27. Le aquile

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Nel buio, Mark stava acquattato sul divano, respirando piano. Teneva tutte le luci spente e solo la luce della luna, che in quella sera era appannata da pesanti nuvoloni, penetrava all'interno del salottino.

Sentì passi leggeri sulle scale e scattò in piedi. Teneva in mano un coltello vecchio con il manico di corno e la lama ad alta percentuale di ferro, pesante e dal filo impreciso. Quel coltello era appartenuto a suo padre e a suo nonno prima di lui, al suo bisnonno, trisnonno e così via fino al capoclan Fergus che l'aveva fatto forgiare. Aveva ucciso gente, quel coltello, e sventrato animali, tagliato frutta, formaggi, carte e corde, era stato una posata per portarsi cibo alla bocca o un'arma per difendersi dai briganti, era stato pulito con perizia e con i prodotti più svariati, affilato su rocce più antiche dell'umanità stessa, e ora era stretto nel grosso pugno pallido di un ragazzo texano mezzosangue.

Mark si accostò alla porta della cucina, zitto. Dal buio emerse una figura.

«Sei venuta a chiedere il tuo tornaconto» Disse il giovane, serio «Ma non mi trovi impreparato. Ti attendevo»

«Bene» disse la figura, accendendo la luce «Perché mi voglio fare un sandwich di mezzanotte».

Mark rilassò le spalle. Sara lo guardò.

«Che cavolo ci fai nascosto in quel modo al buio? Ed è un coltello quello?»

«Sì» rispose lui, laconico

«Aspettavi qualcuno?» lei si fece sospettosa

«Ti faccio un sandwich»

«Ma tu non dormi, la notte?»

«Certo che dormo»

«E come mai stavi dietro la porta della cucina con un coltello della preistoria in mano?»

«È plenilunio. Non riesco mai a dormire, quando c'è la luna piena»

«Sei un licantropo quindi» lei sogghignò «Non ci avevo mai pensato. È una possibilità, in effetti»

«Non sono un licantropo».

Mark la osservò: lei non mostrava alcun segno di trasformazione, le sue iridi erano del consueto colore, la sua voce non era cambiata, e non sembrava stare combattendo contro l'impulso feroce della metamorfosi. Non aveva bisogno di chiederle se fosse un licantropo oppure no, adesso era certo che lei non fosse mai stata contagiata. Sollevato dalla scoperta, le preparò un sandwich con il prosciutto e la maionese e glielo servì, ma le si parò immediatamente davanti quando notò che lei stava guardando distrattamente fuori dalla finestra, facendole da schermo.

«Non farlo» Le disse

«Perché no? C'è Timothy che si aggira nudo ululando?» scherzò lei «In tal caso voglio dare un'occhiata»

«No, è...» Mark trascinò una sedia e ci si mise a cavalcioni, ostruendo la visuale della finestra «... Un'altra cosa»

«Che cosa?» Sara addentò il sandwich

«Ma non ti hanno insegnato proprio niente i tuoi genitori? Non siete irlandesi anche voi?»

«Non studiamo le cose irlandesi, Markie. Siamo in America, adesso, l'Irlanda è lontana»

«Non si deve guardare fuori dalla finestra se abiti in una fattoria, quando è notte e c'è la luna piena»
«Perché? È ridicolo»

«Devi lasciare al popolo delle colline, la sua, ehm, privacy»

«Il popolo delle colline?».

«I sidhe»

«Stai dicendo... tipo... nani, elfi, fatine? Cose così? Non credo che ce ne siano qui in America. E comunque è ridicolo»

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