino alla fine dell'Orizzonte, dove non c'è nulla, perché non c'è uscita da lì.
-So i posti da cui tenermi alla larga. Tipo casa di Judas, - e lui, finalmente, dopo settimane, ridacchia di cuore, facendola sorridere.
-Se mi arrestano mi verrai a trovare una volta? – domanda, curioso, e quella sorride.
-Oh, non hai idea: verrò così tirata che tutti i tuoi compagni di galera ti picchieranno perché ti viene a trovare una troppo bella. – e l'uomo stavolta ride di cuore, facendola sorridere con più sincerità.
-Fai sembrare la mia reclusione qualcosa di sopportabile, allora. – quella si volta a guardarlo, trovando il suo sorriso bonario, il suo sguardo sincero, e solo l'Evangelista sa quanto le fosse mancato tutto questo: loro due a scherzare e ridere, sotto il cielo di Desperado.
-Ora non allargarti: ti vengo a trovare solo una volta, un solo round di botte ti basteranno. – ammicca, facendolo ridere di nuovo. Si volta e poggia gli avambracci sul parapetto come ha fatto lei, guardando il cielo sopra di loro.
-E se un giorno riuscirò a tornare sul ring, almeno l'incontro per la cintura lo vieni a vedere? – domanda, speranzoso, e quella sorride.
-E chi te lo dice che non arriva tra un po'. – e lui sorride, amaro.
-No, sarà come ricominciare dall'inizio, adesso: sicuramente avrò paura di ricevere pugni, e affiderò tutto alla schivata di nuovo. Ci vorranno tanti mesi. – sospira, -Mi blocco sempre quando arriva il momento di raggiungere il sogno.
-Penso succeda a tutti. E comunque devo pensarci: insomma, la donna più bella di Desperado ha tanti impegni a cui badare. – si vanta, facendolo sorridere.
-Del mondo, vorrai dire. – e quella si volta, a guardarlo sorniona.
-Ah sì? Quindi fuori da qui non c'è nessuna alla mia altezza? – e il pugile sorride, arrossendo.
-Dai.
-No, no, parla, parla: la tua voce è utile solo quando mi aduli. – commenta, facendolo ridere e arrossire di più.
-Sei innegabilmente la donna più bella che io abbia mai visto: certo, non sono un esperto, - inizia, facendo ridacchiare lei, -ma nulla togliere a tutte le donne belle che io abbia visto, tu hai qualcosa... che ho trovato solo in te. È ovvio che tutti cadano ai tuoi piedi: uno, perché è il tuo lavoro; due, perché è impossibile non farlo. Se qualcuno non cede per la tua bellezza, lo farà sicuramente per la persona che sei. E io sono uno di quei qualcuno. – lei lo guarda, sorridendo appena, per poi tornare con lo sguardo all'asfalto distante da loro.
-Ah, non ci siamo, Ward, non ci siamo: devi impegnarti di più per meritare il mio perdono. – lo punzecchia, facendolo sorridere.
-Puoi ammetterlo, Michelle: tu non mi perdonerai mai, lo so. La verità è che non siamo mai stati fatti per stare insieme, ma abbiamo comunque voluto sfidare il resto, perché noi godiamo del dolore. Ma già lo so, è per questo che sento comunque di dirti quello che provo. Non tornerà più quello che avevamo, ma tu in questi mesi mi hai fatto capire cosa significa avere un amico: significa esserci, in qualunque momento, dopo qualunque delusione. – lei lo guarda, non risponde, sorride, sente un vuoto nel petto a quelle parole, e Trevor resta silenzioso accanto a lei. Michelle gli poggia la testa sulla spalla, guardano quel cielo dove non c'è speranza o futuro, in quel presente in bilico in cui vivono, in cui non si può guardare oltre.
-Una cosa alla volta, pugile. Andiamo ai grattacieli, poi pensiamo alla nostra amicizia disastrosa.
-La peggiore amicizia del mondo, eh?
-La peggiore in assoluto. Ma almeno possiamo dire che è nostra, totalmente nostra: che Desperado in questo non c'entra. 

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