Capitolo 27

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FEDERICA

Saluto ancora una volta la mamma e Marco mentre la macchina di Adam sparisce dietro l'angolo. Venerdì è arrivato così in fretta, ma sento che in questi giorni potrò dedicarmi a me stessa prima dell'inizio della scuola. Percorro il piccolo vialetto entrando in casa, accendo il televisore e preparo dei popcorn per cena. Spegnendo il gas avverto suonare il campanello. Alzo lo sguardo confusa, avranno dimenticato qualcosa?
Tipico di mia madre tornare indietro per essersi ricordata qualche aggeggio.
Percorro il salotto e aprendo la porta cinguetto: «Cosa avete dimentic...».
Il sorriso mi si muore in faccia non appena capisco chi ho davanti. Tutto il mio corpo subisce dei brividi e un fremito mi percorre la spina dorsale. Le labbra si schiudono per dire qualcosa, qualsiasi cosa ma non riesco a nascondere la sorpresa. Noto improvvisamente dei tagli sulle mani e uno sul sopracciglio. Ha fatto una rissa?
Muoio dalla voglia di chiederglielo ma rimango impassibile davanti a lui con il respiro corto e una finta sicurezza.
Con sufficienza domando: «Cosa vuoi? È tardi Christian».
Vacilla sulle parole da pronunciare, apre e chiude la bocca più volte.
«Non ti fai viva da una settimana» lo dice in un sibilo impercettibile.
«Quindi? Non credevo volessi vedermi, dopo quello che mi hai detto» faccio stringendo le braccia al petto.
«Non trattarmi come uno stupido, lo sai che non è vero» borbotta fissando il pavimento.
«Christian perché sei qui?», dico spazientita.
«Ho bisogno di un posto in cui stare, non posso tornare a casa» continua in un mormorio.
I capelli sono spettinati, ricadono sulla fronte impedendomi di vedere quel verde che mi incanta al punto di non saper reagire. Si dondola sui talloni con le mani nelle tasche dei jeans chiari, si mordicchia le labbra rosee e gonfie. Anche loro hanno un piccolo taglio che bagna con la lingua.
«Perché non puoi tornare a casa?» chiedo forse troppo tardi.
Indica con l'indice le ferite; mi sento soggiogata dal suo aspetto imponente e ombroso ma devo reagire, non posso fargli capire come mi sento davvero o cosa mi provoca.
«E cosa vuoi da me? Potresti andare... che so da qualche tuo amico? Ted, Carlo o... Mattia» lo provoco inducendo in lui una smorfia di disgusto.
Mi guarda di traverso ma gli impedisco di ribattere continuando: «Oppure da qualche amica tipo...» alzo gli occhi al cielo fingendo di pensarci: «Luana?».
Gli rivolgo un sorriso tirato, mentre lui impulsivamente socchiude gli occhi e respira come per trattenere la collera.
«Non ho bisogno di loro, sono dove voglio essere!» esclama fissandomi negli occhi.
Respiro appena, percepisco il battito accelerare, le mani prendono a sudare, le gambe tremano sotto ai suoi occhi attenti. Mi avvolge un formicolio che mi impedisce di essere razionale, tuttavia, osservo i suoi gesti meccanici per qualche secondo, in silenzio. Pare un po' a disagio su da farsi.
«Be' non puoi fare sempre come ti pare aspettandoti che la gente accetti i tuoi malumori, le tue cattiverie, i tuoi sbalzi... Christian non funziona così, sono stanca!» dichiaro raccogliendo quel briciolo di forza che mi è rimasta.
Abbassa gli occhi annuendo, un velo di tristezza gli ricopre lo sguardo e scaccio via un pensiero fulmineo di andare verso di lui. Avverto il mio corpo desideroso di fare qualche passo verso di lui ma mi soffermo e mi costringo a piantare i piedi al suolo.
Dice qualcosa di impercettibile, dopodiché, mi volta le spalle facendo qualche passo ma io mi ritrovo ancora una volta a rincorrerlo. Mi sento come una falena attirata dalla luce, incapace di lasciarlo andare, non riesco a farlo o forse non voglio.
«Aspetta» brontolo.
Si ferma voltandosi verso di me serio, aspettando che io dica qualcosa.
«Okay, ad una condizione però...» faccio puntandogli il dito.
Se non fosse Christian penserei seriamente che negli occhi pare attraversargli un barlume di speranza: «Va bene».
«Che sia l'ultima, Christian! Non mi volterò ancora indietro, non ti darò nessun'altra possibilità!» dico fermamente.
Assente lasciandosi sfuggire un sospiro di sollievo e un abbozzo mentre ritorna da me, soffermandosi però davanti alla porta.
«Non hai pensato che qui potevi incontrare qualcun altro e non me?» domando prima di farlo entrare.
Si morde le labbra sussurrando: «So che tua madre sta partendo, speravo che non fossi con lei».
Mi sposto senza riuscire a ribattere, Christian si sofferma in salotto mentre io dopo un lungo sospiro chiudo la porta alle mie spalle.
Si sposta lentamente sedendosi sul divano, osservo i suoi gesti: chiude gli occhi mettendo le mani fra i capelli castani, poi poggia i gomiti sulle ginocchia e in un gesto involontario osserva cosa lo circonda, tuttavia, abbozza un sorriso ma il mio sguardo ricade su un tatuaggio nuovo. È molto cupo, penso. Particolare e estremamente ipnotico. Sono come tante ombre che si incastrano fra di loro e ogni linea percorre il suo braccio come se volesse inondare tutto di questa forza buia. Ci sono sfumature di nero che lo rendono ancora più oscuro, il tutto viene completato da una accumulo di inchiostro e un serpente che viene incastrato da queste sfumature.
«È nuovo?» indico il suo braccio destro curiosa.
Annuisce guardandomi per pochi attimi, dopodiché, ritorna a socchiudere gli occhi.
«Che significato ha? E perché lo hai fatto?» continuo.
«Non lo so, volevo farlo e l'ho fatto» risponde semplicemente, ritornando il Christian che ho sempre conosciuto e temuto di incontrare.
Lascio andare uno sbuffo rumoroso, quando lui mi domanda cosa facevo prima che venisse.
«Nulla, cercavo un film da guardare! Dove ti sei procurato quei tagli?» metto le mani sui fianchi aspettando impaziente che mi possa degnare di una risposta.
«Fai troppe domande», dice invece.
Lo guardo seria: «E tu continui a comportati da stronzo».
«Non voglio semplicemente parlarne adesso. Vorrei non pensarci troppo» si strattona i capelli alzandosi.
Fa un passo verso di me, le sue iridi mi fissano, mi ipnotizzano ancora un volta. Il suo silenzio mi confonde e cerco una scappatoia per sfuggire a quello che mi provoca.
«Okay, ma devi curare le ferite», gli dico seria.
«Va bene, piccola» ride bagnando il labbro inferiore con la lingua.
«Stai lì, ora arrivo!» dichiaro in tono autoritario trattenendo però il respiro per il nomignolo che ha utilizzato ancora una volta. 
Christian alza le braccia in segno di resa ritornando a sedersi sul divano. Corro in bagno prendendo il necessario per medicare i suoi tagli, dopodiché, torno in salotto ritrovandolo nella stessa posizione in cui l'avevo lasciato.
Poggio l'occorrente sul tavolino, con del cotone imbevuto di disinfettante mi avvicino a lui.
«Forse brucerà un po'» lo avverto.
«Niente che non possa sopportare» commenta avvicinandosi troppo.
Tuttavia, mi posiziono fra le sue gambe ricordando la sera della festa, e quello che abbiamo vissuto avvertendo un soffio al centro del petto.
«Mi ci potrei abituare a questo» fa lui abbozzando un sorriso.
«Taci!» affermo provocandogli un ghigno.
Alza la testa lasciandosi servire, poggio il cotone sul sopracciglio tamponando delicatamente.
Ogni tanto stringe gli occhi per il dolore, e si sposta indietro quando diventa quasi insopportabile.
«Mi fermo?», gli chiedo.
Scuote la testa con gli occhi chiusi ma l'espressione serena sul viso. Da qui riesco a vedere al meglio i suoi lineamenti; le sue labbra carnose, le sopracciglia folte, curate. Le ciglia sono lunghe e all'insù, mentre il naso è magro e dritto. Vorrei poggiarci le labbra e lasciargli qualche bacio ma scaccio il pensiero prima che possa fare qualcosa di cui mi pentirò. Ormai avere accanto Christian mi induce a non riconoscere me stessa, sento come se potessi fare tutto e non dare mai importanza ai limiti. Metto una mano sulla sua guancia e impulsivamente con il pollice la carezzo, percepisco il suo respiro lungo, dopodiché, si lascia sfuggire un gemito. Continuo nella mia missione di medicarlo, ma non smetto di sfiorare la sua pelle morbida e calda. Si sposta appena verso la mia mano facendomi capire di non smettere di accarezzarlo.
Deglutisco e sotto voce dico: «Hai un taglio anche sul labbro».
Le palpebre si spalancano e quel verde smeraldo mi osserva, mi scruta con attenzione.
«Quello puoi curarlo in un altro modo» il suo tono è carico di desiderio.
Inalo riempiendo i polmoni di ossigeno, devo riuscire a resistergli e non cedere. Non posso fargli capire che anche io desidero baciarlo, mi sposto dal suo sguardo seducente e cerco di non fissare le labbra tumide e appena gonfie.
«Perché non vuoi dirmi come te le sei procurate?» domando cercando di riacquistare lucidità e mettere tra noi distanza.
Alza gli occhi al cielo lasciando andare uno sbuffo.
«Perché non è successo niente, ho fatto boxe e forse ho un po' esagerato»
«Un po'?» ribadisco alzando le sopracciglia.
«Be' si» dice sorridendo.
Lo guardo con sguardo carico di disapprovazione ma lui non perde tempo a cambiare argomento esclamando: «Cos'è questo buono odore?».
«Avevo fatto i pop corn»
«Ne posso avere un po'?» mette il broncio in segno di supplica e ovviamente non riesco a dire di no.
«Okay», dico andando in cucina.
Riempio una ciotola cercando di non soffermarmi troppo sul pensiero che lui è sul mio divano ad aspettarmi e che quello che sento dentro di me comincia a diventare ingestibile, tuttavia, mi costringo sempre di più a non ascoltare i pensieri contrastanti tornando da lui che si è messo comodo sul divano a cercare qualcosa da guardare.
Mi siedo poco distante, devo mantenere le distanze per evitare di ritrovarmi in situazioni particolari e averlo vicino non garantirà nulla di tutto ciò.
«Cosa vuoi guardare?»
«Non lo so», faccio sistemando la ciotola tra noi.
Si sofferma su un programma di pugilato e tutta quella violenza mi fa accapponare la pelle, lo ammonisco più volte costringendolo a cambiare.
«Non mi piace la violenza, picchiarsi per il gusto di farlo... non ha senso! Non ho mai capito questo sport» trasecolo con aria disgustata.
Alza le sopracciglia sogghignando: «Non sai cosa ti perdi».
«Preferisco non saperlo, guardiamo un film» propongo invece.
«Ho già guardato... non fanno nulla»
«Allora cercheremo sul computer», dico afferrandolo dal tavolino.
«Non mettere film d'amore o cose simili» mi avverte.
«Decido io cosa guardare!» Lo guardo di traverso mentre lui a stento si trattiene dal ridere.
Mi piace quando non ribatte o accetta la sconfitta.
Inizio la mia ricerca su Netflix, ma ogni suo tentativo di mettere un genere thriller viene scacciato dalla mia voglia di vedere qualcosa di più... dolce.
Propongo diversi film, ma ad ogni titolo getta la sua conclusione dicendo che il lieto fine è per gli illusi.
«Perché è così fastidioso per te vedere un lieto fine?»
«Perché la realtà è diversa, l'amore non supera tutto!» dichiara deleterio.
«Ma ogni film cerca di far capire che il lieto fine prosegue, ovviamente ci saranno problemi, ma l'amore può superare anche quelli!» esordisco fissando la copertina di: Le pagine della nostra vita.
«Ma sono film scontati, sai come andranno a finire ancora prima di guardarlo», ribadisce.
«Uffa, il bello è vedere il loro amore nascere non soffermarsi sul finale» borbotto fissando ancora una volta l'immagine di Noah e Allie mentre si perdono l'una nello sguardo dell'altro.
Alzo gli occhi su di lui che con il braccio poggiato sulla spalliera del divano mi osserva senza evitare di abbozzare un sorriso.
«Allora vedremo questo...», gli dico scrivendo il titolo.
«Chiamami col tuo nome, cos'è? Non l'ho mai sentito», aggrotta la fronte fissando lo schermo.
«Ti piacerà»
«e anche il finale» aggiungo.
«Non so se fidarmi!» esclama mettendosi una manciata di pop corn in bocca.
«Allora staremo a vedere... se ti piacerà dovrai fare una penitenza in caso contrario potrai chiedermi quello che vuoi»
«Sei sicura?» domanda con un sorriso sornione stampato in faccia.
«Si, ma non devi barare! Tanto capirò se ti sarà piaciuto» commento prima di partire il film.
Bisbiglia un «Affare fatto» sfiorandomi con le labbra il lobo dell'orecchio.
Lascio percorrermi un brivido ma mi alzo subito andando a spegnere la luce e parto il film sedendomi per terra mentre lui si stende sul divano con le gambe penzoloni.
Nei primi dieci minuti continua imperterrito a fare commenti su Oliver e il suo modo di vestire, dopodiché, si concentra su Elio e sul suo carattere troppo timido. Lo ammonisco dicendogli di stare in silenzio ma inizia davvero ad interessarsi al film quando i due protagonisti si baciano per la prima volta. Ho il cuore in gola e sento i suoi occhi addosso, il suo respiro caldo è vicino al mio collo. Ogni tanto alzo lo sguardo su di lui ritrovandolo concentrato a seguire il film, non capisco se voglia provocarmi.
«Ti piace?» sussurro mentre il film prosegue, non riesco a concentrarmi su di loro avendo lui così vicino.
«Shh» mi fa schiacciandomi l'occhiolino ed mi perdo per qualche attimo a osservare la sua bellezza. Non credevo di potermi sentire tranquilla dopo la settimana trascorsa, ma riesco a sentire finalmente quella pace provata la mattina dopo la festa, mentre lui dormiva riusciva comunque a trasmettermi sicurezza e una calma disarmante.
Mi alzo sedendomi accanto a lui, ho male alle schiena rimandando per terra e anche Christian sembra gradire la scelta. Poggia la faccia sulle mani e con aria serena continua a seguire il film, anch'io adesso inizio a perdermi nelle vite di Oliver e Elio e nel loro amore. Entrambi impauriti dai sentimenti che provano e in un respingersi e attrarsi continuo, mi ricorda un po' noi due... solo che Christian ed io passiamo più tempo a litigare e allontanarci.
Quando Oliver parte andando lontano da Elio, le prime lacrime mi scorrono sul viso, ma nulla paragonato al discorso che il padre fa ad Elio. Singhiozzo fissando lo schermo, Christian si avvicina di più eliminando lo spazio che ci divide. Alzo appena lo sguardo, si è incupito vedendomi piangere. Quando scopre il finale del film, il suo sguardo si rabbuia maggiormente e fissa con disprezzo lo schermo.
Mi guarda ancora mentre asciugo frettolosamente le guance quando il volto e la sofferenza di Elio svanisce dai nostri occhi, facendo partire i titoli di coda.
«Non volevi un lieto fine», gli ricordo quando definisce Oliver come un traditore.
«Si, ma non ha senso... sposarsi con una persona che non ama solo perché gli altri non accettano il loro amore? Cosa gli importa di cosa pensano le persone?» borbotta gesticolando.
È la prima volta che mi capita di vederlo così.
«L'hai detto tu che l'amore non supera tutto!»
«Be' non volevo vederti piangere», mi fa con tono incerto senza guardarmi negli occhi.
«Non è stata mica colpa tua», dico ricomponendomi.
«Be' volevo io un film senza lieto fine» mugugna.
«Smettila di darti la colpa di tutto, anche con un film con il lieto fine avrei pianto!» lo rassicuro.
Mi volto con tutto il corpo verso di lui e gli ricordo della "scommessa" fatta.
«Mediocre», commenta.
Lo guardo di traverso e lo incito a dire la verità.
«Okay, carino! Ma non lo riguarderò!»
«Quindi ho vinto», rispondo mordendomi le labbra.
«E cosa hai intenzione di farmi fare adesso?», mi chiede leccandosi le labbra.
«Mi consenti una domanda?», propongo spezzando la sua speranza di ottenere altro.
Esita sull'accettare e tergiversa cercando di cambiare argomento, ma alla fine accetta.
«Una sola»
«Davvero?» domando sorpresa.
Non pensavo accettasse ma adesso ho così tanto da chiedere che non so da dove iniziare, vorrei chiedergli di tutto ma in una sola domanda come posso racchiudere le mie curiosità?
«Sbrigati sennò cambio idea» risponde spazientito.
Metto una mano sul mento, pensandoci. Alla fine, però, mi esce una domanda che pensavo di non fare.
«Cosa significa quel tatuaggio?»
Esprime il suo dissenso dicendo: «Finché non ti rispondo non mi darai tregua, vero?»
«Esatto!»
«Non so dare una giusta definizione ma è stato come racchiudere tutto quello che provavo in questo» spiega fissando lo schermo del computer.
«Un serpente che viene divorato da delle fiamme?» cerco di decifrarlo.
Lo scruta anche lui tracciando le linee che incombono sull'animale.
«Si. Perché in quel momento provavo rabbia verso me stesso!» si è rabbuiato fissando il tatuaggio e mi sento in colpa per averlo obbligato a parlarmene.
Provo a rimediare cambiando argomento e optando per un altro film. Questa volta decide lui, sceglie: The Wolf of Wall Street.
Metto il computer sul tavolino, andando subito dopo a posare la ciotola vuota in cucina. Christian segue i miei movimenti. Mi mette soggezione, prima di rifugiarmi dietro la porta per riprendere fiato mi volto verso di lui beccandolo a fissarmi. Il suo sguardo è così intenso da non riuscire a sostenerlo. Non so perché mi sento improvvisamente così... il mio corpo prende fuoco e le mie guance scottano. Varco la soglia della cucina, sento l'esigenza di chiudere gli occhi cercando di calmarmi, non riesco a pensare lucidamente, il suo sguardo mi provoca una sensazione innata; non mi sono mai sentita così. Non riesco a descriverla. La porta si scosta di poco, ruoto il capo ritrovandolo a osservarmi con occhi carichi di desiderio. Si morde le labbra avvicinandosi con veemenza verso di me.
Non posso indietreggiare così mi appoggio al bancone.
«Il film è già finito?» provo a dire con tono calmo, ma risulta stridulo e poco convincente.
Non risponde ma lentamente si posiziona davanti a me; fisso il suo petto andare su e giù ma con l'indice mi costringe ad alzare il mento e incrociare il suo sguardo.
«Non so quanto sia una buona i...» mormoro ma il suo pollice sfiora il mio labbro inferiore provocandomi un sussulto.
I nostri respiri sono l'unica cosa che riesco ad udire, tutto il resto sparisce. Schiudo le labbra lasciandomi trasportare da quello che provo, non riesco più a controllare il mio corpo. La mia mente mi impedisce di pensare lucidamente e anche se c'è una piccola vocina dentro di me che dice: non ci cascare di nuovo, la mando via.
Si avvicina con il volto al mio sussurrandomi: «Ti sono mancato?».
Rimango per pochi istanti a fissarlo senza riuscire a ribattere, schiudo le labbra per iniziare a parlare ma qualcosa mi blocca. Perché ho così paura di ammetterlo?
La sua mano scivola penzoloni e scuotendo la testa afferma: «Hai ragione. Non è una buona idea!».
Contrae la mascella, i suoi occhi delusi mi costringono a fermarlo ancora una volta, non voglio rovinare questo momento.
«Christian» lo chiamo avendo improvvisamente la voce incrinata.
«Non riesco nemmeno a dirlo ad alta voce quanto tu mi sia mancato, perché ogni volta che ci penso mi manca il respiro a tal punto da non riuscire a respirare. Si cavolo, mi sei mancato... h-ho paura ad ammetterlo perché non so cosa pensi tu, il fatto che litighiamo sempre e mi allontani da te mi impedisce di essere sicura con quello che provo. Io non...» non riesco a concludere la frase, poiché ritorna ad attraversare la cucina a grandi passi, gli vado incontro aggrappandomi alle sue spalle larghe. Mi stringe sollevandomi da terra, mentre le nostre bocche si toccano, si bramano, si desiderano, si cercano. Attraverso le sue labbra sento il suo cuore battere forte e mi perdo nel calore della sua bocca. Sa di popcorn e desiderio. Avvolgo le mie braccia intorno alle sue spalle per reggermi, passo le dita fra i capelli arruffati, li strattono lasciandosi sfuggire un gemito accompagnato da un mio ansito. Mi poggia sul balcone della cucina baciandomi il collo. Si stacca per un istante facendomi sentire una sensazione di vuoto.
«Mi sei mancata anche tu» mormora ritornando a baciarmi la pelle.
Un fremito percorre tutto il mio ventre finendo per darmi una sensazione di calore e solletico proprio laggiù.
Inalo e socchiudo gli occhi quando prende a succhiare la clavicola, percorre una scia di baci fino ad arrivare al mio seno. Da sopra la stoffa della maglietta mordicchia un seno delicatamente, mi sfugge dalle labbra un flebile gemito strozzato. Gli strattono i capelli costringendolo a ritornare alla mia bocca, sussurra il mio nome mentre le nostre lingue vanno perfettamente all'unisono. Con un gesto inconscio avvolgo le mie gambe intorno alla sua vita attirandolo a me. Sento una pressione tra le gambe che mi costringe ad avvicinarmi ancora di più a lui.
Le sue labbra sussurrano sulle mie: «Dimmi cosa vuoi?»
Cosa voglio? Cosa dovrei volere? Voglio lui.
Non riesco a pronunciare quello che vorrei dire, d'altro canto Christian smette di baciarmi il lobo e mi fissa negli occhi.
«Posso darti tutto quello che vuoi, ma ho bisogno di capire cosa ti piace e cosa vuoi fare!» esclama con affanno.
Arrossisco.
Cosa mi piace fare? Cos'è che mi piace fare? Non ci ho mai dovuto pensare prima.
Divento di colpo titubante quando mormora: «Cosa provi quando sei da sola?».
Aggrotto la fronte fissando i suoi occhi curiosi, si tira appena indietro facendo scivolare le mie mani lungo le spalle larghe e le braccia muscolose che continuano a stringermi.
«Non hai mai fatto niente che riguardi il sesso?»
La sua domanda mi fa diventare paonazza di vergogna.
Ho la gola serrata, quindi, scuoto la testa sentendo delle vampare di fuoco incendiare dentro di me.
«Sei più innocente di quel che credevo» sussurra mordendosi le labbra.
«Ed è un male?» chiedo con indulgenza.
«No, mi rendi ancora più incapace di resisterti» bisbiglia con un sorriso sul viso.
Si avvicina stampandomi con le labbra carnose un bacio casto.
«Nessuno mi ha mai fatto sentire così» ammetto.
«Così come?»
«Viva», dico e le nostre anime si incrociano attraverso i nostri occhi.
La sua bocca finisce ancora una volta sulla mia, con le braccia mi solleva dal bancone  dicendo: «Dobbiamo rimediare».
«A cosa?» domando ridendo.
«A questo guaio!» esclama ridendo provocandomi un fremito fino a lì.

La Forma del DestinoWhere stories live. Discover now