Capitolo 61

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FEDERICA

Stai bene?
Inoltro dopo la terza chiamata senza risposta. Tutto sembra viaggiare nella direzione opposta alla mia; tra Charlotte di pessimo umore e Christian che pare essersi dissolto dalla realtà, mi sento incline ad un esaurimento nervoso.
Mi ritrovo a vagare per le strade senza una meta, ho una cattiva sensazione al centro dello stomaco, un nodo che si aggroviglia ad ogni passo, ad ogni battito di ciglia.
Il vento mi colpisce sul viso dandomi un senso di leggerezza, quella leggerezza che in questo momento mi manca. Osservo il sole autunnale calare troppo presto ed io non so cosa fare, non so cosa pensare; è andato via senza darmi spiegazioni, è scappato, non sono riuscita a fermarlo per un istante, per un solo attimo; capire cosa stia succedendo. Il suo sguardo era così vuoto e quel velo di terrore? Gli attraversava il viso come un fulmine, destabilizzando persino la vista di un estraneo. Non so dove si possa essere cacciato, ma non voglio risultare neanche opprimente con messaggi e chiamate a cui lui non risponderà mai. Tuttavia un lampo mi attraversa la mente, mi blocca facendomi viaggiare troppo freneticamente con i pensieri: se fosse con un'altra ragazza?
Mentre io lo penso questo per lui è solo un altro tentativo per allontanarmi, ma a quale scopo? Perché proprio ora, quando le cose parevano migliorare tra noi?
Questa volta però, non tornerò indietro, non gli permetterò di continuare questo gioco infinito pieno di insidie che non conosco. Sono consapevole che la sua presenza mi renda incapace di reagire, mi renda soggiogata a lui e questo è tutto frutto di quello che io provo per Chris. Ormai mi sono rassegnata al fatto che non riesco e non voglio stare distante da lui, mi ero ripromessa però che questa sarebbe stata davvero l'ultima volta che avrei concesso a lui di comportarsi così.
Ad ogni modo Charlotte mi informa che questa sera rimarrà a casa per via di Ted, e solo adesso mi accorgo di quanto le cose ci stiano inghiottendo, ed io vorrei poter solo stare accanto alla mia amica in questo momento, ma non riesco a pensare, a riflettere o ad essere d'aiuto ritrovandomi così a vagare per le strade di Roma in attesa che una lampadina si accendi sulla mia testa e mi dia la soluzione a questi momenti, ma soprattutto mi indichi cosa fare con quel ragazzo dall'anima di cristallo. Tuttavia, la vetrina del Cake Village attira la mia attenzione, ho bisogno di calmare la tensione e un buon tè verde è quello che mi ci vuole. Di Lea però nessuna traccia, così ordino il mio tè e attendo nella speranza che possa succedere l'impossibile.
«Lo porti via?» Mi chiede una ragazza dietro al bancone.
Annuisco sedendomi ad uno dei tavolini liberi, ad ogni scocco della porta, ad ogni  tintinnio dei pendoli, un soffio mi sfiora il cuore e ingenuamente la mia mente immagina un Christian sorridente avviarsi da me.
Alzo gli occhi sulla ragazza che sta impacchettando il mio bicchiere di tè, prima di chiudere il pacchetto turchese ci infila alcuni dei cioccolatini che Christian è solito regalarmi. In questo frangente sento una strana sensazione al petto, un vuoto misto ad ansia per quello che possa essere successo e per il suo atteggiamento. Faccio per alzarmi quando la voce calda e squillante di Michael mi chiede cosa ci faccio qui.
Sposto lo sguardo sul suo corpo atletico e slanciato coperto da una t-shirt celeste e pantaloni bianchi.
«Ho preso quello, tu?», cerco di avere altrettanto entusiasmo nella voce ma la mia incertezza è palpabile.
«Ho finito gli allentamenti di tennis e venire al Cake Village è d'obbligo dopo estenuanti set», fa con fierezza nella voce.
Annuisco con un sorriso forzato mentre la ragazza dagli occhi scuri dietro al bancone mi informa del mio ordine pronto. «Credo di dover andare», mormoro fissando il mio sacchetto.
«Va bene, ci vediamo questa sera?» mi domanda e so a cosa si sta riferendo.
«Non credo che ci verrò» dico infatti, senza guardarlo in faccia.
«Perché?» sussurra.
Senza guardarlo in faccia mi rannicchio nelle spalle senza ribattere, tuttavia, lui non aggiunge altro; aspetta impaziente, osservandomi mentre prendo le mie cose in silenzio, sedendosi poi al tavolino.
«Io vado» sto dicendo dirigendomi alla porta e in contemporanea lui propone: «ti va di aspettarmi?».
La sua speranza mi coglie alla sprovvista ma i suoi occhi azzurri mi impediscono di rifiutare, così, dopo averci pensato qualche secondo faccio dietro front sedendomi davanti a lui.
«Quel ragazzo ti sta facendo diventare quello che tu non sei!» esclama d'improvviso con una nota di veleno nel tono.
Sospiro e deglutisco muovendomi nervosamente sulla sedia.
«Possiamo parlare di altro?» Rispondo nervosa.
«Scusami, è solo che non voglio che questa luce dentro di te si spenga per causa sua»,  borbotta serio.
«Michael» esordisco quasi sconfitta, «la luce che vedi è solo illusione, la mia luce è spenta da tempo e lui non potrebbe spegnere qualcosa di già rotto... adesso non voglio parlare di lui, voglio passare un tardo pomeriggio davanti un tè caldo con un amico, chiedo tanto?»
«No!» dichiara stranito e sorpreso dalle mie parole.
«Bene. Allora come sono andati gli allenamenti, cosa hai fatto?» domando estraendo il mio bicchiere di tè verde.
Lui sfodera uno dei suoi sorrisi più felici cominciando a narrare quella che è stata la sua giornata, tuttavia, scovo sul fondo della busta un sacchetto con un nastro argento che rivela avere quei cioccolatini, distraendomi. Lo raccolgo mettendolo davanti al mio bicchiere.
«Ne vuoi?» chiedo quando noto che li fissa.
«Ogni volta me li propongono» dice interrompendo il suo racconto, «ma non posso permettermi di sgarrare la dieta».
«Giusto» esclamo pensando alle parole che invece avrebbe detto Christian.
Devo smetterla di fare un confronto.
«Sono molto buoni!» Dichiaro carezzando il tessuto del sacchetto, lo apro ed estraggo i tre cioccolatini.
Uno alla cannella e gli altri due sono i miei preferiti. La carta dorata a forma di margherita con la sigla del Cake Village con su inciso la farcitura creano una sorta di varco tra i ricordi. Mi riconducono ai momenti vissuti insieme a lui dove c'erano queste mini porzioni di felicità, che fungevano da risposta alla sua premura nei miei confronti. Questi piccoli gesti, piccole attenzioni che mi da, che mi dona si impregnano sempre più dentro di me, confondendomi ancora una volta le emozioni. Avverto il battito cardiaco pulsare in tutto il corpo, pulsare nelle mani, al centro del petto, tra le cosce, lo stomaco.
«Prego» sento dire alla cameriera porgendo a Michael la sua merenda.
Lui comincia ad addentare il suo cibo per poi riprendere a parlare, tuttavia non riesco a concentrarmi o ad ascoltare il flusso di parole che fuoriescono dalle sue labbra, poiché i miei pensieri iniziano a prendere una piega molto contorta alla vista del suo taglio sullo zigomo. Non avevo fatto caso a quella piccola linea rossa sotto l'occhio, e i ricordi di quel venerdì riprendono a disturbarmi, a torturarmi le meningi e i sensi. Tutto l'odio che provano l'uno verso l'altro da cosa nasce? Poi, improvvisamente un nome mi colpisce come un forte pugno, riprendendo ancora una volta a bloccarmi in questo involucro di pensieri estenuati e teorie e idee asfissianti.
«Cos'è successo tra te e Christian?» Domando improvvisamente interrompendo il suo discorso.
La sua espressione cambia radicalmente e in un gesto istintivo si sfiora la piccola cicatrice, sospirando.
«Possiamo definirle divergenze di pensiero» borbotta tergiversando.
Si guarda intorno quasi divertito dalla mia domanda, ma sempre con un pizzico di buio nello sguardo.
«Voglio sapere Michael», lo canzono seria.
Scruta il mio viso, i miei lineamenti e tenta di captare sicuramente il mio stato d'animo, già messo a dura prova spesso in questi ultimi mesi.
«Lo conosci e sai che vuole essere primo in tutto, deve primeggiare in ogni cosa come se fosse il re del mondo. Non capisco infatti come una persona come te possa essere interessata ad uno come lui; è così anche con le ragazze, soprattutto con le ragazze che tenta di ingannare con i suoi modi dissimulando sentimenti che non esistono, e poi, dopo che ci cascano... sparisce. Rovinando anche loro.» Sentenzia con disprezzo.
Aggrotto la fronte per come ha dipinto orridamente Christian, ma avendo visto le sue varie sfumature, la mia anima si rifiuta di crederci.
«E cosa c'entra con il vostro rapporto questo suo modo d'essere?» Continuo a chiedere curiosa e confusa.
«Come ho detto tenta di primeggiare, ogni cosa che vuole un'altra persona automaticamente la desidera anche lui. Quindi, ogni cosa che facevo, o anche solo parlare con una ragazza lui la rovinava per una gelosia insensata nei miei confronti probabilmente. Ero innamorato di una ragazza, la nostra era una storia particolare ma ci amavamo davvero, finché lui non ha rovinato tutto provandoci anche davanti a me, facendo lo stronzo. Ho perso quella persona per colpa sua, lui me l'ha portata via Federica. Lui è questo, non è quello che ti dice utilizzando parole che ogni persona vuole sentirsi dire. Stai lontano da lui, te lo dico per il tuo bene».
Sento l'anima creparsi, ogni parola è una scheggia in più nel petto, una scheggia che ferisce, taglia, fa male.
Rimango ad osservare il suo viso privo di espressione che lascia trasparire un cenno di fastidio; le sue parole sono sempre così gettate con odio e non so se la sua verità appartenga alla realtà. Christian è come una calamita, ma che con se ha del dolore che non riesce a non trasmettere, anzi, ne provoca per alleviare forse le pene che ha dentro, ma non è ciò che Michael dice. Ne sono sicura.
«Non voglio turbarti, non voglio farti credere che lui sia una brutta persona ma non fa per te, sa come ingannarti e sa cosa dire per farti stare bene. A me dispiace per quello che è successo lo scorso weekend, hai visto una parte di me che riesce a tirar fuori solo lui con le sue cattiverie, per questo volevo chiederti scusa, ma hai visto cosa mi ha fatto. Non riesce neanche a frenare i suoi impulsi» borbotta alzando di poco la voce toccandosi poi le ferite che ancora possiede sul volto.
«Forse è stata una cattiva idea parlarne, credo che adesso dovrei andare davvero», rispondo con le meningi che pulsano più che mai.
«Fede» mi chiama quando nervosamente faccio per alzarmi.
«Ti prego, non fare così. Mi sento molto in colpa per quello che è successo. È anche colpa mia quindi, lasciami rimediare» fa con occhi speranzosi, «per favore» aggiunge colorando il tutto con un sorriso.
Mi soffermo a pensarci, so che Michael è una brava persona che delle volte però mi priva di una fiducia che spesso ripongo in lui. Avrà anche lui i suoi demoni, i suoi errori che non posso giudicare e so che dovrei fargli più domande, farmi dire chi è Nicole e cosa c'entra con loro. Cosa sia successo, chi è la persona che amava e farmi narrare tutto, ma voglio per un istante mettere un punto ai pensieri, fermarmi e respirare. Smettere di essere inghiottita da questo flusso di domande che mi accompagnano ormai da mesi, ho così tanta voglia di conoscere ma ho comunque tanta paura. Non cambierebbero mai i sentimenti che provo per Christian e non cambierebbe mai il pensiero che ho di loro due se svelassero cosa li accomuna, e cosa hanno vissuto per provare queste sensazioni riconducibili all'odio. Non voglio che sia Michael a parlarmi di tutto, so che la sua versione sarebbe alterata per via dei loro dissapori, vorrei però conoscere tutto di Christian e delle sue paure, sofferenze, del suo passato tormentato ma vorrei conoscerle da lui, dalla sua voce, dalla sua incertezza e dalle sue labbra; vorrei avesse voglia di raccontarmi e raccontarsi. Vorrei stringerlo a me ascoltando la sua voce, cullare la sua anima mentre la bocca libera l'inferno che vive dentro il suo petto e nei suoi sensi.
«Come?»
«Non so... passare la serata insieme e poi se ti va passare al blanco» mi propone ma faccio una smorfia non appena nomina quel locale.
«Possiamo passare la serata insieme e basta» dice in un sorriso speranzoso.
Mi guardo intorno, sospiro dopodiché bevo un ultimo sorso del mio tè dicendo:
«va bene».
Dopo poco andiamo via, facciamo qualche giro con la sua Ford rosso acceso e ascoltiamo della musica percorrendo il Lungotevere.
«Ti va di andare da Salvatores?» Mi domanda spezzando il silenzio che aleggia in macchina ormai da qualche minuto.
Abbasso lo sguardo sui miei jeans chiari e le mie sneakers un po' rovinate, ricordando quanto fosse raffinato quel ristorante.
«Ehm... non penso di essere nella mia forma migliore, preferirei un posto più tranquillo» cerco di dire senza risultare fredda.
Ruota velocemente lo sguardo verso di me, dandomi un veloce occhiata dopodiché esordisce: «non preoccuparti».
«So cosa fare» aggiunge.
Si dirige verso la destinazione senza aggiungere altro, la canzone da sottofondo fa da base ai miei pensieri che cerco invano di lasciarli a bada, osservo gli alberi sfrecciare davanti, i palazzi eleganti colorare le strade e il cielo prendere le sembianze di un quadro. Il blu diventa più acceso e i colori del giorno svaniscono, Michael non spiccica una parola per quasi tutto il viaggio lanciando qualche frase di circostanza ogni tanto. È un bel ragazzo, ogni tanto mi soffermo ad osservare i suoi tratti delicati ma definiti. La sua bellezza incanta molte ragazze, lo noto quando camminiamo vicini, anche tra i corridoi, e spesso gli occhi di tante non smettono di fissarlo e lui lo sa, comprende l'effetto che provoca ma il suo modo di fare mi stranisce un po' poiché distante dalle parole che dice. La sua gentilezza, certe volte si tramuta in arroganza velata, e quando si infastidisce alza il tono della voce dicendo frasi provocatorie, cattiverie. Il nostro rapporto mi fa credere che lui sia in un modo, ma quello che ha con Chris mi rivela che sotto c'è dell'altro.
Non devo giudicarlo, mi ricordo.
«Siamo arrivati!» Dice d'un tratto parcheggiando.
Ruoto il capo verso l'entrata del locale e la scritta "Salvatores" mi fa arricciare il naso.
«Tranquilla» mi rassicura vedendomi perplessa, «fidati di me!» esclama scendendo dalla macchina, si muove velocemente aprendomi subito dopo la portiera. Lo ringrazio e lo seguo sul retro del locale. Prima che possa chiedergli cos'ha in serbo per questa sera, bussa ad una porta in alluminio e un uomo sulla cinquantina ci accoglie con grande entusiasmo.
Si scambiano qualche frase, mostrandoci la cucina enorme e super attrezzata del ristorante, dopodiché, ci lascia da soli andando verso la sala.
«Mi sono ricordato che oggi è giornata di chiusura, quindi, potremo mangiare tutto quello che vuoi», mi informa toccando degli utensili appesi sopra i fornelli.
«La cucina di un ristorante tutta per noi» gongolo sorpresa e con gli occhi faccio un giro di tutta l'enorme stanza.
L'odore in questa sala è ottimo, mi perdo nelle innumerevoli spezie, pietanze che il posto ci offre. «Allora... ora vediamo cosa abbiamo qui», mi fa aprendo un frigorifero.
«Sicuro che possiamo prendere cosa vogliamo?» Gli chiedo titubante.
«Certo, tutto quello che desideri» mi fa schiacciandomi l'occhiolino.
Estrae uova, hamburger, salse, cipolla e formaggio. «Vanno bene?» Domanda mentre io mi siedo sul bancone perfettamente lucidato.
Annuisco mentre lui si mette all'opera posizionando tutto accanto a me.
«Sai cucinare?», chiedo.
«Ci facciamo preparare tutto dal nostro amico Alberto» fa mentre l'uomo ritorna da noi.
«Ora vi farò mangiare un piatto buonissimo» ci dice con un sorriso guardando i cibi scelti.
«Non vorrei farle sporcare la cucina, possiamo anche non...» sto dicendo ma lui mi interrompe: «nonono... sono felice di preparare qualcosa di buono a Michael e alla sua bellissima amica».
Lo ringraziamo entrambi e ci facciamo raccontare alcuni aneddoti e ricette del ristorante mentre lui si mette all'opera; Alberto è un uomo umile e gentile dipendente da anni del posto. Passiamo infatti, tutto il tempo con lui e il suo entusiasmo per la cucina, è bellissimo sentirlo parlare con amore del suo lavoro.
«Adesso componiamo tutto» ci informa spegnendo il gas.
Riscalda due pagnotte e con grande maestria ci prepara un hamburger con salsa di cipolle caramellate.
«Sembra molto invitante», ammetto mentre aggiunge un ultimo tocco al piatto per poi lasciarci da soli a gustarlo.
Il primo ad assaggiare è lui, ed io lo seguo assaporando la pietanza.
«È buonissimo, Alberto è un ottimo cuoco» dico e la sua espressione dice altrettanto.
«Gli faremo sapere di aver gradito», risponde tra un boccone e l'altro.
Divoriamo tutto passando la metà del tempo a ridere della mia faccia piena di salsa e del mio modo sbadato di mangiare.
«Credo che anche i tuoi vestiti abbiamo mangiato con te» mi prende in giro guardando i miei pantaloni macchiati.
«AH! AH! Odio le salse per questa ragione, sono insidiose e non stanno mai al loro posto sul pane» borbotto con la bocca piena.
Lui ride continuando a prendermi in giro; non pensavo di passare la mia serata in questo modo ma la compagnia di Michael si sta rivelando sempre più divertente e gentile. Odio essere precipitosa o giudicare qualcuno per i suoi errori e forse, Chris e lui tirano dall'altro il peggio trascurando la bontà che entrambi posseggono.
«Pensieri?» Domanda forse avendo notato il mio improvviso silenzio.
«Mi domando perché non andiate d'accordo, entrambi siete delle persone fantastiche» gli faccio notare guardandolo negli occhi, lui capisce al volo di chi sto parlando. Michael fa un sorriso come se capisse appieno quello che voglio dire e sapesse già la risposta, infatti, mi osserva dalla testa ai piedi con cura e poi sussurra con voce profonda:
«Forse perché vogliamo le stesse cose, siamo simili ma non uguali, ma quello che ci unisce è il voler qualcosa così tanto da dover lottare con ogni mezzo per ottenerlo».
Con occhi seri, un velo di desiderio gli attraversa lo sguardo; continua ad osservarmi facendo un passo verso di me. Aggrotto la fronte e scruto i suoi movimenti simili a quelli che Christian fa, quando mi si avvicina per baciarmi. Il mio cuore prende a battere un po' più veloce del solito, e sento le guance calde e rosse ma anche una sensazione che mi spinge ad allontanarmi. Sono seduta sul bancone da lavoro, quindi, mi sento anche vincolata e in trappola.
Si ferma a pochi passi, il suo corpo sfiora quasi le mie ginocchia e sospirando continua ad osservarmi serioso e calcolatore. «Cosa fai?» Domando confusa.
Lui scuote la testa lentamente e mormora: «Nulla».
«Non posso fare nulla perché so che tu non lo meriti» aggiunge.
«Non lo merito?»
«Non meriti di soffrire, anche se con Christian sarà inevitabile e mi chiedo davvero cosa ci trovi in lui... perché lui? Perché Federica? Non ti merita affatto ma tu non te ne rendi conto e non ne capisco la ragione» esordisce con un pizzico di astio nella voce.
«Non puoi comandare quello che provi» rispondo semplicemente.
«E cosa provi?» Continua sfiorando adesso con le dita le mie ginocchia.
«Non lo so» faccio abbassando lo sguardo.
Mi mette una mano sotto al mento per far si che i nostri sguardi si incrocino di nuovo.
«Se non ci fosse stato lui non avrei mai avuto una possibilità con te?» Mi fa.
Mi guardo intorno sentendo il cuore andare sempre più veloce, ma qualcosa nel suo tocco non mi fa sentire del tutto a mio agio.
«Non lo so» ripeto.
«Lo sai dentro di te, ma non vuoi ammetterlo forse» brontola accarezzandomi una guancia.
Il suo tocco è accogliente ma freddo, arriva un brivido.
Non so cosa voglia fare, ma la sua espressione e il suo corpo accennano a qualcosa che va oltre l'amicizia che stavamo costruendo.
«No Michael» mormoro quando si avvicina con il viso al mio.
Lui continua, e con il corpo mi spingo indietro ma piuttosto che baciarmi poggia la fronte sulla mia.
«Ti accorgerai presto che lui non ti merita!» Dichiara lasciandomi un bacio sulla guancia.
Un trillo mi fa trasalire, è il suo telefono. Si scosta e lo estrae dalla tasca quando arriva un altro messaggio. Legge il contenuto e sembra curioso di quello che gli è appena arrivato, dopodiché, digita sul display abbozzando un leggero sorriso.
«Tutto okay?» sussurro cercando di non apparire ficcanaso.
Lui alza lo sguardo su di me, lo riabbassa e scrive qualcos altro per poi riporre il telefono nuovamente nella tasca.
«Il tuo amico Christian ha appena litigato con un tipo alla festa» mi informa alzando le sopracciglia.
Sgrano gli occhi. «In che senso?»
Lui fa spallucce.
«Perché?» Insisto. 
«Attirare l'attenzione o avranno toccato il suo ego, o meglio, hanno toccato qualche sua preda o vittima o tipa che si scopa», esclama con freddezza facendomi sentire come se fossi in bilico tra il salvarmi o il precipitare.
Stringo i denti, mi guardo intorno con l'ansia che ritorna ad affogarmi, sento la bile salire e scendere troppo velocemente, capogiri mi agguantano i sensi e dei brividi mi colpiscono la pelle conficcandosi dentro come tante lame.
«Non volevo essere così diretto» si ricompone subito.
«Non preoccuparti» sibilo guardando un punto fisso davanti a me.
«Davvero Fede, scusami» continua vedendomi provata, tuttavia, scendo dal bancone per prendere le distanze dal mondo esterno ma lui mi si ferma davanti sbarrandomi la strada.
«Ascoltami...» cerca di dirmi ma faccio per scostarmi.
«Fede» continua a chiamarmi facendomi sentire ancora più a disagio.
«Lasciami in pace un secondo» alzo la voce facendolo quasi trasalire.
Si scosta ed io esco fuori facendomi colpire dall'aria fredda di questo lunedì sera.
Ho bisogno di pensare anche se mi sento in colpa per come ho reagito; voglio le motivazioni del suo comportamento, devo sapere se sta bene e cosa gli sta succedendo. Mi fa male così tanto la testa.
Mi si affianca dopo qualche secondo ripetendomi quanto fosse dispiaciuto e improvvisamente mi propone qualcosa che ancora nella mia testa non si era palesato.
«Vuoi fare un salto al Blanco? Ci possiamo andare insieme così vedrai con i tuoi occhi cos'è successo, e capirai se Christian sta bene!» La sua proposta mi prende alla sprovvista.
Alzo lo sguardo su di lui che fissa dinanzi a sé con le mani nelle tasche e l'aria seria.
«Lo faresti davvero?»
«Io non sono come lui, ricordalo!» afferma rigido ma consolatore.
Faccio un sospiro ma lo ringrazio e mi scuso per aver alzato la voce.
«Andiamo allora» dice muovendosi verso la sua macchina.
«Dobbiamo ringraziare Alberto» gli ricordo.
«Lo chiamerò domani» dice salendo sulla sua macchina.
Dentro di me contrasti di pensieri prendono il sopravvento l'uno dietro l'altro cercando di farmi capire quale sia la miglior soluzione. Ho paura di quello che possa essere successo, così tanto da sfiorarmi la mente il pensiero di non andarci. Perché ha litigato con qualcuno? Per quale ragione? C'entra davvero una ragazza? Cosa ci fa lì e perché non ha risposto alle mie chiamate.
Istintivamente guardo la sua chat per assicurarmi che davvero non abbia risposto ed effettivamente non c'è nessuno messaggio da parte sua.
Il suo sbalzo d'umore repentino inizia adesso a starmi molto stretto, Michael su alcuni punti ha ragione; Christian è difficile come persona e magari alcune volte, non meriterebbe altre chance da parte mia ma io non comando il mio cuore o quello che provo, e non scelgo per i miei sentimenti ma sono loro a scegliere per me.
Per tutto il tragitto un nodo alla gola mi stringe a tal punto da farmi sentire i conati di vomito, le mani tremano e pensieri di ogni ragione sfiorano la mia mente.
Sospiro mentre da sottofondo le canzoni cercano di tenermi compagnia mentre Michael non spiccica neanche un respiro. L'insegna del Blanco dopo poco si intravede, causandomi un'ulteriore sensazione negativa al petto.
I caratteri cubitali della scritta mi accecano come sempre, facendomi sentire ancora più stordita. «Stai bene?» Mi fa quando nota il mio stato di trance anche dopo aver parcheggiato.
«No» rispondo sinceramente fissando la scritta a led dell'insegna.
«Aspettami qui» sentenzio.
Non so perché reagisco così, ma istintivamente scendo dalla macchina senza aggiungere altro e mi avvio all'ingresso dove ci sono un gruppo di persone in attesa per entrare.
Piuttosto che seguire il flusso di persone fare la fila, mi avvicino ad un tizio che elimina da una lista i nominativi già presenti alla festa.
«Signorina deve rispettare la fila» mi fa un uomo vestito di nero con una cuffia inserita nell'orecchio che continua insistentemente a sistemare.
«Non voglio andare alla festa, devo solo parlare con una persona che è dentro» faccio nervosa.
Lui aggrotta la fronte e sorride. «Dicono tutti così... vada a fare la fila se vuole entrare».
Sbuffo. «Mi può dire solo se è presente una persona oppure me la chiami per farla uscire, non voglio stare a questa stupida festa, devo sol...» sto quasi urlando mentre lui finge di non ascoltarmi.
«Federica» sento una voce stranamente familiare chiamarmi.
Ruoto il capo e due occhi color nocciola mi osservano curiosi. Nicole.
«Nicole» la chiamo, «puoi dire al tuo amico di farmi entrare, devo parlare con una persona e poi esco».
Lei mi guarda per qualche secondo con aria confusa e poi fa: «Ma no entra pure, lei è sulla lista JJ, può entrare!»
«Ma non ha fatto la fila» sbuffa indicando anche le persone che ci scrutano con rabbia.
«Non importa ormai», gli dice, «vieni Fede».
Apre la porta e mi indica di entrare facendoci strada nel locale dallo stile vintage, adesso popolato da un numero esorbitante di persone. Tuttavia, cammino e solo adesso mi rendo conto del fatto che arrivata qui, cosa gli dico? Non ha neanche risposto ai miei messaggi o alle mie chiamate, non mi rivolgerà mai la parola e se la ragione del litigio fosse davvero per qualche ragazza, cosa potrei fare?
Ho il cuore in gola, e l'ansia viene assorbita dal mio corpo come una spugna, scorre attraverso le mie vene e pompa insieme al cuore facendomi sentire sempre più in agitazione.
«Vuoi bere qualcosa?» Mi domanda tenendomi per mano.
«Guarda che bella festa» continua lei trascinandomi verso il bancone.
Arrivata lì, sento la musica troppo forte fare pressione sul petto.
«Chi cercavi?» Mi chiede all'orecchio ordinando da bere al solito barman del posto, di cui non ricordo il nome.
«Mi sai dire dove sono gli altri» balbetto guardandomi attorno.
Lei inizia a ballare sulle note di Friendships, una delle canzoni che amo di più pur essendo prive di testo e mormora: «gli altri?».
«Sai dov'è Luana?» Domando ricordando la sua amicizia con una delle persone che detesto di più.
«È sul resto, dietro quella porta infondo sulla destra» mi indica lei.
«Ora arrivo» le dico.
«Sembri sconvolta, cos'hai?» Mi trattiene dalla mano.
«Ho bisogno di parlare con lei»
«Non so se lei avrà voglia di parlare in verità» proruppe ringraziando il barman.
«Cioè?»
«Sta consolando qualcuno» dice alzando le sopracciglia divertita.
Questa frase mi rende ancora più nervosa, lascio andare un espiro e solo adesso mi accorgo che forse stavo trattenendo il fiato.
«Ora arrivo, va bene?»
Lei annuisce, liberandomi la mano un po' titubante ma non me ne preoccupo facendomi ancora una volta strada tra le persone mentre si muovono dondolandosi. Tuttavia, la melodia diventa sempre più incisiva dentro di me e un senso di vuoto comincia a diramarsi all'interno del mio stomaco.
Luana sta sempre intorno a Chris, se lei è in un posto anche lui sarà poco distante, mi dico mentre vengo sbalzata da una parte all'altra.
Ho male al petto per l'agitazione, una sensazione indescrivibile che mi porta a non respirare bene. Non so perché sto reagendo così ma so che tutto quello che mi circonda mi confonde e Christian è il numero uno in questo.
Non vedo nessuna faccia conosciuta nel tragitto, ma il mio pensiero è interamente proiettato su di lui. Arrivo alla porta che mi ha indicato Nicole, ho il fiato corto come se avessi corso. Poggio le mani su di essa, il legno è freddissimo e faccio pressione per aprirla. Desisto per qualche secondo, dopodiché, apro con forza poiché troppo pesante per il mio corpo ed esco nel retro sentendo un freddo colpirmi corpo e anima. Colpirmi così forte, come aver ricevuto un cazzotto al petto.
Ruoto il capo velocemente sentendomi in fermento, due occhi si girano famelici e divertiti verso di me, le sue braccia avvolte intorno al collo mentre carezzano i suoi capelli, le mani di lui invece sono ferme e pendenti lungo la vita, quello sguardo prima guardavano colui che mi ha rapito l'anima, tuttavia, il sorrisino di Luana si incastra dentro di me provocandomi un enorme fastidio e vuoto, dopo però ritornano a guardare quegli occhi che amo tanto osservare e leggere. Quegli occhi si trovano davanti a lei, le mani piccole di Luana gli prendono il viso e in un gesto così repentino le loro bocche si toccano, si baciano mentre la mia anima si sgretola. Viene trafitta e bruciata, incenerita. Le loro lingue e le loro anime si sfiorano, si toccano, si stringono. Ogni fibra dentro di me precipita, qualcosa di bagnato mi annebbia per pochi attimi quello che sto vedendo, gocce di cristallo rigano le mie guance calde, le graffiano. Friendships diventa lontana mentre quella bocca si stacca con forza e quegli occhi verdi si ruotano verso di me confusi, iniettati di sangue e storditi. L'occhio destro contornato da un colore violaceo e lo zigomo sinistro segnato da un piccolo taglio, gli unici dettagli che riesco a percepire mentre sento tutto farmi cadere, sento tutto tremare. Lacrime copiose mi rigano ancora il viso, incessante il vuoto che si avvia dentro il mio corpo, un dolore disumano prende spazio dentro il petto diramandosi dappertutto.
Schiudo le labbra per dire qualunque cosa, ma il respiro mi si mozza, il naso pizzica, le tempie pulsano ma istintivamente scappo via. Ritorno dentro mentre la sua voce mi chiama ma non mi fermo, mi muovo veloce, più veloce che posso strattonando chiunque. Sento anche il mio nome pronunciato da una voce che risuona familiare alle mie orecchie ma continuo a muovermi incessante e indolenzita. Sono venuta fin qui per scoprire che Michael aveva ragione, lui mi farà solo soffrire.
Stava baciando Luana davanti ai miei occhi e chissà quante altre ragazze avrà baciato o si sarà portato a letto, chissà quante bugie avranno udito le mie orecchie. Ho il cuore che batte così forte, lo sento ovunque e mi confonde, mi manca il respiro. Voglio andare via, scappare da qui. Perché sono venuta? Sento la voce urlarmi in gola, tante spine mi trafiggono in ogni parte del corpo, il nodo si restringe sempre più finché non spalanco l'altra porta che mi separa dall'entrata del pub.
Cerco di incamerare ossigeno, ma non ci riesco, mi manca l'aria ma continuo a correre. La sua voce mi sfiora e mi chiama ma continuo a camminare verso la macchina di Michael. Appena mi vede scende chiedendomi cosa sia successo.
«Portami via» riesco a dire singhiozzando.
Lui guarda oltre le mie spalle, aggrotta la fronte ma sale in macchina ed io faccio lo stesso.
«Aspetta cazzo» sento dire da quella voce profonda, adesso rotta.
«Ti prego parti» balbetto tra le lacrime.
Lui mette in moto ma Christian si posiziona davanti la macchina con gli occhi sgranati e il fiatone.
I nostri sguardi si incrociano per degli istanti facendomi incenerire anche quell'ultima   parte rimasta in piedi della mia piccola e fragile anima, già trafitta più volte.
Si avvicina alla portiera e prova ad aprirla.
«Apri questa cazzo di macchina Flores» strilla quando Michael abbassa in tempo record le sicure.
Scuoto la testa tenendo gli occhi saldi davanti a me.
«Apri cazzo» urla sbattendo un pugno al vetro, facendomi balzare sul sedile.
«Smettila» fa Michael ingranando la marcia.
«Federica fammi spiegare, non c'entro un cazzo io. Mi ha baciat...» sta dicendo in preda alla disperazione ma io ruoto il capo verso Michael chiedendogli di partire.
«Ti prego» faccio con il respiro corto e un dolore al petto.
Lui annuisce e prima che la voce di Christian possa dire altro, lui parte lasciando così che il dolore mi accompagni ma che Christian rimanga lì, lontano dalla mia vita.
Lo guardo dallo specchietto mentre usciamo dal parcheggio del Blanco; si strattona i capelli dando un calcio alla macchina davanti a sé, urlando qualcosa.
Riesco a percepire il suo grido dentro di me, riesco a sentire qualcosa che si rompe, riesco a percepire quel vuoto che non sentivo ormai da anni.

La Forma del DestinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora