Capitolo 1

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Premessa: Prima di iniziare a narrare la storia volevo dire che in quanto protetta da copyright © e in possesso di tutti i diritti riservati, il plagio o una qualsiasi appropriazione della storia è punibile penalmente, in quanto il plagio è considerato reato.
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FEDERICA

La casa è inondata dal profumo di lavanda del bucato che la mamma ha appena fatto e dalla finestra si vede il piccolo giardino colorato di verde, gli alberi ondeggiano di qua e di là per via di questa giornata piovosa. Anche il piccolo spazio dove sono piantate i tulipani della mamma stanno ormai appassendo, non li guarda più come una volta, adesso è troppo concentrata su Marco, il mio fratellino di due anni, che piange sempre. Il cielo è ingombro di nuvole adesso bianche adesso grigie. Mi sento triste quando in estate ci sono queste giornate ma Elis, la mia zia dice sempre di chiudere gli occhi e sognare quello che ci piace di più; è così che riusciamo a far passare la tristezza anche quando la notte viene papà e bussa forte, urlando forte chiudo gli occhi e sogno, sogno tanto. Sogno una vita piena di sole e colori con la mamma felice.

Scuoto la testa per scacciare questo pensiero, non pensavo che questo giorno potesse arrivare davvero. Sì, l'ho sognato e sperato per tanto tempo ma non pensavo che avrei davvero detto addio alla mia casa e alla mia amica.
Mia madre mi passa accanto con i capelli tutti aggrovigliati e l'aria stanca.
«Dai Federica, prendi le tue cose dobbiamo andare» borbotta in preda alla collera mentre si muove avanti e indietro per il salotto.
Le sue scarpe cigolano sul parquet scheggiato mentre si dimena parlando al telefono con quelli del trasloco. È bella ma troppo rigida, con se stessa. Ormai ha detto addio a tutti i pianti o sentimenti possibili. Tanti cubetti di ghiaccio hanno incastonato il suo cuore rendendolo impuro. Non so se sono pronta, ma non ho voce in capitolo, quindi, mi attengo a seguire le regole e sopprimere questo senso di terrore che mi attanaglia il petto. Deglutisco e rimango immobile con la valigia fra le mani mentre scruto e osservo la mia casa per l'ultima volta. Ogni parte di questa casa ha un ricordo, non sempre positivo ma è pur sempre la mia casa. È buio, partiamo quando nessuno ci può vedere, come dei veri ladri. Spero che questa sia l'ultima volta che scappiamo da qualcosa o da qualcuno.
«Sei pronta?» mi domanda Marco spuntando con la sua testolina castana davanti ai miei occhi.
Gli rivolgo un sorriso timido ma allo stesso tempo malinconico, sperando che almeno lui sia felice di questa scelta. Marco storce le labbra e mi stringe in un forte abbraccio. Accarezzo la sua testolina e sospiro pienamente cercando di convincermi che questa è la scelta migliore per noi, che andare a vivere a Roma nel quartiere di Elis sia quello che ho sempre desiderato.
«Faccio un giro della casa e arrivo» sussurro a Marco mentre mia mamma riaggancia esasperata.
Percorro il corridoio arrivando alla mia camera, scosto la porta e mi guardo intorno. Le pareti chiare riempite di foto ormai vuota, riaffiorano i momenti con Jessica a guardare film e leggere romanzi rosa, la mia migliore amica mi marcherà molto. Mi avvicino al letto, mi siedo e accarezzo le lenzuola lilla lasciate qui per i nuovi proprietari. Lo specchio appeso alla parete riprende la mia sagola; i capelli raccolti e i vestiti sgualciti danno l'idea di quello che provo adesso. Sono felice di cambiare vita, ma non così all'improvviso. Ho paura che la mia routine venga stravolta, ho vissuto la mia "felice" monotonia per quattro anni e uno sgarro di papà ha fatto impazzire la mamma, che non biasimo, ma che ci trascina nel suo mondo di insicurezze creando a noi non solo le nostre ma anche le sue.
«Vieni» mi chiama.
Tiro un sospiro e mi lascio andare, squadro un'ultima volta la camera dopodiché mi avvio alla porta, prima di chiuderla però mi tengo bene impressa la sua immagine. È silenziosa, come se avesse smesso di urlare. Sento silenzio e vuoto. Il salotto mi guarda e mi da il suo ultimo addio, mi giro e davanti ai miei occhi appare Jessica con la sua solita aria da: nulla mi può sconfiggere.
I suoi occhi però la ingannano quando mi abbraccia e cerca di trattenersi finché probabilmente non sarò andata via.
«Che ci fai qui? È tardissimo».
«Fede, non mi dimenticare!» dichiara lei continuando a stringermi.
«Come potrei mai farlo?» mormoro tra le lacrime che scorrono improvvisamente copiose sul viso.
«Ti voglio bene», dice prima di liberarsi ed estrarre un libro dal suo mini zaino di cuoio.
Mi regala Non lasciarmi di Kazuo Ishiguro, uno dei libri che avevamo nella nostra lista di: "Libri da leggere prima del diploma".
«Appena lo leggi, diamo inizio ai commenti» esordisce speranzosa, ripetendo lo stesso mantra di rito di quando ci regaliamo qualche libro.
Annuisco e mia madre mi ricorda che dobbiamo andare. La stringo un'ultima volta e corro in macchina, abbracciando per tutta la durata del viaggio il libro al petto.
Oscar Wilde diceva che amare se stessi è l'inizio di una storia d'amore lunga tutta la vita. Ma a mio modesto parere è una gran cazzata. Si, perché siamo in continua lotta con noi stessi, non ci amiamo mai davvero, siamo programmati per amare gli altri e speriamo costantemente che qualcuno provi lo stesso per noi. Ci siamo mai soffermati davvero ad amare noi stessi? Ci siamo mai soffermati alle nostre esigenze, invece, di annullarci per gli altri? Tuttavia, non ho mai neanche tollerato la filosofia che ti induce a credere che l'amore possa risolvere tutto; forse perché un'amore non l'ho mai vissuto ma sono consapevole che forse è tutta una bugia. Ho la prova di un'amore fallito, quello dei miei genitori perché non è vero che "l'amore" supera tutto. Forse quello che cerchiamo è solo un posto in cui stare bene o qualcuno con cui stare bene in un posto? Non lo so, so solo che quello che vorrei è un luogo dove andare quando il mondo mi si restringe attorno, ho sempre sognato di potermi sentire libera ma allo stesso tempo protetta. Come se qualcuno per una volta scegliesse me, invece di qualsiasi altra persona. Mi chiedo perché proprio io, però delle volte penso perché non io. La vita è particolarmente singolare e ci mette molte volte davanti a degli ostacoli che andando avanti si rivelano essere coloro che in qualche modo ci fanno cambiare, ci fanno crescere, e perché no, magari migliorano la nostra vita. La giusta dose per essere felici, non è la felicità assoluta ma avere qualcuno che delle volte ci ricordi che siamo importanti non per tutti ma per loro, ma forse tutti questi pensieri sono solo speranze fini a se stessi, dopotutto non viviamo in un sogno o in uno di questi libri che amo tanto catapultarmici dentro. Vorrei però che il mio mondo delle volte mi concedesse un silenzio, non quei silenzi assordanti, a cui sono abituata, ma uno di quei silenzi che non hanno bisogno di altro, non hanno bisogno di essere riempiti. La mia vita oggi cambierà, è inevitabile, andiamo verso una meta diversa dal solito. La mamma, Marco ed io corriamo verso ciò che fin da piccola avevo sognato: un posto colorato, diverso, nuovo e sconosciuto.
I paesaggi scorrono dal vetro del treno, ricordandomi quello che ho lasciato alle mie spalle, il mio passato. Sono pronta a questo, anche se ho una paura fottuta. Non credo che troverò qualcuno come Jessica che possa starmi vicino. Non sono neanche lontanamente interessante agli occhi degli altri, anzi, molte volte mi domando come io faccia ad essere così invisibile, ma devo dire che questo ha anche i suoi vantaggi. Niente drammi, niente casini, niente di niente. Le lunghe ore del viaggio mi fanno riflettere molto, ma non mi fanno concentrare su altro che questi pensieri. Sono felice ma non riesco appieno a godermi quello che provo, forse sento che la paura è più grande. Fisso il mio nuovo regalo da diverse ore, non riuscendo a leggere però neanche una pagina. Mi guardo attorno in attesa che questo inferno possa finire, amo viaggiare, ma le troppe ore mi destabilizzano, non riesco a sentire più il corpo. 11 ore mi hanno reso inevitabilmente esausta. Il cielo mi guarda speranzoso e il sole colpisce il mio volto facendo rilassare un po' i nervi, è mattino, siamo quasi arrivati.
«Quanto manca?» Si lamenta ancora il mio ometto.
Mia madre dal canto suo, smette di parlare con una donna dallo sguardo altezzoso, rivolge a mio fratello un'occhiataccia ed infine una risposta non degna di nota perché Marco sbuffa e ritorna ad appoggiarsi alla mia spalla. Osservare la gente senza sentire le loro parole mi impegna il tempo, facendomi creare dei dialoghi tutti miei. Ed Sheeran mi ricorda quanto è doloroso l'amore facendomi pensare a Liam, l'unica cotta mai avuta. Tuttavia, cerco di non dilaniarmi su di lui e sulla vita, anche perché probabilmente non lo rivedrò più, così percorro il dialogo di un'uomo e una donna fuori dalla nostra cabina, cercando di scacciare i pensieri, a parlare animatamente davanti al vetro.
«Secondo te stanno insieme?» domando a Marco, togliendo una cuffia.
«Secondo me lui è un signore che vuole rapire quella donna e lei lo minaccia di chiamare la polizia» mi volto verso di lui con la fronte aggrottata.
«Hai troppa fantasia» dico.
«Tu invece no, pensi sempre a quelle cose delle ragazze e a Liam!»
Lo guardo di traverso dandogli una pacca sulla spalla.
«Aia» urla.
«Allora stai zitto» lo rimprovero ritornando a guardare fuori dal vetro.
«Ma tu pensi sempre a Liam... Liam di qua, Liam di là» risponde con tono cantilenante, facendomi innervosire ancora.
«Smettila!» Strillo zittendolo.
La mamma adesso ci guarda torvi, e rimprovera me per entrambi. Non sopporto quando si comporta così, lei non è quella di sempre. Le sue paure e paranoie si sono ampliate dopo la separazione facendo precipitare la sua spensieratezza. Non biasimo le sue scelte, ha cercato sempre di proteggerci ma per un istante vorrei smettere di scappare, avere paura o semplicemente sentire questo vortice che mi divora e i suoi modi altezzosi non mi aiutano affatto. Vorrei che ritornasse quella premurosa di una volta e non fosse troppo apprensiva nei nostri confronti.
Quando finalmente scendiamo ho due valigie pesanti e Marco che mi stringe per la troppa gente che c'è in stazione; anche io mi sento catapultata in questo mondo nuovo e questo via vai di persone mi mette confusione ma cerco di non dimostrarlo stemperando l'aria con qualche battutina sarcastica.
Qualche attimo dopo intravedo la testa rossa di Elis che corre raggiante verso di noi, seguita da Adam, suo marito. Sono felice di vederla, dopo il suo trasferimento di tre anni fa non sono riuscita più ad incontrarla e mi mancava molto; i convenevoli però lasciano appena lo spazio per far aprir bocca a Sara Abate, nonché mia madre, per farla iniziare a lamentarsi.
Prende a camminare con Adam e Elis che le stanno appena al passo mentre io cerco di non perdermi nella stazione di Roma, con un bambino di sei anni appiccicato addosso e due valigie alquanto pesanti.
Benvenuta Federica alla tua nuova vita.

La Forma del DestinoWhere stories live. Discover now