Capitolo 20

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FEDERICA

Avverto il cuore battere in modo frenetico nel petto, sulle mani, attraverso le labbra che cercano di trovare le giuste parole per dirgli che il suo modo imprevedibile di agire mi fa male. Con Christian ho la costante sensazione di essere davanti un burrone e non avere mai la certezza se da lì a poco scivolerò o mi verrà tesa la mano. Però, c'è anche una parte dentro di me che piano piano prende vita; mi impedisce di mettere delle barriere tra di noi, rimanere fedele a ciò che mi impongo, averlo vicino mi fa vacillare, mi annebbia i pensieri, mi spinge a fare l'opposto ma mi fa anche provare sensazioni che non credevo neppure di possedere.
«Vieni con me» fa lui.
Aggrotto la fronte. «Dove?»
«Vieni» mi prende per mano conducendomi davanti ad una delle tante porte.
«Cosa hai intenzione di fare?» domando quando sfila dalla tasca una chiave.
Ruota il capo verso di me abbozzando un sorriso.
«Non è quello che credi» mi rassicura aprendola appena. 
La luce si accende, mi porge la mano conducendomi dentro una stanza diversa dal resto della casa. Una porta finestra coperta per metà da una tenda in velluto illumina il perimetro della camera; la luna piena ci guarda con dolcezza fatico a staccare gli occhi da essa ed io immagino quanto debba essere bello svegliarsi al mattino con questa splendida vista che da sulla piscina. Cosa ci facciamo qui?
«Qui posso sentirmi me stesso, quando chiudo la porta riesco a stare bene».
È alle mie spalle, ascolto la sua voce mentre ispeziono la sua camera. In mezzo c'è un letto matrimoniale dalle lenzuola blu notte e beige; il tenue color tortora riveste le pareti ma una di esse da colore della pece, funge da tela. Ci sono disegnate diverse forme geometriche la quale non comprendo l'origine: un albero spoglio e una clessidra, simile a quella tatuata sul fianco.
Sposto l'attenzione verso destra, una scrivania in legno ricopre quasi tutta la parete. È ordinata, gli oggetti sono posizionati perfettamente. Il Mac, le quantità di penne, innumerevoli fogli bianchi... tutti posizionati in maniera impeccabile. Contraddice, però, la lavagna superiore appesa laddove ci sono attaccati diversi disegni; vorrei avvicinarmi e osservarli meglio ma ho paura di fare la cosa sbagliata impicciandomi troppo. Purtroppo la mia immensa curiosità è concentra su questi disegni, li ha fatti lui? Anche quelli sulla parete?
Azzardo la domanda.
«Li hai fatti tu?» indico sia la parete che la scrivania.
Il suo respiro è irregolare ma controllato, ci pensa prima di rispondere e mi chiedo cosa stia elaborando in questo momento.
Sibila un: «Si» e la mia curiosità aumenta.
«Tutto quello che provo lo riporto su un foglio bianco!» dichiara in un mormorio.
Un tappeto nero copre il bianco asettico del pavimento, Christian si sposta vicino alla vetrata concedendomi il potere di stare nel suo mondo. Non so cosa voglia significare ma questo suo gesto mi rende felice e instabile al tempo stesso, forse sta cercando di farsi conoscere per quello che è veramente eliminando quel muro che mostra solitamente davanti a tutti.
Cammino lentamente verso un mobile; su di esso ci sono delle foto. Le osservo con cura. Nella prima cornice ci sono tre bambini, uno sembra Francesco e capisco che si tratta invece di Christian per via dei capelli arruffati e castani. È dolce il suo sguardo ma riesco a percepire qualcosa di diverso, nelle sue iridi così profonde, dagli altri due che lo abbracciano. Un bambino lo avvolge con un braccio, è più alto, ha più o meno la sua età e sorride all'obbiettivo mentre la bimba più piccola dai capelli biondissimi e gli occhi timidi mi ricorda Charlotte.
Mi giro verso di lui, ha le mani in tasca e si guarda intorno contraendo la mascella. È un grande gesto, lo capisco ma voglio godermi ancora un po' questo momento.
Capisco dal suo sguardo che si tratta effettivamente di loro tre: Christian, Charlotte e Carlo e mi chiedo come saranno stati questi momenti, come hanno vissuto e come sono cresciuti insieme. Era il solito Christian?
Mi sposto verso un'altra: è sempre lui da bambino ma accanto c'è una donna, sulla trentina con gli occhi grigi e il sorriso spento. È molto minuta e i capelli sono lisci e spettinati. Vorrei domandargli di chi si tratta ma preferisco evitare, si è incupito infatti piuttosto che guardare me osserva fuori dalla portafinestra in silenzio. Non voglio che si arrabbi, quindi, mi sposto sull'ultima senza pensarci troppo o soffermarmi. Questa è la più recente, sono raffigurati Francesco e Christian. Il ragazzo più incasinato che conosca tiene fra le sue braccia il suo fratellino minore, Francesco tuttavia lo stringe forte strappandomi un sorriso. Sono bellissimi da guardare, Christian sembra stranamente felice e questo mi rincuora.
Alzo la mia attenzione su una porta chiusa ma evito di aprirla o chiedere, così mi volto verso l'ultima parte della stanza dove si rivela una cabina armadio, più spaziosa della mia e con troppe luci calde che annebbiano la vista.
Ritornando da lui sul comodino accanto ad letto scruto un taccuino in pelle nera accanto all'abat-jour; c'è una scritta in bianco sopra ma non riesco a leggerla.
«Cosa significa questo?» borbotto mordendomi le labbra.
«Volevo farmi perdonare, sei la prima persona che entra qui, nessuno conosce questa stanza e questo...» indica i disegni.
«Neanche Luana?» azzardo alzando le sopracciglia.
Sospira scuotendo la testa. «Neanche lei».
«Dove sono i libri che leggi?»
«Hanno una propria postazione»
«E anche lì non ci è entrato nessuno?»
Annuisce.
«Perché nascondere quello che sai fare meglio agli altri?»
«Perché se dimostri, poi si aspettano da te grandi cose, non puoi deluderli e inoltre non mi piace che gli altri sappiano gli affari miei.»
«Christian sono bellissimi, non credevo che...»
«Sapessi fare qualcosa "bene"?» mi provoca, ma so che lo fa per proteggersi.
Si protegge sempre da tutto e tutti.
Mi avvicino a lui, fermandomi a pochi centimetri dal suo petto imponente, osservo il respiro, dopodiché, poggio le mani sulla stoffa della camicia, da qui intravedo la pelle abbronzata, avverto il suo battito. Con i polpastrelli accarezzo il suo corpo fino ad arrivare alle spalle, il collo, le scapole, gli avambracci; socchiude le palpebre schiudendo le labbra mordendole appena lasciandosi sfuggire un gemito.
«Grazie» mormoro.
«Non so quanto possa essere rilevante ma il fatto che questa sia una tua prima volta, rende questo momento ancora più importante per me» continuo alzandomi sulle punte per arrivare quasi al suo viso.
Mi attira a se avvolgendo il mio corpo al suo, le sue braccia mi stringono in vita, il suo odore si impregna nelle mie narici, mi sento ancora una volta ubriaca, ma di lui. È lui che mi causa tutto questo.
«Posso chiederti di rimanere con me questa notte?» le sue parole sono un sussurro.
Sciolgo l'abbraccio guardando i suoi occhi verdi che richiamano il colore di una foresta, quelle venature di verde scuro mi rendono preda del suo sguardo.
«Prometto che non succederà nulla, ho solo bisogno di te» i suoi occhi sembrano speranzosi e la richiesta mi ricorda ancora una volta una supplica.
«Non posso» dico in un lamento.
Vorrei rimanere qui, ma non posso permettermi di lasciarmi andare ancora così velocemente, dormire con lui comporterebbe un rischio troppo grande per quello che il mio corpo avverte quando mi sta accanto. Sento che se mi stesse troppo vicino potrei non riuscire più a colmare il vuoto se andasse via o mi farebbe ancora male, inoltre, cosa direi a mia madre? Devo tornare a casa.
«Anche Charlotte rimane qui» fa lui alzando un sopracciglio.
«Non ho niente da mettere per dormire»
«Ci sono sempre i miei vestiti» propone.
Sospiro e mi guardo intorno con la consapevolezza che andare via è l'ultima cosa che vorrei, tuttavia, il suo sguardo mi fa perdere ogni forma razionale che il mio cervello crea. Inoltre, non riesco a non pensare al gesto che questa sera ha fatto, mostrarmi una piccola parte di lui che nessuno conosce, si fida così tanto di me? Mi chiedo perché lo abbia fatto con me ma pur non avendo una risposta percepisco il mio corpo accendersi per quello che sto provando; vorrei conoscere di più la sua passione per il disegno, vorrei fargli più domande su come sia nata o su cosa ha imparato, vorrei vedere qualche suo lavoro e chiedere i significati di quelli che ci sono alle parete poiché alcuni di essi sono collocati anche sotto forma di tatuaggio.
«Va bene», acconsento, «ma non accadrà nulla» lo avverto.
Mette la mano sul cuore come se lo promettesse e sfoggia un sorriso tutto denti che provoca in me un abbozzo difficile da trattenere. 
«Prendo una maglia pulita» si stacca dirigendosi verso la cabina armadio.
«Chri, aspetta» faccio impulsivamente.
Si volta verso di me aspettando che parli con aria perplessa.
«Posso indossare anche questa» indico la sua camicia.
«Sicura? Non ci metto nulla a prenderne una pulita»
Scuoto la testa con l'imbarazzo che mi colora le guance mentre il suo sorriso diventa più ampio. Inizia a sbottonarla lentamente e guardarlo mi risulta una tortura; seguo i movimenti lenti e anche lui si accorge di questo mio malessere ma continua a farlo adesso fissandomi.
La sfila facendo guizzare i muscoli del petto, nel porgermela non riesco a non fissare il suo torace definito, sono imbambolata nel guardare la sua pelle ambrata e i lineamenti del suo addome definiti senza peluria, l'unica parte in cui si intravede è dall'ombelico perdendosi poi sotto i pantaloni.
Mi incalza nel prenderla e infatti la afferro forse troppo tardi facendo sì che le mie guance prendano del tutto fuoco.
«Dove posso indossarla?»
«Qui» dice in un ghigno.
Lo guardo di traverso mentre a lui spuntano delle fossette all'angolo della bocca. Fisso il suo pomo d'adamo andare su e giù, mentre mi indica la porta del bagno. Mi avvio verso quella porta che non avevo aperto ne chiesto cosa ci fosse dentro e in un sospiro lo ringrazio cercando di mantenere il controllo di me stessa; mi ci rifugio dentro scoprendo sia lo stesso bagno di prima. Non mi ero accorta ci fosse un'altra uscita. Tuttavia, penso a quanto questa serata stia avendo dei riscontri piuttosto singolari, ma sembra concludersi in modo tutt'altro che pessimo. La mia paura è però indirizzata a quello che accadrà al nostro risveglio, sarà il Christian di adesso o lo stesso di sempre? Levo le scarpe e il vestito, prima di indossare la camicia inalo il suo odore buono, il suo odore di muschio e ammorbidente alla vaniglia.
È una miscela che rende il tutto ancora più unico e inebriante, un mix inconfondibile che lo rende singolare anche in questo. La infilo abbottonandola con lentezza, mi sta tre volte più grande. Giro le maniche fino al gomito perché mi copre persino le mani, tuttavia, mi arriva a metà coscia, quindi, non rischio che si possa vedere qualcosa, dopodiché, lavo il volto cercando di sistemare anche i capelli e calmare le mille sensazioni che il mio corpo riceve.
Uscendo trovo Christian in boxer, la sua naturalezza nell'essere seminudo è del tutto irrilevante ai suoi occhi.
Sentendo i passi si volta nella mia direzione facendomi rimanere intontita su quello che volevo dire.
«Come è possibile che i miei vestiti stiano meglio a te che a me?» commenta mordendosi le labbra.
Arrossisco violentemente ancora una volta.
Il batticuore aumenta e credo di non essermi mai sentita così nervosa in vita mia, non so cosa mi causa ma questa sensazione è un flusso di adrenalina e timore, felicità e ansia. Mi avvio verso di lui sedendomi sulla parte destra del letto, è morbido; le lenzuola sembrano accarezzare le mie cosce nude.
Christian fa lo stesso ma continua a osservarmi con occhi attenti e diversi dal solito, tuttavia, le sue fossette si fanno più pronunciate a mano a mano che il sorriso diventa più ampio.
«Perché ridi?»
«È strano averti qui e non sentirti urlare quanto mi odi» ridacchia ma la risata non arriva fino agli occhi.
«Io non ti odio, è un sentimento troppo forte per provarlo verso qualsiasi persona» dico sinceramente.
Aggrotta la fronte come se pensasse alle mie parole e si facesse un'idea, porta una mano al mento e arriccia il naso magro e a punta. La pensa anche lui così?
«Michael ti piace?» mi fa improvvisamente.
Sospiro.
Voglio essere sincera con lui, sembra che questa domanda lo tormenti ma non so se sia per i suoi conflitti con lui o per me.
«È molto gentile e simpatico»
«Non hai risposto alla mia domanda, sai cosa intendo» bofonchia.
Mi alzo facendo il giro del letto; il suo sguardo mi segue finché non sono davanti al suo viso pensieroso. Mi posiziono fra le sue gambe e poggio le mani sulle sue spalle.
«No, Chri. Non provo nulla per lui» sentenzio cercando di avere un tono rassicurante.
I suoi occhi esprimono una luce diversa dal solito, sono desiderosi ma allo stesso tempo gentili; le sue mani mi carezzano le gambe nude. Istintivamente mi inclino verso la sua bocca, ho voglia di baciarlo dall'ultima volta che le sue labbra carnose hanno assaporato le mie, ho sognato questo momento per giorni. I nostri nasi si sfiorano e i respiri sono improvvisamente corti perdendosi l'uno nell'altro. È inutile non ammettere che io e lui non potremmo mai essere soltanto amici.
Socchiude gli occhi attirandomi a sé; traccio la sua pelle fino ad arrivare alle guance, i polpastrelli avvertono la morbidezza della sua pelle fino ad avvertire il viso appena ispido per via della barba tagliata. Alza il capo verso la mia bocca, io in tutta risposta poggio le mie labbra sulle sue avvertendo subito un fremito inondare il mio corpo. La sua bocca è calda, le nostre lingue vanno all'unisono e penso che non riuscirò a fermarmi. Il bacio inizialmente sembra lento e dolce ma ben presto si fa passionale e desideroso.
Metto un ginocchio sul materasso e Christian mi aiuta a salire a cavalcioni su di lui, scoprendo ancora di più le gambe, preme le mani sulla schiena facendo pressione sul pomice. Scorro i polpastrelli fra i suoi capelli castani strattonandoli lentamente ad ogni respiro.
«Fe» geme sulla mia bocca.
Mi stringe di più a sé, dentro di me so che questo momento  non durerà in eterno ma adesso non riesco a staccarmi da lui, ma soprattutto, non voglio farlo.
Succhia il mio labbro inferiore strappandomi un ansito, sussurro il suo nome mentre  mi lascia una scia di baci sul collo e avverto la sua eccitazione premermi contro la coscia.
Si alza improvvisamente trattenendomi ancora fra le sue braccia e poggiandomi delicatamente sul letto. Sorrido timidamente ma la mia estasi mi impedisce di vergognarmi di questo momento. Attiro ancora una volta il suo corpo al mio, con le unghie traccio lentamente la sua schiena nuda sentendo i suoi muscoli guizzare sotto il mio tocco. Mi lascia qualche bacio bagnato sulle clavicole per poi ritornare con la bocca tumida a baciarmi la bocca.
Voglio di più ma non so come dirglielo, non sembro io, forse l'alcol che ho ancora in circolo mi consente di sentirmi a mio agio e di non pensare alle conseguenze.
«Ehi» sibila sorridendo sulle mie labbra.
Giro la testa di lato staccandomi leggermente guardando meglio il suo volto da qui, i suoi lineamenti sono sempre meravigliosamente perfetti. Le guance magre, il naso lungo e a punta, le ciglia solcano il verde smeraldo dei suoi occhi e le sopracciglia folte ma curate gli danno un'aspetto irresistibile. Con le dita sfioro il suo tatuaggio della piccola rosa sul collo sentendo sotto il mio contatto una cicatrice.
Non sembra farci molto caso. Mi osserva, invece, leccandosi le labbra ancora tumide e gonfie per via del bacio.
«Credo che dovremmo fermarci» fa fissandomi il seno attraverso la stoffa della camicia.
Aggrotto la fronte sentendomi improvvisamente a disagio, perché vuole fermarsi? Forse non sono abbastanza? Si è pentito di avermi baciato? Ho sbagliato a fare qualcosa?
Sospiro e mi scosto sentendomi improvvisamente una sensazione di inadeguatezza volersi fare strada dentro di me.
Con la mano mi sfiora la guancia calda e arrossata, mormorando: «Fede».
Ruoto il capo guardando fuori dalla vetrata, la luna ci osserva lieta e mi irrigidisco al suo contatto. Non voglio ricevere un'altra cattiveria.
«Non voglio che te la prendi, voglio solo che tu sia pronta davvero a questo» mi rassicura dolcemente.
«Ma...» inizio.
Lo fisso negli occhi mentre alcuni ciuffi castani gli ricadono sulla fronte, abbasso lo sguardo sulle mie cosce nude che stringono il suo ventre liscio e definito.
«Sei ubriaca ancora, non voglio che ti penti di qualcosa, non voglio affrettare nulla e Fede... non sai quanto vorrei...» non conclude la frase.
Solo adesso — che il silenzio incombe nella stanza — mi accorgo che la musica non si sente più. Mi alzo in piedi avendo ancora il suo volto scrutatore davanti alla faccia.
Devo inviare un messaggio a mia madre e dirle che dormo da Charlotte, mentire sta diventando troppo semplice ma se venisse a scoprire che ho passato la notte con Christian probabilmente mi rinchiuderebbe in casa per il resto della mia vita.
Vado a prendere il mio cellulare poggiato sulla sedia davanti alla scrivania insieme ai miei vestiti, sono le quattro del mattino. È già così tardi?
Le scrivo un veloce messaggio cercando di non far trapelare le mie menzogne, dopodiché, con passo lento mi ritorno a sedere sul letto.
«Ti sei arrabbiata?» domanda quasi con timore.
Non sono arrabbiata con lui ma forse mi sento un po' delusa dal mio comportamento, non stiamo neanche insieme e non ho la certezza che domani mi rivolgerà la parola; come posso pensare di fare qualcosa di così importante con lui?
«No» mormoro.
«È la tua prima volta, giusto?»
Annuisco.
«Non voglio rovinare le cose, Fede. Di solito le ragazze che frequento hanno perso la verginità già da un po'» sentenzia facendomi avvertire un peso.
Ovviamente ci altre ragazze nella sua vita, non posso permettermi di pensare che sia così importante e non posso fare qualcosa di così importante con lui che da un momento all'altro potrebbe cambiare umore e modo di agire.
Inalo a lungo, come posso sostenere il paragone? Io non ho esperienza, cosa posso dargli? Quelle ragazze sanno come far sentire un ragazzo, io non ne ho la minima idea.
«Bene» rispondo con tono distaccato.
Sbuffa rumorosamente: «Sbaglio sempre vero?»
«No, ho solo paura di non essere quello che vuoi»
Corruga la fronte e scatta in piedi notando quando la mia insicurezza mi blocchi e mi faccia paura.
«No!» Dichiara avviandosi da me.
«Non hai idea di quanto io ti desideri, cazzo... è così assurdo che nessuno ci abbia mia provato» sembra incredulo.
«Ero invisibile» mormoro.
«Non potrai mai essere invisibile agli occhi di nessuno» afferma sedendosi accanto a me.
«Perché ti sottovaluti?»
Da quando è premuroso nei miei riguardi? Non rispondo perché non so come replicare.
«Sei bellissima e...» si sofferma a osservarmi.
«Non devi mai vergognarti di te stessa, soprattutto con me» bisbiglia facendomi sciogliere del tutto.
Ci sa fare, davvero, penso.
La mia mente mi suggerisce di non credere alle sue parole poiché potrebbe riservarle a tutte, ma scaccio via l'idea, non voglio pensarci, tuttavia, avverto calore sulle guance e sul corpo ma lui mi induce a coricarci ma non prima di avermi stampato un bacio sulla fronte. Così intimo come gesto, penso.
Entro anch'io sotto le lenzuola fresche e profumate, spegne l'abat-jour e improvvisamente la stanza cade nel buio, l'unica cosa che si sente sono i nostri respiri e la luna colore le lenzuola. Una mano scivola sul mio bacino attivandomi l'attimo dopo a sé; la schiena finisce contro il suo torace sodo e muscoloso, deglutisco a vuoto ma mi calmo quando mi sfiora i capelli col naso inalando a lungo.
«Buonanotte, piccola» sibila lasciandomi un bacio fra i capelli.
«'Notte».
Questo nomignolo mi piace come suona sulle sue labbra, è come se fosse una carezza. Mi addormento così... accoccolata a lui e con la testa confusa. Più confusa che mai ma comunque con un pizzico di felicità nel cuore.

La Forma del DestinoWhere stories live. Discover now