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By -TRVCHEITE

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ยซTu, passante, ricorda, quando voltate le spalle te ne andrai, che, come noi, ombra e cenere tornerai.ยป Copyr... More

๐ƒ๐„๐’๐๐„๐‘๐€๐ƒ๐Ž - PREFACE
โ˜ฉ ๐€๐๐Ž๐‚๐€๐‹๐ˆ๐’๐’๐„ โ˜ฉ
โ˜ฉ Prologo โ˜ฉ
โ˜ฉ UNO โ˜ฉ
โ˜ฉ DUE โ˜ฉ
โ˜ฉ TRE โ˜ฉ
โ˜ฉ QUATTRO โ˜ฉ
โ˜ฉ CINQUE โ˜ฉ
โ˜ฉ SEI โ˜ฉ
โ˜ฉ SETTE โ˜ฉ
โ˜ฉ OTTO โ˜ฉ
โ˜ฉ NOVE โ˜ฉ
โ˜ฉ DIECI โ˜ฉ
โ˜ฉ UNDICI โ˜ฉ
โ˜ฉ DODICI โ˜ฉ
โ˜ฉ TREDICI โ˜ฉ
โ˜ฉ QUATTORDICI โ˜ฉ
โ˜ฉ QUINDICI โ˜ฉ
โ˜ฉ SEDICI โ˜ฉ
โ˜ฉ DICIASSETTE โ˜ฉ
โ˜ฉ DICIOTTO โ˜ฉ
โ˜ฉ DICIANNOVE โ˜ฉ
โ˜ฉ VENTI โ˜ฉ
โ˜ฉ VENTUNO โ˜ฉ
โ˜ฉ VENTIDUE โ˜ฉ
โ˜ฉ VENTITRร‰ โ˜ฉ
โ˜ฉ VENTIQUATTRO โ˜ฉ
โ˜ฉ VENTICINQUE โ˜ฉ
โ˜ฉ VENTISEI โ˜ฉ
โ˜ฉ VENTISETTE โ˜ฉ
โ˜ฉ VENTOTTO โ˜ฉ
โ˜ฉ VENTINOVE โ˜ฉ
โ˜ฉ TRENTA โ˜ฉ
โ˜ฉ TRENTUNO โ˜ฉ
โ˜ฉ TRENTADUE โ˜ฉ
โ˜ฉ TRENTATRร‰ โ˜ฉ
โ˜ฉ TRENTAQUATTRO โ˜ฉ
โ˜ฉ TRENTACINQUE โ˜ฉ
โ˜ฉ TRENTASEI โ˜ฉ
โ˜ฉ TRENTASETTE โ˜ฉ
โ˜ฉ TRENTOTTO โ˜ฉ
โ˜ฉ TRENTANOVE โ˜ฉ
โ˜ฉ QUARANTA โ˜ฉ
โ˜ฉ QUARANTUNO โ˜ฉ
โ˜ฉ QUARANTADUE โ˜ฉ
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โ˜ฉ QUARANTACINQUE โ˜ฉ
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โ˜ฉ QUARANTUNO โ˜ฉ
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โ˜ฉ QUARANTAQUATTRO โ˜ฉ
โ˜ฉ QUARANTACINQUE โ˜ฉ
โ˜ฉ QUARANTASEI โ˜ฉ
โ˜ฉ QUARANTASETTE โ˜ฉ
โ˜ฉ Epilogo โ˜ฉ
DESPERADO - POSTFACE

โ˜ฉ UNO โ˜ฉ

150 6 18
By -TRVCHEITE

☩ D E S P E R A D O ☩
I
Nascondimento

E se tu, per un solo, misero istante, potessi dire di essere vivo? Vivo davvero?

Trevor Ward guarda la strada scorrergli davanti, e la nebbia che ha sostato nella sua mente per tutto il viaggio inizia a diradare: non può dire di ricordare con certezza dove sia stato, men che meno cosa abbia fatto.

Il tempo è dilatato in maniera incomprensibile alla sua concezione, e cerca di convincersi che qualunque cosa sia successa, sia stata un semplice sogno che ha condotto per tutto quel tempo passato a riposare nella sua mente. Sente come se, per la prima volta, abbia davvero staccato da tutto: dalla continua sensazione di essere inadeguato, inadatto a quella vita che non gli si è mai disegnata bene addosso. Si guarda nello specchietto retrovisore, nota il viso pallido e privo di segni: eppure è sicuro di aver combattuto, ma contro chi? Dove? Chi si è preso la briga di farlo gareggiare in quel tempo, dopo un anno senza combattere? Ha visioni confuse di ciò che si è lasciato indietro. Fa solo capolino, nella sua mente, come una pulsazione involontaria e graffiante, degli occhi azzurri che lo guardano, ma non può essere certo di sapere a chi appartengano, nemmeno se si impegna ad abbinarli allo sguardo di qualcuno. Scuote la testa: non vuole più pensarci, non può più interessargli, non se sa già dove è diretto. Svolta a sinistra, e si immette finalmente nell'arteria stradale che conduce a Filadelfia, in Pennsylvania: le macchine attorno a lui sembrano schiacciarlo, il sole splende sulla città nei bagliori di settembre, nel pomeriggio ancora caldo. Svolta ancora, rallenta in alcuni punti e accelera in altri: sente nella sua macchina un profumo strano, non gli ricorda il suo stesso profumo amaro: apre i finestrini, facendo cambiare un po' l'aria, e guida tranquillo fino alla dodicesima, in West Poplar. Supera i viali poco alberati, verso le case in mattoni rossi, parcheggiando davanti una di quelle casette addossate sulle strade: ha il porticato bianco e le finestre dello stesso colore, al lato un piccolo giardinetto ricolmo di fiori e di piante grasse. E una volta parcheggiato, Trevor sente scendere il cuore dentro lo stomaco, in un solo attimo: non sa cosa aspettarsi.

Non vede Sylvia da mesi, e l'ultima volta che l'ha vista non era finita in toni amichevoli: ma non può nascondere quanto gli sia profondamente mancata. Gli è mancato vederla al mattino assonnata, gli è mancato prepararle la colazione una volta tornato dalla corsa, gli è mancato poterla viziare, darle il mondo e pensare valesse di più tra le sue mani. Gli è mancato festeggiare i suoi mille successi e traguardi, vederla felice, sorridere serena. Gli è talmente mancata che non capisce come abbia fatto a non strisciare da lei subito dopo averla lasciata. Sa di non poter tornare indietro, sa che il presente è ora e adesso, sa che non può tirarsi indietro, non ora che ha deciso di tornare a Filadelfia solo per lei.

Hai mai voluto la perfezione?

Veloce apre la portiera, uscendo e sistemandosi i pantaloni. Si è cambiato per strada, non sarebbe di certo rimasto in pantaloncini sportivi e crop top per tornare da Sylvia: si guarda la camicetta a maniche corte addosso, si assicura di avere i capelli in ordine e si sente finalmente pronto.
Davanti la porta di quella casa, si dà forza per non cedere in quel momento. È arrivato fin lì per lei, e non vuole tirarsi indietro, non più: anche se lei lo rifiutasse, sarebbe comunque felice di essere stato onesto con sé stesso e averle detto per un'ultima volta di amarla, e questo gli basta. Allora suona al campanello, aspetta in silenzio una risposta, che non tarda ad arrivare.

-Sì? – la porta si apre, e il cuore gli arriva in gola: Sylvia lo guarda, tra lo stupore e lo sconcerto, non aspettandosi quella visita. Ed è ancora come lui la ricordava: bellissima, con quella frangetta castana, e i capelli lunghi e mossi, e le lentiggini e gli occhi marroni, il corpo piccolo ed esile avvolto nel cardigan, gli occhiali da studio tondi che le cadono appena sugli occhi.
-Trevor? – domanda, non credendo nemmeno alle sue parole. Lui deglutisce e avvampa, in difficoltà, e porta di nuovo la mano al cerotto sul naso, sfregandolo.
-Sylvia. – i due restano a guardarsi in silenzio per un po', non sapendo cosa dirsi. Poi Sylvia in uno slancio gli avvolge le braccia attorno al collo, stringendolo in un abbraccio. Trevor la stringe appena, pauroso di poterle fare del male: sente gli occhiali contro le clavicole, le lacrime sulla camicetta, la sua stretta dolce, quella stretta che lo ha sempre fatto sentire al sicuro. Stanno lì abbracciati per quelle che paiono ore, e quando si distaccano Sylvia lo sfiora, incredula.

-Oh, mio Dio, Trevor? Sei tu? Non è un sogno? Ma dove eri finito? Non si avevano più notizie di te!
-Ho lasciato Filadelfia per un po'; sapevi che sarebbe arrivato il momento di farlo. – lei lo stringe di nuovo, invitandolo in casa per offrirgli una tazza di tè. Lo fa accomodare nella cucina rustica, lui che la guarda agitarsi da una parte all'altra della cucina, e gli porge subito la sua tazza: Trevor a guardarla si ritrova a sorridere, addolcito dal fatto che lei non l'abbia data via.
-Ero così preoccupata! Sei andato via senza dire nulla a nessuno, ho provato a chiamarti al telefono ma diceva fossi irraggiungibile; so che non ci siamo lasciati nel migliore dei modi, – inizia, timidamente -ma ero ugualmente preoccupata per te; sapevo volessi scappare da Filadelfia, ma non pensavo l'avresti fatto in modo così repentino. – Trevor aggrotta le sopracciglia: nemmeno ricorda dove abbia lasciato il telefono.
-Mi dispiace, Sylvia, non era un modo per farti preoccupare, davvero: avevo solo tanto bisogno di andarmene, di ricominciare. – lei gli sorride, mentre gli porge dei biscotti sul piattino, versando il tè freddo nella tazza.
-Serviti pure: è bello rivederti. E, be', sei in ottima forma. – si complimenta, arrossendo: Trevor si guarda, arrossendo di rimando e sfregandosi di nuovo il cerotto.
-Grazie mille.
-Ricordo gli ultimi periodi qui a Filadelfia: eri smagrito molto, invece adesso sembri sano; a parte il pallore, ma dove sei stato? In Inghilterra? – scoppia a ridere, porgendogli la tazza. Trevor ricambia con un sorriso e un ringraziamento mormorato, e Sylvia si sistema al tavolo davanti a lui: scontrano i bicchieri in un timido brindisi e bevono il tè freddo, la luce del sole che filtra dalle finestre della casa, illuminando il legno del tavolo e della cucina.

-Sylvia, sono tornato per parlarti. – inizia lui, in difficoltà. Lei si sistema meglio sul tavolo, arrossendo e annuendo. -Volevo scusarmi per come mi sono comportato: sono stato troppo duro nei tuoi confronti.
-No, Trevor-
-Perdonami, vorrei prima finire di parlare, se posso. – e lei allora dà un cenno di assenso, aspettando che finisca. Trevor allora sospira, continuando. -Sono stato molto duro nei tuoi confronti, e non meritavi nessuna delle parole che ti ho rivolto: ero solo tanto demoralizzato, da tutto quello che mi stava accadendo, e mi sentivo profondamente solo. Non volevo che ci lasciassimo in quel modo, con quel litigio; però la cosa che più mi preme dirti è che ioprovo per te un sentimento ancora forte e struggente, Sylvia. – lei avvampa, trattenendo un sorriso, gli occhi lucidi.
-E che mi dispiace non averti capita, averti trattata in quel modo, essermi comportato così con te, quando ero cosciente tu volessi solo il mio bene. Sono qui per scusarmi con te, ma anche per chiederti se ti andasse di riprovarci, di nuovo; ovviamente se non intendi farlo, o se hai trovato una persona che ti fa stare bene, non mi tratterrò ulteriormente e ti augurerò la felicità più grande del mondo, perché meriti solo questa. – finisce il discorso col fiato a mancargli, e può finalmente guardarla con serenità negli occhi, senza più quel peso a premergli sullo stomaco. Lei gli sorride, commossa da quelle parole.
-Trevor, grazie. Il fatto che tu sia tornato a Filadelfia per chiedermi scusa significa tanto per me; certo, ci è voluto un po' perché tornassi, ma io non ho perso la speranza, dentro di me ti ho sempre aspettato. È stato così triste vederti andare via quella sera, e poi non vederti mai più, ho temuto tanto per te, ma ho sempre sperato tu stessi bene, ho sempre creduto che in qualche modo avremmo riparato agli errori fatti. E tu sei finalmente qui, di nuovo. – si alza dal suo posto, per andare ad abbracciarlo.
-Mi sei mancato molto, e non vorrei averti caricato di troppe aspettative sulle spalle.
-No, affatto.
-È che hai una mente raffinata e intelligente, sei talmente capace al resto che in certi momenti ho davvero pensato tu fossi sprecato per ciò a cui ti dedichi; sei molto più di ciò che pensi di essere, Trevor, io l'ho sempre saputo. – i due si guardano negli occhi, per poi stringersi con dolcezza di nuovo, in quell'abbraccio che li conforta e ricompone i pezzi rotti di quella relazione.
-Grazie, Sylvia; mi sei mancata molto anche tu. – mormora tra le braccia di lei, stringendola a sé.
-E sì, Trevor: voglio riprovarci, non è cambiato quello che provo per te. – Trevor alza lo sguardo, incontrando il suo, commossi entrambi da quelle parole: si stringono ancora in quell'abbraccio dolce ed esasperante, nel cuore la pura volontà di ricominciare con più consapevolezza, con più amore.

Ma sai che gli specchi si sono già spezzati, Trevor Ward?

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