Capitolo 54

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FEDERICA

Ho aspettato mesi e poi giorni e ho pensato a come sarebbe stato sentire la sveglia del primo giorno, aver voglia di alzarmi o voler rimanere a dormire?
Questo pensiero è passato in secondo piano da quando queste ultime settimane d'estate hanno stravolto la mia vita rendendola completamente diversa, cambiandomi in modo radicale e facendomi provare l'essenza dell'amore, che ancora non ha un nome, o meglio, il nome è anche piuttosto chiaro ma ancora non riesco appieno a capire se lui abbia voglia di avermi nella sua vita in quel modo, nel modo che neanche riesco a dire o scrivere e delle volte pensare. Come sarà questo primo giorno di scuola? Me lo chiedo da quando ho messo piede in questa città meravigliosa, in quest'arte a cielo aperto. Ma adesso più di ogni altra cosa, mi chiedo: sarà diverso? Cambierà?
Dopo sabato e dopo il nostro ballo, molte persone mi puntavano come se avessi qualcosa attaccata alla faccia o fossimo già al primo giorno di scuola dove tutti ti etichettano come "la nuova", eppure, questo è successo dopo che Christian ha dato attenzione a me, a me soltanto. Ho le palpitazioni, mia madre continua a chiamarmi per fare colazione e il telefono vibra perché Carlo, probabilmente si rifiuta di accompagnarci a scuola oppure la mia più cara amica avrà ancora qualche dubbio su Ted, però non può parlarne con il resto del gruppo perché "Carlo non deve sapere di quello che è successo con lui". Ad ogni modo quello che vorrei adesso, caro diario è camminare scalza sulla sabbia e osservare il mare, passeggiare per ore ed ore e poi scriverti, perché io e te non ci sentiamo da tanto e dovrei raccontarti tante cose, tante cose di me e Christian e della mia nuova amica Charlotte. Se torno indietro tra le pagine leggo il nome di "Jessica" eppure non la sento più da così tanto tempo, sembra passato un'infinità da quella vecchia me che ti scriveva di qualcuno che neanche la considerava. Non sapevo che si potessero provare tali sensazioni e emozioni, ma per riassumerti tutto e farla breve, prima di andare a scuola e non farmi uccidere da mia madre: Christian è pura arte, pura emozione. Lui è quel qualcosa in più che mi fa sentire viva. Lui va oltre ogni mio limite, mi insegna come si superano i limiti, un po' come quando si insegna ai bimbi a non aver paura di andare in bici e pedalare per non cadere e rimanere in equilibrio. Lui riesce a farmi stare in equilibrio tra le mie paure.
«Federica» lo squittio di mia madre mi fa intuire che sarà qui tra pochi istanti, così, mi alzo velocemente a sedere nascondendo sotto il letto il piccolo quaderno magenta, dopodiché, infilo gli stivaletti e spalanco la porta ritrovandola con il pugno serrato pronta a bussare.
«Ma buongiorno» cinguetto con noncuranza, stampandole un bacio sulla guancia precipitandomi subito dopo di sotto.
«Devi mangiare prima di uscire!» Esclama seguendomi.
Appena arrivata in cucina, raccolgo due fette di pane tostato e bevo un lungo sorso di latte, per poi ritornare di sopra.
«Fatto» urlo mentre lei è intenta a sistemare la busta del pranzo a Marco nello zaino.
«Federica, mi fai impazzire» strilla spazientita.
«Ti voglio bene anch'io» le grido di rimando prima di sparire dalla sua vista.
Mi chiudo in camera addentando il pane caldo, dopodiché, sistemo i capelli in uno chignon alto con qualche ciocca sciolta sul viso, infilo un top chiaro e cambio i jeans, mettendoli neri. Applico del mascara e del lucido, dopodiché, mando un messaggio a Charlotte; la sua risposta è immediata:

Charlotte:
Ti aspetto davanti la fermata.

Afferro lo zaino e scendendo di sotto saluto prima mia madre e poi Marco, chiudendomi la porta alle spalle. Mi mancava questa routine e oggi inizierà una nuova, rispetto a quella che avevo precedentemente. Ora ho Charlotte, sono in una grande città, mi sento diversa, e poi, c'è chi mi ha cambiata del tutto: Chris.
Ad ogni passo osservo gli alberi cominciare a far percepire che l'estate stia finendo, l'aria è già un po' più fredda del solito, mi attraversa facendomi provare una sensazione divina, inalo a lungo prendendomi il tempo prima di fare il salto, prima di far cominciare questa giornata. Mi sento come sull'orlo di un precipizio, l'ansia si annoda al petto e non so se quando farò il salto avrò qualcosa che mi impedirà di farmi male, o se alla fine della corsa ci sarà qualcosa o qualcuno che mi salverà. Vorrei che questo nuovo inizio fosse un inizio per tutto, Christian sta cambiando con me ma rimane comunque della sua idea che l'amore sia un sentimento che non riesce a provare. Allora la mia mente continua a chiedermi: come può non amare se ogni aspetto di lui: parole, gesti, la sua arte è la chiara essenza dell'amore?
Chris è un enigma, che non so risolvere, ho le istruzioni sotto agli occhi e non so leggerle. Lui mi chiede di non capirlo, non provarci neanche e allora come farò a sapere cosa gli passa per la testa? Cosa significa quello che fa se non devo provare a capire? Lascio andare un sospiro violento, scuoto la testa perché ancora non è neanche iniziata la mattinata e già sento un dolore alla testa.
«Ehi, piuttosto che pensare alle nuvole... muoviti se non vogliamo perdere il bus» sento una voce familiare farsi strada nei pensieri, mi guardo intorno come se mi fossi appena svegliata e Charlotte mi indica con la mano il bus che si sta fermando.
«Oh cazzo» urlo attraversando la strada correndo.
Guardo l'autista visibilmente irritato, con un pizzico di divertimento negli occhi mentre col fiatone salto sul bus, avvertendo il cuore andare all'impazzata.
«Signorina la prossima volta si alzi qualche minuto prima e quando cammina non pensi alle favole» commenta l'uomo partendo velocemente.
Mi tengo dall'asta per non cascare, vorrei replicare ma rimango in silenzio dopo aver notato i presenti fissarmi indiscreti e seriosi. Cominciamo bene!
La mia amica ridacchia e mi indica di sedermi accanto a lei.
«Smettila di ridere» la ammonisco in evidente imbarazzo.
Sento le guance in fiamme e scuoto la testa guardando fuori dal finestrino.
«Sei nervosa per il nuovo inizio?» Mi domanda retoricamente dandomi una leggera spallata.
Sospiro, le volgo un'occhiata e poi ritorno a guardare fuori. «Un po'!» ammetto.
«Ci sono io, tranquilla» mi rassicura poggiando la testa sulla mia spalla.
«Non siamo in classe insieme» gli faccio notare mettendo il broncio.
«Ci sono le gamelle e stecco con te, non ti preoccupare» mi rassicura ancora.
Annuisco pensando che comunque con i miei amici, non sarà molto difficile affrontare le cose. Mi chiedo se riuscirò a ritagliarmi del tempo con loro, e come sarà vivere in una scuola come il Mamiani.
«Mi ricordi gli indirizzi che fanno gli altri e com'è suddivisa la scuola?» Chiedo per l'ennesima volta sentendo il nervosismo diventare sempre più grande.
«Allora al primo piano c'è il classico, quindi, ci siamo noi: Fabiana e Camilla, stecco,  Gabriele colui che osserva ma non parla, tu ed io!» Mi spiega con calma, «poi al piano di sopra scientifico, quindi: Carlo, Chris, Ted e Michael e i loro amici che probabilmente non ricorderai i nomi» conta con le dita cercando di ricordare tutti, «ed infine linguistico al terzo piano: Emilia, Luana, Mara e le ragazze che hai conosciuto al mare».
Cerco di ricordare annuendo meccanicamente mentre il mio cervello tenta di non andare in corto circuito.
«Tutto chiaro?» Mi domanda vedendomi probabilmente perplessa.
«Dovrai ricordarmeli qualche altra volta» ridacchio.
Non sapevo ci potesse essere una scuola con così tanti indirizzi, ma questa scelta mi piace, mi fa sentire più vicina ai miei amici e a lui.
Continua a spiegarmi tutte le sale della scuola e com'è suddivisa, tuttavia scuote la testa quando le chiedo le stesse cose da ormai dieci minuti e poi domanda:
«Sai già chi avrai questa mattina?»
«Stecco mi parlava di una di inglese, credo Martelli o Mart...» cerco di ricordare ma Charlotte mi precede esclamando: «La Martinelli!»
Faccio di sì con la testa e lei sgrana gli occhi divertita.
«Cosa c'è?», domando preoccupata.
«Probabilmente per metà lezione parlerà solo ed esclusivamente di quanto il liceo Mamiani sia elevato rispetto a tutti gli altri, ti farà un excursus di tutta la storia», mi dice divertita.
«Interessante» dichiaro arricciando il naso.
«Non per gli altri, farà anche domande su questo argomento, è un po' fuori di testa ma molto simpatica» cinguetta alzandosi in piedi.
«Bene» rispondo stranita. «Benvenuta all'inferno mia cara amica, un'inferno settecentesco ma pur sempre un'inferno» specifica con tono cantilenante facendo un risolino.
Mi giro verso l'istituto dalle mura molto antiche, è un palazzo molto bello con archi  e finestre da uno stile particolare, difficile da passare inosservato. Seguo Charlotte che si muove tra gli altri con disinvoltura, vorrei sentirmi a mio agio in ogni circostanza come lei. Tuttavia, mi faccio strada all'interno del cortile; è piuttosto grande, ospita così tanti ragazzi da non riuscire a distinguerli, infatti, non riesco a riconoscere nessuno della festa di Chris. Lascio andare un sospiro e un po' la testa prende a girare per via del mio nervosismo sempre troppo eccessivo. Non mi sento per niente pronta, infatti, non spiccico parola mentre la mia amica saluta qua e là persone come se fosse una diva; questo mi riporta un po' indietro facendomi ritornare al passato, quando Jessica, la mia ormai ex migliore amica, cercava in ogni modo di essere amica con tutti e per certi versi ci riusciva ma, tendevo a nascondermi dietro la sua ombra; delle volte sembrava che fosse proprio lei a volerlo, tenermi dietro la sua popolarità. Ad ogni modo, non posso paragonare le due persone poiché Charlotte mi tira di qua e di là cercando di farmi conoscere l'intero istituto in meno di dieci minuti, mi fa sentire piena di vita esattamente come Christian. Entrambi riescono a farmi essere diversa da quella me che tanto detesto perché troppo paranoica e sbadata, con mille paure che la opprimono.
«Vieni, gli altri sono vicino l'ingresso» le sento dire e vorrei sapere chi intende per "altri".
La seguo senza replicare, ma in mezzo a tutta questa gente mi sento eternamente confusa e fuori luogo, sembra tutto così grande.
Devo stare al passo, mi ripeto.
Andrà tutto bene, mi dico.
I miei passi meccanici mi fanno sembrare probabilmente più sbadata del solito, infatti, dopo qualche metro Charlotte mi afferra la mano e sottovoce ribadisce:
«Tranquilla, ci sono io».
Continuo ad annuire e a vedere occhi fissarmi come se fossi aliena.
«Ma buongiorno, sei pronta per questo inferno?» La voce di stecco mi riporta alla realtà, facendomi anche apprendere che non sto più camminando, ma che sono davanti al mio gruppo di amici.
«Si!» Esclamo espirando con troppa enfasi.
La loro risata mi rilassa un po', Fabiana mi carezza un braccio e sussurra:
«Ci siamo noi con te, ho saputo che siamo in classe insieme, quindi ci divertiremo».
Mi rivolge un sorriso tutto denti e ricambio; avverto così il nervosismo in cui il mio corpo è avvinghiato sciogliersi,  almeno apparentemente, anche se questa sensazione alla bocca dello stomaco, comunque mi fa sentire come una corda di violino pronta a spezzarsi.
«Il mio ultimo anno di inferno», urla una voce conosciuta dietro di me.
Un braccio finisce sulle mie spalle e il volto di Ted compare davanti ai miei occhi, mentre mi sorride come un ebete. «Pronta?»
«Pronta per andare all'inferno? Più o meno» cinguetto ironica.
«Vedi stai già imparando, fai già parte di noi» ridacchia.
Sorrido anche io mentre altra gente si aggrega al nostro gruppo.
«Puoi dire al tuo amico, nonché mio fratello, che me la pagherà per essere andato via e avermi lasciata seriamente a piedi», brontola Charlotte guardando in cagnesco Ted che adesso le rivolge i suoi occhi, malinconici.
È così evidente quello che prova per Charlotte, mi rattrista ma mi fa anche sentire molto felice. Se solo Charlotte capisse i suoi sentimenti e si lasciasse andare, provando ad essere sincera anche con Carlo, forse questo limbo potrebbe tramutarsi in qualcosa di bello per entrambi.
«Lui e Christian si sono allenati in palestra questa mattina» la informa lui.
Quando pronuncia il suo nome qualcosa scatta nella mia testa, come se ci fosse una sorta di sveglia che mi ricorda che ancora non l'ho visto, e che questa mattinata potrà andare a gonfie vele o distruggersi in pochissimi istanti.
Tuttavia, l'acuto di Ted che quasi mi fora un timpano, mi strappano dai pensieri riportandomi violentemente alla realtà. «Chi ha vinto?» Domanda ancora attirandomi a sé con il braccio.
«Sai già la risposta amico» ogni sillaba viene scandita perfettamente e in un secondo la mia testa percepisce la voce profonda, roca e calda che riesce ad avvolgermi tutta. Quel suono mi travolge e mi stravolge, tuttavia, alzo gli occhi su di lui poco distante da noi. Mi lascio qualche secondo per osservarlo; indossa una maglia bianca stretta in vita a maniche corte, dei jeans scuri strappati sul ginocchio e un borsone blu notte che tiene saldamente su una spalla. Con la mano libera saluta alcuni ragazzi, dopodiché, i suoi occhi furtivamente fanno un giro del cortile e si posano su di me. Uno scatto che mi fa trasalire, infatti, le mie guance improvvisamente prendono fuoco, deglutisco a vuoto e bagno le labbra nervosamente dondolandomi sui talloni. Mi chiedo perché non riesco a controllarmi, perché perdo la ragione con lui. Non riesco ad essere raziocinante. Il suo sorrisino, gli fa spuntare una fossetta all'angolo della bocca che ogni volta non riesco a smettere di fissare, poco dopo alza la sua attenzione osservando per qualche secondo un'altra ragazza dai capelli lisci e biondi, un corpo che farebbe invidia a chiunque; e improvvisamente il mio umore cade a terra e ancora una volta mi ricordo che stiamo parlando di Christian, quindi, niente speranze e niente certezze.
Sospiro, mi mordo le labbra per la tempestività del mio cambio di umore e abbasso le palpebre sulle mie scarpe sentendomi ancora una volta vuota e fuori luogo.
«Fede» qualcuno mi chiama, è Gabriele.
Gli rivolgo un sorriso un po' forzato mentre lui mi dice: «Solitamente dopo scuola andiamo a pranzo in un posto dove lavoro, ti aggiungo per oggi?».
Ci penso qualche secondo su, ma gli occhioni languidi delle mie amiche mi convincono.
«Certo che viene» mi precede Fabiana seguita da Charlotte che ribadisce la frase.
«Ci sto, va bene... ma devo avvertire mia madre», dico.
«Lo fai dopo, adesso dobbiamo entrare» cinguetta lei prendendomi per mano.
Sposto nuovamente lo sguardo su di lui, notando Ted parlare con entrambi.
Ero davvero così assorta nei pensieri da non rendermi conto che Ted si è allontanato, per raggiungerli?
Sospiro incamminandomi verso l'entrata. «Buona fortuna», urla scherzosamente Ted facendo girare qualche gruppetto vicino.
Gli rivolgo un abbozzo di sorriso cercando di non incrociare lo sguardo di Christian, che sento pesantemente addosso. Oltre al suo sguardo, capto quello di molte persone e questo non giova alla mia timidezza. Scrollo le spalle schiarendomi la gola per rimanere calma e lucida, davanti a questo mio nuovo inizio. Vorrei poter avere qualche minuto per stare da sola, tuttavia entriamo nell'istituto mentre in un altro sospiro mi convinco di potercela fare. La struttura è davvero bella, grande e antica. Dentro la scuola a detta di Charlotte c'è anche un museo e una biblioteca, sarò sicuramente entusiasta di passare lì la maggior parte del mio tempo libero.
«Vedi», mi indica due classi vicine lungo un corridoio.
«Quella è la mia e questa, la tua», effettivamente le due porte in legno sono praticamente attaccate.
«Bene» dico aggiungendo subito dopo: «vorrei andare un secondo in bagno, dove lo trovo?».
Mi fa segno su come arrivarci, mi rivolge un bacio augurandomi buona lezione, dopodiché, mi lascia da sola entrando nella sua classe. Mi rifugio nel bagno, precipitandomi dietro una delle porte. Mi siedo sul WC e faccio qualche sospiro profondo. Non capisco il perché di così tanta ansia e paura, ma credo che questo sia dovuto a tutte le paranoie che mi sono fatta, a tutte le domande a cui non so dare una risposta e a lui, così imprevedibile.
«A dopo» sento dire mentre qualcuno entra in bagno canticchiando.
Percepisco il rubinetto dell'acqua aprirsi, la persona continua a canticchiare, così, senza pensarci tiro lo sciacquone ed esco, ritrovandomi davanti una ragazza dai capelli lunghi e castani, le iridi mi osservano curiose dallo specchio. Ha occhi scuri, tendenti al nero e il corpo esile fasciato da una maglia semplice fucsia e dei jeans cachi. Si muove davanti al lavabo, a ritmo della musica che le sue cuffiette riproducono.
Mi lavo le mani nel lavello accanto al suo, inevitabilmente ne osservo la figura anche se con discrezione. È molto bella, ma ha anche qualcosa in più che ancora non riesco a riconoscere, tuttavia, si leva le cuffie prendendo poi un astuccio. Si applica del rossetto sulle labbra e improvvisamente dice in tono amichevole:
«Ultimo anno o matricola? Sembri molto agitata».
«Si nota parecchio?» Domando facendomi sfuggire una risata nervosa.
«Un po'» fa lei rivolgendomi un sorriso comprensivo.
È molto gentile, i suoi occhi esprimono tanto calore.
«Comunque sono al quarto anno, tu?» Le chiedo lavando accuratamente le mani sotto il getto caldo.
«Io ultimo, ma faccio il linguistico», specifica facendo sfregare il labbro inferiore con quello superiore, per rendere più omogeneo il rossetto color mattone.
Sorpresa le rivolgo un sorriso di assenso, dopodiché, prendo un foglio di carta e pulisco le mani con cura.
«Oh, che sbadata non mi sono presentata» mi dice richiudendo il suo astuccio dei trucchi, sistema lo zaino sulle spalle, e poi, porgendomi la mano magra dalle unghie smaltate nere si presenta: «Io sono Nicole».
«Federica» rispondo e subito mi sembra che il nome risulti così stranamente familiare.
«Come mai così nervosa?» Fa lei osservandomi da capo a piedi.
«Sono nuova, mi sono trasferita da poco e questo è il mio primo giorno in assoluto» spiego con un pizzico di ansia nella voce.
Lei è subito sorpresa. «Oh! Posso capire, ho fatto qualche trasferimento e ho dovuto cambiare scuola spesso, adesso sono abituata e non ci faccio più caso, infatti, è anche per me il primo giorno in assoluto».
«Wow!» Esclamo ammirata, dal suo coraggio e dall'essere così disinvolta.
«Non passeremo inosservate!» dichiara ridacchiando.
«Bene, non vedo l'ora» faccio dondolandomi sui talloni, «non preoccuparti, se non conosci nessuno sappi che al piano di sopra, c'è questa matta pronta a salvarti dalle grinfie di ogni maturando», lei si indica schiacciandomi l'occhiolino.
Tuttavia si guarda l'orologio al polso ed esordisce: «Cavolo, farò ritardo. Ci vediamo nei corridoi ragazza nuova» ulula, uscendo di corsa.
«In realtà io con...» sto dicendo quando è già uscita.
Avrei voluto accennarle dei miei amici, ma credo che ne avrò modo nei giorni a venire. A Charlotte una ragazza così piacerà sicuramente, mi dico.
Tuttavia, prendo le mie cose e corro a mia volta in classe, prima di essere io quella in ritardo.

La Forma del DestinoWo Geschichten leben. Entdecke jetzt