13. Il rospo equivoco

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Mark si aggiustò la cravatta e prese un profondo respiro tranquillo, guardando dritto di fronte a sé. Stava sudando copiosamente nel suo completo nero, ma nessuno lo avrebbe notato più di tanto. E in ogni caso, non c'era una sola persona fra i presenti che non fosse almeno un po' umidiccia.

Il cimitero era straordinariamente gremito. Mark non sapeva se fosse perché il morto, Bret Maverick, fosse stato molto amato, molto odiato o se magari la sua famiglia fosse abbastanza ricca da poter pagare la partecipazione di tutta quella gente.

Paul Grimm gli si avvicinò da dietro e gli poggiò le dita sulla schiena

«Tutto a posto qui?» gli domandò, in un sussurro discreto

«Così pare»

«Ottimo. Mantieni la posizione» il becchino allontanò la mano e se ne andò a passettini silenziosi.

Mark era contento, perché pareva proprio che durante la veglia funebre nessuno si fosse accorto che una delle mani del signor Maverick era stata stritolata, il che significava che doveva averla messa a posto proprio bene, in modo che non si vedesse che le giunture erano rotte.

«Eccoti qui. Come hai fatto a sparire per tutto questo tempo? Stamattina ho incontrato il tuo capo e non eri neanche con lui» Sara avanzò, facendosi largo fra la folla «Sembri un altro in giacca e cravatta. Sicuro di essere Mark?»

«Signorina?» domandò il giovane McWoodland, fingendosi confuso «Non capisco? A chi sta parlando? Ci conosciamo?»

«Ma smettila!» lei gli diede un leggero pugno sul braccio, poi lo affiancò.

Rimasero in contemplazione per qualche momento, guardando il via vai della gente e il prete che prendeva posto poco lontano dal feretro.

«Ci si aspetta sempre che piova ad un funerale» Sussurrò Sara.

Per qualche motivo, Mark sentì i brividi sugli avambracci. Aveva assistito a decine e decine di funzioni funebri, aveva toccato forse un centinaio di cadaveri, ma non gli era mai capitato di rabbrividire così. Non aveva paura, neanche un po': quelli erano un altro tipo di brividi, ma non riusciva a comprenderne la natura.

«Sei fuori di testa ad aver parlato così a Richard» Continuò la ragazza, rivolgendogli poi un sorriso complice «Lo apprezzo»

«Non mi piace il tuo ragazzo» ammise Mark

«Wow. Hai detto che non ti piace qualcosa! Ti fa bene venire nei cimiteri»

«Mi fa bene davvero» Mark annuì con aria solenne

«Io devo andare, adesso. Immagino che Richard mi vorrà accanto»

«Bene, allora v...» Mark serrò le labbra.

Aveva visto un volto familiare, lontano fra il mare di altri volti. Era un uomo abbronzato, con occhiali rotondi inforcati sul naso largo, capelli corti e ordinati, vestito di un leggero completo grigio. Hector Ugalde.

Come per istinto, Mark afferrò il braccio di Sara.

«Rimani accanto a me» Le disse, con un leggero tremito nella voce

«Hey, che succede?» la ragazza aggrottò le sopracciglia «Perché non posso...»

«Ho paura. Rimani qui accanto a me»

«Paura? E di cosa?».

Mark non rispose, guardando dritto davanti a sé. Era sceso il silenzio fra la folla e il prete aveva iniziato a parlare.

«Che succede?» Insistette Sara, a voce bassissima.

Un uomo che indossava un paio di occhiali da sole neri si avvicinò a Hector Ugalde e gli disse qualcosa all'orecchio. I Maverick, madre e figlio, erano in prima fila, concentrati sulla funzione, e non potevano vederli, ma Mark vedeva tutto da dietro. Come era possibile che nessuno degli scagnozzi di Richard si fosse accorto di niente?

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