Capitolo 51

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FEDERICA

Attraverso il corridoio, con la consapevolezza che in modo codardo ha evitato un confronto, chiedendo ad Agnese di riportarmi a casa prima di scappare chissà dove. Con quest'ultima mi soffermo davanti la sua camera, la porta è chiusa. Ruoto lo sguardo fissando la maniglia, voglio sapere se è qui. Mi guardo intorno percependo un magone al petto, le gambe sono deboli e mi abbraccio la vita provando a darmi un briciolo di conforto per aiutarmi ad andare avanti. Con il soffio sul cuore e la nebbia nella mente mi sento precipitare come pioggia sull'asfalto, percepisco ogni brandello del mio corpo che si sbriciola al tocco delle mie mani, vorrei piangere ma mi trattengo.
Agnese mi chiama facendomi distogliere l'attenzione dal mio stato d'animo, le rivolgo un sorriso debole e la raggiungo nel silenzio di questa serata. Mi indica una porta sulla destra poco distante dalla camera di Christian, vicino alla vetrata che da sulla piscina. Ci butto un'occhiata prima di entrare nella stanza, ricordando la prima volta che ho messo piede in questa parte di casa; è stata anche la prima volta che ho dormito con lui. Sembra passato un infinità da quel giorno, non mi capacito di come sia possibile essere arrivati a questo, come abbia fatto la mia vita a prendere una simile piega. Lo conosco da pochi mesi ma è riuscito a cucirsi dentro di me e a cambiarmi, si è colorato in modo indelebile nella mia mente, nella mia vita ma soprattutto nella mia anima. Non riesco a capirlo, delle volte non riesco a comprendere neanche perché abbia così paura di lasciarsi andare.
«Hai tutto quello che ti serve?» Mi domanda forse per la seconda volta poiché mi sento così imprigionata dai pensieri che non riesco a prendere la realtà in mano e ad essere lucida.
Annuisco fissando il letto matrimoniale con sopra dei pantaloni e una maglia a scacchi blu e neri adagiati sull'angolo del letto.
La stanza ha colori semplici che la dipingono rendendola priva di identità, ma pur sempre molto elegante. I mobili sono su un colore simile al grigio pietra mentre tende, lenzuola e pareti sono rigorosamente di un bianco latte.
Una mano calda mi sfiora i capelli e voltandomi due occhi grigi comprensivi e cordiali mi accolgono facendomi sentire nuovamente sul crollo del pianto.
«Tesoro» inizia a dire rivolgendomi anche un sorriso comprensivo, «so che è difficile, e so che probabilmente di fronte a queste situazioni ti senti impotente ma se tieni davvero a Christian, e da quello che vedo è così, non mollare. È vero, è una persona molto particolare e lo hai capito anche tu, ma prenditi cura di lui pare che tu ci riesca meglio di tutti gli altri» mi bisbiglia come se potesse sentirci.
«Lui è la prima volta che si fida di qualcuno che non sia io, non dare per scontato questi gesti. Ma soprattutto dagli il tempo di capire con la sua testa che ha bisogno di te per stare bene, da quando ti ha conosciuto ho notato un cambiamento che speravo da tempo, ma non arrivava mai e adesso ha paura perché non riesce a controllare i sentimenti che prova, ma lui ha bisogno di te...» continua lei e una lacrima mi sfugge sulla guancia calda, la raccoglie veloce con il pollice.
«A volte mi sento come se non mi volesse affatto, mi allontana e rifiuta il mio aiuto» brontolo con il labbro inferiore tremolante.
«E invece lo stai aiutando, lo stai migliorando ed io lo noto e anche lui. Ho sempre sperato trovasse qualcuno che si prendesse cura del suo cuore, oggi ho visto che la tua presenza riesce a migliorare non solo lui ma un po' tutti noi» mi confessa ed io istintivamente mi stringo a questa donna così buona e sensibile.
Lei un po' sorpresa ricambia il mio abbraccio e mi accoglie tra le sue braccia come se fossi una sua piccola nipote che non vedeva da tempo. Il suo abbraccio mi ricorda un po' quelli della mia nonna Mery, quando ero piccola e andavamo a trovarla nella casa di cura la domenica. Mi manca così tanto che per qualche istante riesco a sentire il suo buon odore di cannella nell'aria.
«Grazie» mormoro tirando su col naso.
Scioglie l'abbraccio ma mi rassicura con altre parole che riescono a calmarmi, almeno apparentemente.
«Ora riposati, va bene?» Mi intima ed io annuisco asciugandomi il volto umido. Chiude la porta alle sue spalle concedendomi privacy, tuttavia non appena lo scatto della serratura mi concede di rimanere nella mia solitudine la sensazione di vuoto, ancora molto presente nel mio petto, mi avvolge. Socchiudo le palpebre lasciandomi cullare dalle gocce di pioggia che colpiscono il vetro, mi avvio alla finestra e osservo l'argento cascare e mescolarsi all'acqua della piscina.
Una goccia non può stravolgere le cose ma può cambiarle, penso.
Sono come una goccia d'acqua nell'oceano, mi dico.
Non posso cambiarlo ma forse posso migliorarlo. Con lui è tutto così inaspettato, ma non riesco ad accettare un amore diverso dal suo, il suo pensiero mi brucia corpo e mente e il suo calore, il suo odore, la sua voce, tutto di lui vive dentro di me. È ormai qualcosa che non riesco a fare a meno. Non voglio fare a meno di lui, chissà se per lui è lo stesso.
Mi spoglio lentamente e sfioro la cicatrice che riesce a toccarmi senza farmi piombare nei ricordi, l'ha baciata come se fosse un modo per curarla e l'ha accettata sul mio corpo come se fosse normale. Mi ha fatto sentire come mai in vita mia, mi ha fatto sentire amata e giusta. Pensare che lui rifiuta l'amore, mi rende confusa. Tutto quello che mi lega a lui è circondato da questo sentimento, rifiuta lui e rifiuta me, a quale scopo? A volte non riesco a stargli dietro perché le sue azioni vengono scaturite da momenti discordanti; è contraddittorio e irregolare. Ma la sua irregolarità mi attira come se fossi una falena con la luce, la sua contraddizione mi incastra nel suo mondo, la sua anima mi attira come una calamita, il fuoco che arde dentro di lui mi accende e allo stesso tempo mi annienta, i suoi modi mi avvolgono e mi imprigionano ma sono io stessa ad avere la chiave, sono io a chiudermi anche se lui mi prega di stare lontano dalla sua vita, da lui, dal suo mondo.
Infilo il pigiama di due, tre taglie più grande e avvolgo l'elastico per far si che non mi cada, indosso poi la maglia all'interno per coprirmi tutta. Mi corico sul materasso troppo duro, dopodiché, mi insinuo sotto le coperte pensando a dove si possa essere cacciato, al suo gesto di chiudersi in se stesso e scappare da me dopo la nostra discussione. Starà dormendo? Mi starà pensando? Vorrà sapere dove mi trovo? Mi vorrebbe vicina? Fisso il soffitto per un tempo indefinito; guardo il display del cellulare, i minuti passano ed io mi ritrovo a girarmi e rigirarmi nel letto senza prendere sonno. Guardo fuori ricordando le notti passate con lui, accanto al suo corpo caldo e mi rendo conto del fatto che non riesco più a dormire bene senza Christian accanto. Sospiro e mi alzo a sedere, mi strofino il viso tra le mani e soffoco un urlo per non farmi sentire. Mi domando spesso perché sto investendo il mio tempo, perché sto facendo questo e soprattutto mi chiedo se ne vale la pena. Cerco di convincermi del fatto che non ho bisogno di lui per stare bene, non ho bisogno di annientarmi per qualcuno che vuole che gli stia distante, e sono arrabbiata con la me che non riesce ad imporsi ma poi penso a questo noi che non riesce ad accettare ma di cui non riesce a farne a meno, e dentro di me si spinge una voce che mi regala la speranza di un inizio con lui.
Mi guardo le mani ritrovando tracce di mascara ancora presente sotto agli occhi, così mi alzo e lentamente apro la porta catapultandomi fuori dalla stanza. La pioggia sempre più forte scorre sulle nostre teste, il cielo urla e piange mentre noi ci ripariamo sotto i tetti per contrastare la sua ira. Chissà cosa starà provando... le sue pene sono quelle di un cielo in tempesta? Che forma hanno le sue ferite e cosa covano dentro? A piccoli passi mi avvicino alla porta del bagno ma mi soffermo davanti quella di camera sua, carezzo il legno liscio e stringo la mano a pugno per bussare ma mi blocco con la mano sospesa. Scuoto la testa e mi infilo velocemente in bagno chiudendo la porta alle spalle.
Socchiudo le palpebre sentendomi una ragazzina che ha scampato una strigliata, sbuffo staccando la schiena dalla porta e avvicinandomi al lavello, mi fisso allo specchio provando rabbia per il riflesso che vedo. Faccio per sfilare l'elastico e legare i capelli ma ricordo che lo ha Christian al polso, perché se lo tiene lì? Ha qualche significato per lui? Lo tiene perché gli ricorda me o il mio odore?
Stringo i denti e le palpebre cercando di scacciare le innumerevoli domande che mi divorano. Non ho risposte, non c'è forma concreta e mi sento destabilizzata. Lavo il viso con acqua bollente, la pelle si arrossa ma non percepisco davvero il dolore forse perché dentro di me c'è qualcosa che divora ogni mia sensazione ed emozione.
Mi osservo per altri pochi minuti ma dal riflesso noto che accanto alla porta che mi divide da Christian ci sono guantoni, pantaloncini e t-shirt gettati per terra. L'odore di muschio che mi investe diventa più violento non appena mi avvicino alla doccia, avrà fatto boxe? L'odore si insinua tra i miei sensi, stordendomi. Ci metto qualche secondo a riprendermi perché le sue parole si risvegliano ogni volta che le palpebre si sfiorano, ad ogni battito la sua voce riprende vita. Ha esclamato di avere paura, paura di farmi del male, pensa di non essere abbastanza per me?
"Forse hai ragione, ho paura di molte cose e quella principale è farti male"; "ho paura di essere come gli uomini della mia vita e non essere in grado di renderti felice come meriti".
Ha il timore che non potrei comprenderlo e a volte lo ho anche io, ma ho voglia di farlo, ho voglia di provare a decifrare ogni piccola parte di lui, partendo da quello che lo spaventa di più e mi spaventa di più, a quello che comprendo di meno.
Sospiro sentendo la testa voler esplodere, mi volto e faccio dei passi per uscire, desisto e torno indietro.
Poggio la testa sulla porta bussando senza pensarci, stringo gli occhi in due fessure e mi allontano dalla essa frettolosamente come se avessi preso la corrente. Sto per tornare in camera ma il suo odore si insinua ancora facendomi fermare. Poi, respiro rumorosamente, fisso per qualche altro istante la porta che mi divide da lui e busso  ancora non ricevendo però nessuna risposta. Sto per andare via quando percepisco un lamento provenire dalla camera, apro leggermente senza attendere e ritrovo la stanza nel buio completo, l'unica fonte di luce è quella proveniente dal bagno che illumina appena il letto.
Mi insinuo chiamandolo sottovoce: «Chris».
Piuttosto che ricevere una risposta un altro lamento mi fa rabbrividire. Faccio qualche altro passo cercando di individuarlo, ma soprattutto cerco di non cadere per il buio in cui incombe la stanza. Lo chiamo ancora ma colpisco contro qualcosa lasciato per terra, riesco a stento a stare in piedi e afferro l'oggetto tastando il pavimento. Lo stringo tra le mani, è un diario? Intravedo la scritta bianca, la citazione di Dostoevskij. Ci passo i polpastrelli sopra, e so che è sbagliato ma apro la copertina e sfoglio alcune pagine dove ci sono scritte che non riesco a leggere per la poco luce ma alcuni schizzi catturano la mia attenzione sorprendendo la mia curiosità: mani che si intrecciano bloccate da delle catene, serpenti, volti deformati, corpi con delle ferite, un cuore con tante frecce che lo trafiggono, occhi che lacrimano sangue. Giro le pagine e intravedo disegni che mi divorano l'anima, frazioni di secondo che mi confondono e mi costringono a perdermi dentro queste creazioni. Un lamento e poi un altro, alzo gli occhi sul letto e la sagoma di Christian si muove tra le lenzuola.
Poggio il diario sul comodino e lo chiamo.
«Christian sei sveglio?» Provo a dire quando ancora una volta un lamento più forte del precedente proviene dalle sue labbra.
Sta avendo un incubo? È rivolto a pancia in su con le mani lungo la vita, il petto nudo è perlato, sta sudando e lo noto anche dai capelli che sono appiccicati alla fronte. Lo scuoto per un braccio e provo a chiamarlo ma sembra non voler aprire gli occhi; un altro lamento e un sussurro impercettibile escono flebili dalla sua bocca e in un sospiro continua a dire frasi sconnesse.
«Christian mi senti?» alzo la voce ma le sue palpebre non vogliono schiudersi affatto.
Il suo corpo è rigido un po' come il mio; lo stato confusionale in cui mi trovo aumenta, non riesco a svegliarlo e provo a trovare una soluzione. Magari potrei chiamare Agnese, lo conosce, saprà come fare, mi dico.
Gli è già successo di non riuscire a svegliarsi dagli incubi?
Ancora un volta provo a scuoterlo mentre lui prende a dimenarsi come un'anguilla fra le lenzuola.
«Ti prego svegliati» lo scongiuro in tono lamentoso.
Mi sto preoccupando e non so come reagire.
«Non voglio guardare» strilla facendomi trasalire.
Cosa starà sognando? C'entra Andrea? Cosa non vuole guardare?
«Basta!» grida ancora ma questa volta, la voce si incrina.
«Non toccarla», ringhia mentre Morfeo lo stringe a se durante il sonno.
Ancora una volta provo a scuoterlo, la sua pelle umida è anche molto calda e la sua espressione sul viso sembra furiosa ma anche impaurita.
«Ho detto...NO!...Non puoi...» si sgola ma ben presto la voce diviene più sottile e più sofferente.
«Non...N-non voglio vedere, ti p-prego» dice come un bambino pronto a piangere.
Mi avvento su di lui nel panico, quando per l'ennesima volta non riesco a svegliarlo e le sue urla continuano a trafiggermi il cuore e l'anima.
«Christian svegliati ho detto» urlo anche io sopra la sua voce mentre i nostri lamenti diventano uno solo.
Salgo a cavalcioni sul suo corpo che ha smesso di muoversi per irrigidirsi ancora di più, continua però ad avere scatti e ad affondare la testa nel cuscino rifiutando qualcosa e chiedendo scusa sul crollo di un pianto. Dopo qualche tempo che mi pare infinito, piuttosto che urlare mi stringo a lui con forza e sussurro al suo orecchio per farmi sentire da quel briciolo di anima che tenta di svegliarsi, se ne è rimasta.
«Sono qui» inizio a dire lentamente mentre lui si dimena contro di me e più volte rischio di essere catapultata fuori dal letto.
«Ascoltami» mi stringo a lui con forza quando muove freneticamente la testa cercando di non darmi ascolto.
«Non sei obbligato a vedere niente, torna da me Christian. Torna da me.» mormoro cercando di non farmi coinvolgere dai sentimenti che mi farebbero piangere piuttosto che aiutare.
«Christian sono qui, sono io.» bisbiglio al suo orecchio.
Attimi infiniti di silenzio in cui non muove neanche un muscolo, se non fosse per il respiro irregolare penserei che stesse poco bene. Con le mani carezzo i suoi capelli appiccicaticci e continuo a sussurrare parole per calmarlo. Il mio corpo trema insieme al suo e i suoi lamenti continuano mentre io tento invano di svegliarlo. Mentre bacio la sua guancia umida, mi stringo di più a lui che continua a muoversi, così inizio a sussurrare senza pensarci la canzone che è riuscita a calmarlo tempo prima.
«When you feel my heat, look into my eyes...» bisbiglio con voce tremolante.
«No!» Esclama.
«It's where my demons hide, it's where my demons hide» continuo io accarezzandogli il viso ricordando il ritornello di una delle canzoni più belle che io abbia mai ascoltato.
«No» borbotta flebile.
«Don't get too close. It's dark inside... svegliati sono qui» mormoro e una mia lacrima bagna il viso di entrambi.
«Fede» ansima avvolgendo le sue braccia intorno alla mia vita.
«Si!» Esclamo continuando a sussurrare le parole della canzone.
«It's where my demons hide. It's where my demons hide» parlo sulle sue labbra mentre lui schiude le palpebre prima lentamente, dopo li spalanca e mi fissa con due diamanti spiritati.
Due pozze verdi miste al nero irrompono nel mio mondo impauriti, sono così profondi da venirmi difficile sostenere lo sguardo. Il suo respiro è irregolare, disumano. Si alza a sedere portandomi con sé al centro del letto.
«C-cosa... cosa ci fai qui?» Ansima confuso e scosso dal brutto sogno, senza però sciogliere la presa.
«Avevo bisogno di te e tu di me» rispondo con voce roca e speranzosa.
Lui mi fissa con quegli occhi che mi oltrepassano l'anima, un raggio di sole tra le nuvole del temporale, ogni parte di me prende vita insieme a lui. Quel verde mi imprigiona, luccica in questa tempesta.
«Non andartene, ti prego» mi prega mentre il suo corpo bollente trema.
«Non vado da nessuna parte!» dichiaro rassicurandolo.
Mi attira di più a sé, cingendo i nostri corpi già avvinghiati mentre le nostre bocche si cercano, si dedicano tutto il bisogno che hanno l'uno dell'altro. Un bacio pieno di passione, paura, desiderio ci invade. Il calore della sua bocca mi accende, la sua lingua mi accoglie e il suo corpo mi carezza le ferite. Si corica portandomi con sé, il suo cuore batte così forte da percepirlo attraverso le labbra.
Le mani viaggiano dando inizio a vere e proprie scariche lungo tutta la schiena. «Cosa mi stai facendo?» Domanda sulla mia bocca mentre mi bacia con trasporto e urgenza.
«Voglio salvarti da te stesso», ammetto senza volerlo.
Lui si scosta con il fiato corto e mi guarda per un tempo infinito senza battere ciglio, mi lecco le labbra perché vorrei ancora la sua bocca sulla mia, non mi piace questo distacco.
«Perché?» Mi domanda scostandomi delle ciocche ribelli dagli occhi.
«Perché cosa?» Chiedo a mia volta accarezzandogli il petto perlato dal sudore provocato dall'incubo.
«Perché stai facendo tutto questo per me?» Specifica ed io avrei solo una definizione da propinargli, poche sillabe per racchiudere tutto quello che sento, ma la sua paura verso questo sentimento mi fanno desistere.
«Voglio farlo Chris, voglio starti vicino. Ho bisogno di te per stare bene con me e tu hai bisogno di me per rimanere incollato alla realtà!» Dichiaro sincera con le guance in fiamme e un nodo alla gola per paura di quello che possa dire adesso.
Le sue mani mi prendono le guance e mi attirano a sé baciandomi ancora con forza, la sua esigenza di me sveglia la mia voglia di lui. Assaporo tutto il dolore e il desiderio che il suo corpo emana.
«Ne vuoi parlare?» Chiedo senza fiato quando prende a baciarmi il collo.
Stacca la bocca da me rimanendo qualche istante a pensarci e nel buio riesco a vedere appena le sue espressioni, quella linea che compare sulla sua fronte mi fa capire che è contrariato e a breve inizierà a scuotere la testa e svierà l'argomento.
«Preferisco non parlarne» mi dice deglutendo a vuoto.
«Okay» faccio passando una mano tra i suoi capelli umidi.
«Io... no-non riesco...» balbetta ma lo zittisco poggiando l'indice sulle sue labbra. «Non importa... però adesso devi provare a dormire» lo intimo mentre lui sospira ansioso.
Ha forse paura di rimanere bloccato in un altro incubo?
«Devi riposare anche tu» enuncia incastrando i nostri sguardi.
«Come puoi accettare questo?» Fa ancora scuotendo la testa scosso dai suoi sentimenti e dalle emozioni troppo forti.
«Non mi respingere» lo prego invece di rispondere continuando ad accarezzargli il viso.
«Chi ti ha mandato?» Continua con lo sguardo perso nel mio.
«Sarà stato il destino» mormoro con un debole sorriso sulle labbra.
«Non è mai stato clemente con me», esordisce pensandoci.
«Abbiamo tutti diritto ad una seconda possibilità, Christian».
Lui mi stringe ancora una volta a sé, il suo abbraccio è una richiesta di aiuto, sento ogni emozione trasferita nelle sue braccia avvolgermi tutta.
«Promettimi di non andare via», ribadisce in un filo di voce.
«Non lo farò», lo rassicuro ancora.
«Promettimelo» brontola, «promettimi che non scapperai da me» gli sento dire al mio orecchio e il suo respiro sulla mia pelle rimane impresso lì, come se avesse inciso quelle parole su di me.
«Te lo prometto», rispondo per poi aggiungere: «Ma adesso devi riposare».
Lui annuisce ed io faccio per scendere dal suo corpo ma mi trattiene tra le sue braccia.
«Rimaniamo così finché non mi addormento?» Fa lui ed io acconsento stampandogli un bacio casto sulle labbra.
Mi rannicchio con la testa nell'incavo del suo collo, e mi avvinghio a lui e al suo corpo che piano piano prende a calmarsi dall'incubo violento che lo ha assalito questa notte.
«'Notte piccola dea», borbotta stampandomi un bacio tra i capelli.
«'Notte Chris» sussurro dandogli un bacio leggero sul mento pensando al nomignolo che mi propina già per la seconda volta: dea.
«Mi piace Chris» mi fa notare, «Mia mamma mi chiamava così» continua accarezzandomi la schiena.
Non rispondo ma un sorriso spontaneo si fa strada sulle mie labbra, chiudo gli occhi e spero che le cose possano cambiare, possano migliorare e fargli capire che ha bisogno di me come io di lui.

La Forma del DestinoWhere stories live. Discover now