24. Una piccola rivelazione

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Subito dopo riconobbe che quel pensiero era morboso e stupido, quindi fischiò per fare avvicinare Mr. Jack e Buffette.

«Si torna verso casa!» Gridò, poi si rivolse a Sara «Ma senza fretta».

Sara spronò delicatamente il suo cavallo e lo diresse con una mano alla base del collo, facendo schioccare la lingua. Si era arrotolata le maniche della camicia e Mark non riuscì a fare a meno di ammirare gli avambracci sodi e robusti, asciutti, e il luccichio leggero della pelle sudata. Stare a cavallo non era riposante come molti "profani" credevano, ma richiedeva un uso solido e continuato dei muscoli delle gambe, degli addominali e della schiena, motivo per cui Mark aveva conosciuto ben più d'una persona che iniziava a lamentarsi della scomodità dopo neanche un'ora di cavalcata. E dire che si trattava persino di monta western, con un'ampia sella adatta al lavoro, e non di quella inglese!
Sara, invece, non si era lamentata una sola volta, sorrideva guardandosi intorno, come se il mondo intero fosse fatto di caramelle, e non richiedeva alcun aiuto per far spostare il suo cavallo. Guardava e assimilava, quasi non proferiva parola.

Annusava l'aria, come un animale, e sembrava attenta ad ogni variazione di effluvi e profumi, così come pareva che ciascuno di essi, indipendentemente se fosse il sudore della mandria o la nettarina fragranza dei fiori, la interessasse nello stesso modo.

Quando ritornarono, lei lo aiutò a togliere la bardatura ai cavalli e a riporla, infaticabile, e gli diede anche una mano a preparare da mangiare per i cani.

Rientrarono in casa e Mark fece per posare il cappello sull'appendiabiti, ma lei glielo rubò, veloce come un serpente.

«Mi avevi detto che me ne avresti fatto avere uno uguale» Lo redarguì giocosamente

«Non conosco la misura della tua testa» si difese lui, cercando di riacchiappare il cappello «Come avrei dovuto fare?»

«Me ne farai fare uno?»

«Può darsi...»

«Ma avevi detto che mi av-»

«Tanto rimani solo una settimana» la interruppe lui, burbero, riuscendo finalmente a riacchiappare l'oggetto rubato «A che ti serve?».

Sara stava per ribattere quando sentì qualcuno avvicinarsi.

«Hey! Ciao, cuginetta!» Esclamò Timothy «Che bella sorpresa!».

Al contrario di suo fratello, era diventato un po' più grasso ma sembrava più giovane, come se le rotondità avessero disteso le rughe e allontanato ogni aria di preoccupazione dal suo volto. I capelli rossi erano sempre cortissimi e ordinati, la barba ben rasata: sembrava il fratello minore di Mark, non il maggiore.

Lei lo salutò con la mano, fermando il suo tentativo di abbracciarla.

«Ciao, Tim. Che piacere vederti! Non ti aveva detto niente tuo fratello?»

«Mio fratello non parla quasi mai. Da quando papà se n'è andato è diventato muto come una tomba».
Come a dargli ragione, Mark non replicò, ma rimase immobile come una statua a guardarli dall'alto.

«Lo vedi?» Continuò Timothy «Sta sempre zitto»

«Con me parla. Non molto, devo ammetterlo, ma qualche frase la dice»

«Davvero?»

«Già»

«Beh, magari tu puoi salvarlo. Picchia sul ferro finché è caldo»

«Lo picchierò con un martello da fabbro, allora, appena ne troverò uno».

Mark rise piano e Timothy lo guardò come se fosse impazzito.

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