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By -TRVCHEITE

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ยซTu, passante, ricorda, quando voltate le spalle te ne andrai, che, come noi, ombra e cenere tornerai.ยป Copyr... More

๐ƒ๐„๐’๐๐„๐‘๐€๐ƒ๐Ž - PREFACE
โ˜ฉ ๐€๐๐Ž๐‚๐€๐‹๐ˆ๐’๐’๐„ โ˜ฉ
โ˜ฉ Prologo โ˜ฉ
โ˜ฉ UNO โ˜ฉ
โ˜ฉ DUE โ˜ฉ
โ˜ฉ TRE โ˜ฉ
โ˜ฉ QUATTRO โ˜ฉ
โ˜ฉ CINQUE โ˜ฉ
โ˜ฉ SEI โ˜ฉ
โ˜ฉ SETTE โ˜ฉ
โ˜ฉ OTTO โ˜ฉ
โ˜ฉ NOVE โ˜ฉ
โ˜ฉ DIECI โ˜ฉ
โ˜ฉ UNDICI โ˜ฉ
โ˜ฉ DODICI โ˜ฉ
โ˜ฉ TREDICI โ˜ฉ
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โ˜ฉ QUINDICI โ˜ฉ
โ˜ฉ SEDICI โ˜ฉ
โ˜ฉ DICIASSETTE โ˜ฉ
โ˜ฉ DICIOTTO โ˜ฉ
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โ˜ฉ VENTI โ˜ฉ
โ˜ฉ VENTUNO โ˜ฉ
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โ˜ฉ VENTITRร‰ โ˜ฉ
โ˜ฉ VENTIQUATTRO โ˜ฉ
โ˜ฉ VENTICINQUE โ˜ฉ
โ˜ฉ VENTISEI โ˜ฉ
โ˜ฉ VENTISETTE โ˜ฉ
โ˜ฉ VENTOTTO โ˜ฉ
โ˜ฉ VENTINOVE โ˜ฉ
โ˜ฉ TRENTA โ˜ฉ
โ˜ฉ TRENTUNO โ˜ฉ
โ˜ฉ TRENTADUE โ˜ฉ
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โ˜ฉ TRENTAQUATTRO โ˜ฉ
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โ˜ฉ TRENTASETTE โ˜ฉ
โ˜ฉ TRENTOTTO โ˜ฉ
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โ˜ฉ QUARANTA โ˜ฉ
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โ˜ฉ Epilogo โ˜ฉ
DESPERADO - POSTFACE

โ˜ฉ QUARANTASETTE โ˜ฉ

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By -TRVCHEITE

☩ D E S P E R A D O - APOCALISSE ☩
XLVII
Avevo la perfezione



Quel riflesso dell'essere in cui ha vissuto per una vita, per un attimo si spezza. L'urlo di Trevor vibra tra le vertebre e le annebbia i pensieri, la sua vittoria così repentina la confonde, il bisogno che prova di vederlo e sapere di non star perdendo tutto è un'agonia che la riempie come si riempie un bicchiere di vino. Michelle si fa spazio tra tutte le persone accalcate sugli spalti, manda a fanculo i soldi della scommessa vinti, e in poco tempo si libera da quella calca di gente che l'ha quasi fatta soffocare e si dirige alla svelta verso il corridoio, continuando a superare gli spettatori, le transenne che bloccano l'entrata, le due donne in giacca e pantaloni che per un attimo le si parano davanti per non farla passare, ma che riconoscendola – e sentendo da tempo delle voci che serpeggiano dentro Desperado – la fanno scivolare tra le ultime transenne, ormai dentro il corridoio.

-Dov'è? – chiede solo, guardandosi attorno e trovando Michael seduto sulla sedia, sfibrato da quella serata.
-In camerino, per favore non entrare-
-Ti ho chiesto un parere? – domanda aspra, facendolo ammutolire. -Ecco, ora meglio. – le ultime parole che gli lascia, perentoria, per poi afferrare il pomello della porta e scivolare nel camerino, sparendo dallo sguardo del secondo che scuote la testa.

Un'immagine che non smette di ripetersi, Michelle ritrova Trevor come la prima volta in quel camerino: accovacciato vicino la poltrona, chiuso in sé stesso, col respiro ansante, con la voglia di sparire a mangiarlo. Quella volta prova più timore ad avvicinarsi, c'è qualcosa di così strano in lui, di così oscuro e profondo che non se lo spiega: sa solo che lo vede accovacciato a tremare, affannoso, prova a trovare una via d'uscita dall'abisso in cui si è incarcerato con la sua unica volontà. Si avvicina, si china silenziosa, gli sfiora la spalla nuda e sudata, lo cerca sperando lui non stia andando in una strada senza ritorno; ma Trevor trema ancora di più, incontrollato si afferra la testa con le mani ancora fasciate di viola, il sangue ancora caldo a colargli lungo la guancia, il corpo che inizia a riempirsi di lividi, la mente che inizia a spaccarsi.

-Trevor? – ma la voce di Michelle che lo chiama non lo sfiora, è tutto così sfocato, tutto così vuoto nell'intonaco vecchio dei muri di quel camerino, tutto così vuoto, privo di significato.

Avevo la perfezione

Era tutto perfetto, aveva una vita perfetta, e perché ha rovinato tutto? Si rivede ancora lì, davanti la porta, davanti sua madre, davanti suo padre, davanti quelle parole che lo tormentano e lo spezzano più di tutti i colpi che ha preso in dieci anni.

"Perché non sei normale?"
E cosa c'è di così innaturale in un uomo come Trevor? Cosa c'è che non va nelle sue mani pulite, nel viso sporco di sangue, nella consapevolezza che sale su quel ring solo per uno sport e non per violenza? Ed è di nuovo davanti a Sylvia, a quella rabbia che lo ha divorato, alla delusione che gli ha fatto risucchiare il respiro, a tutto quello che lei gli aveva fatto credere, che ora gli sembra solo una bugia. Mi avevi detto di amarmi, allora perché non puoi accettare che io sia bravo nel pugilato? E gli occhi di lei, per la prima volta, gli hanno restituito l'espressione del disgusto – quello sport non va bene, è violento, potresti morire, potresti uccidere, perché non vuoi una vita normale? Io non ti basto? Per una vita intera gli hanno detto cosa andasse bene fare e cosa no, per una vita intera ha costruito costantemente e rivisto i suoi principi, le sue morali, i suoi pensieri, li ha maturati con l'età, li ha resi giusti, alti e puri; ma nessuno l'ha mai perdonato per voler essere un pugile, per tentare di fare uno sport che lo facesse sentire vivo. Sylvia ha tradito la sua fiducia, i suoi genitori non gli hanno mai restituito nulla, debitori di un amore che non gli hanno mai concesso.

Avevo la perfezione

In quello spiraglio di ricordi, di vuoto, della sensazione del sangue sulla pelle, nella bocca, nelle nocche che vibrano ancora per i colpi dati, nelle braccia stanche, nel fegato che continua a chiedere sangue, che gli scorre nelle vene, lungo le arterie, ovunque lui esiste per riparare ai danni subiti, Trevor sa come tutto gli sia scivolato via dalle mani da una vita, sa che lo ha permesso lui. Non potrà più accarezzarle i capelli morbidi e castani, mai più guardarla negli occhi e non sentirsi più solo; quelle mani che lo toccano non hanno nulla della gentilezza esasperante di Sylvia, quella voce che lo richiama non ha nulla della limpidezza e della dolcezza della sua voce. È tutto perduto – non riavrà indietro tutto quello che Filadelfia gli ha tolto, tutto quello che Desperado non potrà mai dargli. Alza lo sguardo al soffitto, le pupille sparite dietro le palpebre, il corpo che freme incontrollato, Michelle che lo afferra di forza per le spalle, scuotendolo e chiamandolo più forte che può.

Avevo la perfezione

Ma io l'ho mai desiderata?

Tutto quello che ha stretto tra le mani per una vita era sabbia – un pugno fatto di sedimenti caldi fatti di nulla, che son scivolati dalle dita troppo presto. Aveva avuto ogni fortuna possibile, qualunque sogno di qualunque uomo, e in realtà se l'è fatto andare bene perché non ne ha mai avuto davvero bisogno. Il suo riflesso si scheggia, la consapevolezza di essere e allo stesso tempo non essere si confonde di nuovo, l'universo non è più negli occhi o nei pensieri, il respiro si stabilizza e la paura fluisce via come una malattia che torna solo quando sa che la carne è debole. I colori si ridisegnano nella percezione, ogni cosa riprende la sua forma, il corpo smette di tremare e arrivato a quel punto sa di poterla vedere.

Non è Sylvia, non lo sarà mai: non esiste perfezione comparabile dove esiste Michelle; se n'è reso conto in quel momento, e mai nulla gli è sembrato più chiaro – i ricordi di tutto quello che ha costruito a Filadelfia per quegli anni si allontanano, restituendogli l'immagine della persona con cui ha meno affinità ma che sente più vicino a sé; e Michelle è bellissima, ha disegnati negli occhi la luce di un sole che Desperado non avrà mai, ha tra i capelli l'oscurità della notte, ha nelle labbra disegnate il desiderio più puro e alto, nelle sue parole e nei suoi pensieri si agita la consapevolezza di essere inarrivabile e incomprensibile a qualunque umana concezione, perché troppo alta per essere raggiunta. Michelle è fine e principio davanti gli occhi di Trevor, che la guarda con gli occhi di chi non adora per l'odio, ma per la devozione più totale e cercata. Lei si fa appena indietro, pressando le labbra, ancora agitata per quanto accaduto fino a qualche secondo prima – e lui la guarda in un modo in cui nessuno l'ha mai guardata, e sente arrivarle il cuore in gola dall'agitazione che le provoca quello sguardo – come se per la prima volta la desideri del desiderio più profondo e inumano, il più taciuto e anelato.

-Pugile, smettila di inabissarti così. – si lamenta, nel tono basso della voce, che altrimenti vibrerebbe con più evidenza. -Diventa sempre più difficile recuperarti, come se fosse un mio problema. – si alza, spolverandosi la lingerie, cerca di tenere a bada il tremore delle gambe, la sensazione dello sguardo di Trevor che le brucia addosso. Lui si alza, ancora instabile, turbato, avverte per un attimo un mancamento che, come un chiodo, gli colpisce la testa, ma si regge al muro abile.
-Michelle. – è un sussurro roco la sua voce, una consapevolezza che la fa gelare. Si volta, trovando subito le sue braccia che la fanno sedere sulla toeletta: la stringe a sé, le sue labbra su quelle di lei, la bacia con talmente trasporto da sorprendere la giovane sulla toeletta.

Michelle ha baciato talmente tante donne nella sua vita che in realtà il desiderio di baciare un uomo non l'ha sfiorata: odiandoli così tanto ha insabbiato dentro di sé il desiderio che ne prova. Tutto questo però è stato prima di Trevor: da quando quel pugile è entrato nella sua vita ha talmente desiderato baciare un uomo che ora capisce che ha atteso anni solo per questo momento, il momento in cui avrebbe conosciuto Trevor e avrebbe trovato tra le sue labbra il senso del desiderio. Allora gli stringe le braccia, gli tira i capelli, sfiora con le mani il suo corpo sudato, le sue mani che si sporcano del suo sangue, quel bacio che le toglie il respiro, il suo corpo premuto contro quello di Trevor, i capezzoli che si irrigidiscono, il tessuto liscio dei suoi pantaloncini, le sue fasce ruvide che le accarezzano la schiena, il suo corpo caldo, è tutto così concreto in lui: è muscoli, carne che si piega sotto il passaggio delle sue dita, che si tende al muoversi delle sue labbra, è la forza del suo corpo invincibile e vittorioso che la stringe insaziabile e assetato di lei contro di sé, a chiedersi perché la desideri così disperatamente, mentre lei si chiede perché lo desideri così disperatamente, nessuno sapendo quanto desiderio si celi dietro l'altro se non con il tramite di quel bacio e di quella stretta, di quel respiro che manca a entrambi, di quella voglia di non smettere mai. Gli occhi si cercano quando le labbra si lasciano, e gli affanni sono nei respiri caldi, tra le labbra umide.

-Mi dispiace. – inizia lui. -Io- - ma il suo flusso di parole è bloccato dalla bocca di lei: si fa stringere ancora più forte, mugola appena nella bocca di lui, facendogli perdere il respiro. Restano per un po' in silenzio, distolgono subito lo sguardo, i loro corpi ancora attaccati, quel calore che li pervade e li fa bruciare.
-Come stai pugile? – inizia a controllargli le ferite sul viso, il sangue asciutto, gli occhi che la cercano, le labbra che la vogliono.
-Pesto. – mormora, facendola sorridere, una leggera espressione di fastidio quando le dita di lei premono gentili sulla ferita.
-Sei bellissima. – il pomo d'Adamo scorre appena a quel complimento azzardato, e lei trattiene il sorriso e il rossore, mentre controlla sull'addome che non sia troppo pieno di lividi.
-Grazie Trevor, lo so già, però è molto lusinghiero sentirlo dalla tua voce. – lui non indugia di più, poggiando le mani sulla toeletta e distaccandosi appena da quella stretta. Vorrebbe riprendere il respiro perso, pentirsi di ciò che ha fatto – ma non può nulla di questo, non così ancora vicino a Michelle, a quella voglia profonda di desiderarla. Allora cerca di non guardarla, frena l'impulso di accarezzarla, il respiro caldo di lei sulla sua pelle, i suoi occhi che passano in rassegna a ogni parte livida del corpo, le sue dita che lo sfiorano – nemmeno si accorge del bruciore dei medicinali che gli sta passando sulle ferite, non lo fanno bruciare perché il pensiero di lei lo infiamma più di qualunque altro pensiero. Michelle gli afferra il mento tra le dita, si ricopre del suo sangue, e glielo pulisce via dal mento, e poi via dalla guancia, lui le nega lo sguardo, e lei se lo fa andare bene: Trevor è così timido da farla addolcire.

-Non pensavo fossi così inesperto con le donne. – lo prende in giro, facendolo arrossire ancora di più.
-Mi metti in soggezione, Michelle. Hai una personalità più smisurata della mia. – e quel complimento la sorprende, facendola sorridere mentre gli controlla la ferita all'occhio, mordendosi il labbro inferiore.
-Agli uomini non piacciono le personalità come le mie, lo sai? Parliamo troppo, pensiamo troppo, scopiamo troppo, troppo nude, troppo provocanti.
-A me piace la tua personalità.
-Non menti?
-Non vedo perché dovrei, ormai sono mesi che non facciamo altro che parlare. – i due finalmente si guardano, e Michelle riconosce nel nero dei suoi occhi quel Trevor che ha conosciuto in quei mesi, e lui rivede in lei quel mare, quella fine, quel principio, quella bellezza che la rende immortale e indimenticabile. Lei sbuffa una risatina, appallottolando il cotone idrofilo ormai sporco di sangue e buttandolo nel cestino vicino la toeletta su cui è ancora seduta.
-Ti sei stancato di parlare e basta, quindi? – glielo sussurra sulle labbra, spostando lo sguardo dai suoi occhi a quella porzione sensibile e ancora arrossata.
-No, quello non mi stanca mai con te. – le sorride appena, e quelle parole le fanno alzare gli occhi al cielo e passare la lingua sull'arcata inferiore dei denti, incapace di controbattere. Vorrebbero baciarsi, ancora, instancabili, ma Trevor abbassa lo sguardo, grave. Lei cerca nei suoi occhi una rassicurazione, ma non trovandola la preoccupazione la afferra. E quelle parole arrivano, e questa volta il sollievo che prova non raggiunge i sollievi provati nel passato.

-Michelle, non voglio nulla di serio. – mormora, in difficoltà. Le concede il suo sguardo, vuole essere chiaro e sincero con lei, non merita menzogne né prese in giro. -La storia con la mia ex, io faccio ancora fatica. Non potrei darti nulla di quello di cui avresti bisogno, non vorrei illuderti. Mi sono promesso non mi sarei più infilato in situazioni serie, in cose impegnative, non così presto almeno. Spero tu possa capire. – e lei gli sorride, passa l'indice lungo la sua gola, gli carezza il mento, lo guarda, e non è mai stata così felice di avere un uomo tra le sue mani: e quell'uomo è sincero, volubile, aperto, le parla e la tratta come chiunque altro – senza illusioni, senza prese di potere, nulla di questo.
-Trevor, pensi che una donna come me voglia qualcosa di serio? – gli chiede, retorica. Gli sorride, maliziosa, avvolgendogli le braccia attorno al collo, lo attira a sé con le gambe, lo tiene stretto, sente le sue mani sulla schiena, sui fianchi, in balia di lei e della sua cupidigia. -Trevor, a me le cose serie non sono mai piaciute, tolgono tutto il divertimento, ecco perché non le ho mai avute. Però non voglio trattarti come chiunque, perché per me sei molto più di chiunque. Che ne dici di essere migliori amici? – gli propone, e lui aggrotta le sopracciglia, confuso.
-Migliori amici?
-Hm hm.
-E questo cosa comporta?
-Condividere molto di più di quello che già condividiamo. Niente stronzate, niente fiori o appuntamenti pensando il romanticismo salvi la vita, niente fidanzamenti e nemmeno il pensiero di essere impegnati. Saremo migliori amici: sarà tutto come prima, e intanto potremo fare tutto quello che due amici non potrebbero fare. Potremo toccarci, - gli sfiora le braccia, - volerci, averci quando desideriamo. Nulla di serio, nulla di impegnativo, solo questo: la nostra amicizia e il nostro corpo. Il resto non importa, non può importare a due persone come noi. Vuoi essere il mio migliore amico, Trevor? – lui la guarda: il suo sguardo malizioso, i suoi occhi, le sue mani che lo sfiorano, non ha mai desiderato così tanto qualcuno in vita sua. Michelle gli toglie l'anima, la stringe tra le dita, lo fa sentire vivo e lo fa fremere dalla sete che prova per lei: ha una sete di sfiorarla, baciarle ogni centimetro di pelle, farla mugolare nella sua bocca, che non capisce perché si sia precluso quei pensieri per così tanto tempo. È schiavo del suo stesso piacere che lo trascina a lei, facendolo ammattire. E le parole di Michelle sono così giuste che non potrebbero suonare meglio: potrebbe darle quello che vuole senza illuderla, potrebbe non illudersi, potrebbe guarire da quel cuore che ha spezzato con le sue stesse mani, e al tempo stesso godere del piacere che la vita gli dà con Michelle, i suoi sguardi, i suoi tocchi, i suoi baci.
-Va bene, siamo migliori amici allora. – quelle parole bastano, l'accordo è deciso, i loro baci ancora bagnati e quella voglia di stare stretti, lì, per sempre.

Michelle se ne sta nel corridoio a battere il tacco della scarpa sul pavimento, in attesa; può ancora sentire le mani di Trevor su di lei, ancora il suo respiro caldo, il suo sangue tra le dita, le sue labbra umide, la pelle sudata – tutto quello che ha sempre pensato le avrebbe portato solo disgusto e terrore è estremamente dolce e caldo nella sua mente, un pensiero piacevole in cui potersi rifugiare. Nell'arena si sentono ancora schiamazzi, tante parole, voci concitate, passi, è un casino di cui non capisce quasi nulla. Prende dalla borsetta il suo specchietto rosa, aprendolo: si sistema il rossetto sfumato sulle labbra, prova a cercarsi in quel riflesso ma le sembra ancora tutto immutato. A distoglierla da quei pensieri però ci pensa tutto quel gruppetto di pugili e stripper che la raggiunge, intonando il coro di vittoria per Trevor. Si volta a guardarli, tutti stretti tra loro, e sorride, divertita da quell'agglomerato strano venutosi a formare: prima di Trevor è sicura non siano mai stati così legati.

-Dov'è il campione?! Devo farlo sbronzare come poche cose al mondo! – si fa avanti Terence, che viene subito bloccato con due dita al petto dalla stripper dal caschetto nero.
-Calmati, biondo, è in doccia e sotto effetto di medicinali, niente alcol per lui stasera. – il giovane si esprime in una smorfia di dissenso, accettando il triste fato di dover bere di nuovo senza l'aiuto di Trevor: allora mentre lo aspettano ricominciano tutti a parlare, ancora sconvolti dall'incontro, Michelle che cova in silenzio il segreto di quei baci che le infiammano ancora la pelle. Poi Trevor esce finalmente dal bagno, sotto gli applausi e le urla di tutte quelle persone, scioccato di vederli ancora lì, tutti insieme, ad aspettarlo: come se non volessero in alcun modo essere solo di passaggio, volti da collezionare, conoscenze da perdere. Sbatte bene i tacchetti sul pavimento per vedere se riesce a reggersi sopra, e intanto sposta con una mano il mantello purpureo che gli scende morbido lungo la schiena, il torace fasciato da un corpetto non troppo stretto dello stesso colore, i pantaloni soliti e larghi viola a coprirgli le gambe lunghe e le scarpe chiuse, la medaglia d'oro attorno al collo. Sorride, accolto da tutti con gioia e dagli strilli di Fen; viene abbracciato subito da Terence, che si complimenta dell'incontro, seguito poi da Celine, Bev, David, Jamie, Malcom, Judith e Maggie, con gli altri stripper del Dawn che battono solo le mani per lui, non volendo avvicinarsi troppo al suo corpo trionfante e livido. Li raggiunge anche Michael, che accarezza la schiena del suo allievo, col viso più disteso e fiero.

-Ward, mi hai fatto venire un infarto dopo l'altro stasera.
-Puoi dire che ti faccio provare emozioni forti.
-Ah, vaffanculo! – lo ammonisce subito, facendo scoppiare a ridere tutti, per poi mandarli tutti al diavolo a divertirsi come degli svergognati. Trevor stringe in un abbraccio sfuggente il suo allenatore.
-Grazie, Michael. – e quello gli sorride, scuotendo il capo e dandogli più pacche sulla spalla.
-Che bello vederti di nuovo un uomo, Trevor. – il giovane lascia la presa, sorridendogli un'ultima volta, per poi raggiungere gli altri. Avvolge le braccia attorno alle spalle di Bev e Celine che scoppiano a ridere e lo prendono a pizzicotti sulle guance.

-Mi fareste un favore? – e le due aggrottano le sopracciglia, incuriosite e scambiandosi degli sguardi.
-Sarebbe?
-Riuscite a truccarmi un po' gli occhi, per favore? Ho paura di farmi male a quello mezzo ferito. – e le due sorridono, facendolo subito sedere e chiedendogli tutto l'occorrente, a cui lui risponde con una risata. Michael guarda i suoi allievi, uno per uno, attorno al campione della serata: ridono, lo truccano, gli fanno i complimenti, e lui risponde con timidezza e ringraziamenti a tutte quelle parole. Forse la Conquest non sarà mai la palestra più conosciuta al mondo, resterà sempre in quel buco che è Desperado, ma non può far a meno di pensare quanto non conti più che il mondo intero la conosca, quando dentro quei metri quadri è riuscito a far costruire rapporti che sconfinano il mondo stesso.

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