33. La tortura

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Mark non gridò quando Lennart gli incise una croce sul petto, una lunga linea che correva in mezzo ai pettorali fino all'ombelico e un'altra proprio sui pettorali. Era un ferita superficiale, bruciava ma non avrebbe lasciato neppure la cicatrice e lui si ritrovò a chiedersi come mai non gli era stata straziata la carne. Quella non era la tortura promessa, quella era soltanto...

Lennart estrasse dalla tasca una bustina trasparente piena di polvere e la aprì, poi ne versò il contenuto lungo i due tagli, lentamente. Mark serrò i denti: un istantaneo bruciore violento, un dolore simile a una bruciatura, gli percorse tutto il ventre, concentrato sulla ferita, come se fuoco vivo gli ardesse sul petto e sullo stomaco.

«Cristalli di ossalati di calcio» Spiegò Lennart «Alcol cetilico, capsaicina e sale. Brucerà per ore. Così continuerò a torturarti anche se dovessi assentarmi per qualche secondo...» si fece indietro, dove Mark non poteva vederlo, e iniziò a sfilargli le scarpe «In ogni caso, voglio fratturarti le dita dei piedi. È una delle cose più divertenti della tortura e ti impedirà di scappare veloce. Mi piace troppo rompere gli ossicini! Quelli piccini piccini!».

Mark si stava sforzando più che poteva di mantenere il respiro regolare, escludendo il dolore dalla propria mente.

Una volta aveva trovato, su uno dei vecchi libri di testo celtici su cui studiava magia sotto la supervisione di Paul Grimm, una tecnica per smettere di provare dolore. Non era un incantesimo particolarmente avanzato, da quello che ricordava, ma poco dopo aver iniziato a memorizzarne le istruzioni, Paul aveva chiuso di schianto il libro, intrappolandogli le dita fra le pagine.

Mark se lo rivide davanti, come se fosse lì nel passato, mentre il dolore lo straziava. Il tessuto nero della giacca ruvida del becchino rifletteva la luce del sole che si frangeva su migliaia di particelle di pulviscolo roteanti sullo sfondo scuro della vecchia soffitta.

«No!» Gli aveva detto Paul, perentorio, continuando a spingere contro la copertina del libro per impedirgli di sfilare la mano «Non è ancora il momento di imparare questo!»

«Perché?» aveva domandato Mark, confuso «È utile, no? Mi servirebbe in effetti, come quella volta che...»
«Shhh! Ho detto di no, ragazzo! Devi ancora imparare a sfruttare il dolore come catalizzatore. Se imparassi l'incantesimo obnubilante rischieresti di diventarne dipendente. Il dolore fa parte dell'esperienza di essere un Ministro Oscuro. Tutti i tuoi predecessori sono stati temprati nel dolore, in esso hanno compreso la rilevanza della sofferenza e hanno trovato il loro potere»

«Non ne farei cattivo uso... non... non lo userei affatto...»

«Sciocchezze! Lo imparerai un giorno, quando ti servirà»

«Ma potrebbe servirmi in qualunque momento»

«No! Non ti servirà finché lo dirò io!».

Solo allora Paul gli aveva lasciato andare la mano. Mark gli aveva creduto, come gli credeva quasi sempre quando si trattava di educazione magica. Sapeva che Paul mentiva sempre, ma non in quei momenti. "Non ti servirà finché non lo dirò io" aveva detto "Lo imparerai un giorno, quando ti servirà".

E ora, con una ferita sul ventre che bruciava come se ci avessero versato dentro del fuoco liquido, tutti i muscoli istintivamente tremanti, si ritrovava a dover combattere da solo per non perdere la lucidità o la dignità. E questo era solo l'inizio, a sentire Lennart!

Così Mark immaginò di trovarsi altrove, su un prato. C'erano erbe balsamiche e una brezza fresca che lo accarezzava e che, piano piano, portava via quell'insopportabile bruciore...

Un guaito disperato che proveniva da fuori lo riportò al mondo di dolore presente. Stavano prendendo i cani. Volevano ucciderli. Trattene un singhiozzo, stringendo i pugni più che poteva contro il pavimento e contrasse involontariamente i muscoli del torso, anche se in questo modo il dolore aumentò. Una serie di minuscoli rivoletti di sangue aveva iniziato a riversarsi lungo la ferita. Lennart gli spezzò il mignolo del piede con il calcio della pistola, con un solo movimento esperto. Mark non emise un solo gemito, ma un brivido gli percorse tutta la gamba.

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