35. Un solo bacio

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«Che Dio mi perdoni» Sussurrò «Oggi mi è successa una cosa meravigliosa».

Sara gli baciò il dorso della mano, sentendolo tremare. La stanchezza lo stava divorando e per lei era ovvio che stesse iniziando a delirare. Una cosa meravigliosa? Lennart lo aveva seviziato. Per colpa sua, sua, sua. Sara sentì una fitta di disgusto per la propria ingenuità, chiedendosi come avesse potuto credere che un menzognero schifoso come Richard, che per vivere ingannava e uccideva, davvero non sarebbe mai entrato nel suo studio personale. Credeva che con lei si sarebbe comportato diversamente, solo perché andavano a letto insieme? Perché diceva di amarla? Beh, non era stato così. E ora Mark tremava e soffriva per colpa di quell'ingenuità.

«Ti cureremo. Ti metteremo a letto. Guarirai» Lei gli sfiorò con il pollice la guancia, di lato al taglio che la frustata di Lennart gli aveva prodotto «E poi uscirò per sempre dalla tua vita»

«No!» scattò lui, afferrandole la mano.

Sembrava spaventato, serrava la mascella sbarrando gli occhi. Delirava?

«No» Ripeté Mark «No. Mi hanno torturato per questo, ho il... il diritto. In realtà no. Non ne ho il diritto» sospirò, chiudendo gli occhi, e sembrò che stesse per mettersi a piangere «Non voglio che tu te ne vada. Non puoi lasciarmi solo»

«Ti ho portato solo guai. Lo sai»

«Non è vero»

«Sì che lo è. Ho distrutto quella pace che ti sei faticosamente costruito in tutti questi anni. Non sono una di quelle persone che... non sono come Maverick. Non ho intenzione di rovinarti quello che ti rimane. Ucciderò Lennart. Ucciderò Richard Maverick. E tu non dovrai avere paura di niente, mai più»

«Ho paura. Adesso»

«E non dovrai più quando avrò finito. Ci saranno almeno tre metri di terra su ciascuno dei tuoi problemi» lei si guardò alle spalle «Dove diavolo è finito Timothy?»

«Si starà curando le ferite prima di venire qui» spiegò Mark, poi tossì piano e fece una breve smorfia di dolore «Il fatto è che... che... io... ti ho fatto una domanda. E tu non mi hai dato una risposta»

«Quale domanda?»

«Per te sarebbe un grande problema se commettessi la cosa per cui sono stato torturato?» ripeté lui, stavolta con più convinzione.

E stavolta lei capì. Batté le palpebre, confusa. Era stato torturato e ora voleva costringersi a fare qualcosa che chiaramente non gli piaceva? Prima, quando aveva cercato di baciarlo, lui l'aveva respinta quasi con disgusto e le aveva ricordato che aveva un fidanzato. Che stava combinando adesso? Era il suo modo di ringraziarla per averlo salvato da un guaio in cui lei stessa lo aveva precipitato?
«Non devi metterti con me o roba del genere. Non ti obbliga nessuno» Gli disse

«Chiedo solo un bacio, non di stare insieme a te. Per favore» divenne così rosso in volto che la ferita parve spiccare meno sul colore della sua pelle «Ma... non mi devi niente, in realtà. Però, io... per... sapere come... lascia perdere» guardò altrove «Sono un idiota. È ovvio che...».

Lei si protese verso di lui e poggiò la fronte contro la sua, delicatamente. Sentiva il suo calore in modo attenuato, come se la sua temperatura si fosse abbassata drasticamente, e realizzò che forse stava succedendo davvero. Si ritrasse di pochi centimetri per guardarlo negli occhi.

«Non sei un idiota. Io ho abbandonato gli studi per darmi alla criminalità, tu invece sei il genio accademico, ti ricordi?».

Il tramonto colorò di rosso la stanza. I divani sembravano fatti di cinabro, adesso, il soffitto dipinto di rosa. I corpi delle persone a terra sembravano immersi nel sangue.

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