Capitolo 49

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CHRISTIAN

Il tuo dolore è così evidente... lei si è accorta di quello che cerco di nascondere da tutta la vita?
Continuo a stringerla tra le mie braccia, e questo potrebbe essere solo un incubo da cui mi risveglierò. Mi capita sempre più spesso di averla vicina e vederla sparire sotto ai miei occhi, i sogni mi ingannano la mente ed io ho sempre più paura — per una ragione che non riesco a spiegarmi — di perderla.
Io stesso la mando via da me, lo faccio per lei, merita qualcuno migliore di me che possa darle di più. Non faccio caso ai piccoli gesti degli altri, spesso non guardo affatto quello che fanno per me perché so che vogliono qualcosa in cambio, nulla è fatto per il gusto di fare, tuttavia Federica non è affatto come gli altri e mi regala ogni giorno qualcosa di lei che rimane impresso dentro di me come un pennello su una tela, dipinge e crea una forma, un significato, qualcosa che rimane indelebile nella mente e nel cuore ma anche negli occhi. Lei ha dipinto ogni piccola parte di lei, compresi particolari che neanche si accorge di avere. Il suo odore di vaniglia si impregna sui vestiti e mi colpisce i sensi, socchiudo gli occhi e involontariamente inalo il suo buon odore seguito da un bacio tra i capelli. Mi piace come si stringe a me, così piccola e testarda; piena di luce e spesso una bimba imbronciata che mi fa ammattire. Non so cosa mi sta facendo e pochi mesi fa se avessi pensato di fare questo genere di pensieri mi sarei fatto una grossa risata. Ero solito non accorgermi della gente intorno a me, piuttosto perdevo interesse quando mi davano attenzione, soprattutto perché la loro attenzione proveniva da un bisogno carnale e i pensieri erano più peccaminosi dei miei. Non importava a nessuno di come io stessi in quel momento, spesso non si accorgevano neppure se fossi venuto, quello che mi premeva era far godere loro e poi sparire. Ho pensato che anche a lei importassero le mie attenzioni, che gli importasse il mio corpo piuttosto che la mia mente ma guardando i suoi occhi ho capito che è l'opposto, ho sempre paura che possano leggere troppo, che riesca senza parlare a trovare il mio universo marcio e scappare via da me.
Mi piace sentire il calore che mi regala quando mi sta vicino, non riesco ad essere me stesso con lei, quel me stesso che odio. Avverto un emozione che mi opprime il petto quando leggo la delusione nei suoi occhi, come questa mattina quando era ormai stanca di lottare, stanca di convincermi, di stare dietro ai miei sbalzi. Tuttavia appena l'ho vista sparire dietro quella porta qualcosa ha preso piede nel mio petto e nella mia testa facendomi rendere conto di aver paura che possa stancarsi davvero di me. Nessuno riesce a starmi dietro, persino io ho abbassato le armi e mi sono fatto inghiottire dai demoni che mi circondano e dominano quello che ho dentro.
«Ti stancherai di me», mormoro riempiendo il silenzio che aleggia tra noi ormai da diversi minuti.
Lei alza la testa, che pochi attimi prima era poggiata sul mio petto, mi guarda dal basso con l'aria interrogativa e gli occhi che brillano.
«Perché pensi questo?» Bisbiglia come se qualcuno potesse sentirci.
Non rispondo ma continuo a osservare quel blu cobalto, le sue iridi hanno una sfumatura davvero insolita che vanno da un blu notte fino a diventare come il colore del ghiaccio. Sono particolari, mai visti così espressivi, mi ci perdo dimenticando totalmente la sua domanda.
«Non credo che riuscirei mai a stancarmi di te» esordisce dopo qualche altro minuto.
«E posso chiedere il perché?» Dico stampandole un piccolo bacio sulla punta del naso.
«Perché non ho mai provato con nessuno le sensazioni che mi fai vivere ogni giorno» mi confessa ed io rimango intontito dalla sua frase, mi sarei aspettato qualcosa di simpatico o provocatorio, non questa confessione che mi fa sentire come se potessi precipitare da un momento all'altro.
Le rivolgo un abbozzo di sorriso, lei si sta innamorando di me, una volta me lo ha confessato ma io ancora fingo che non sia così, sono terrorizzato dall'idea di ferirla, ferirla davvero.
Mi maledico perché non le sono stato sin da subito lontano ed ora inevitabilmente qualcuno dei due si farà male ed io non voglio che sia lei a soffrire, non voglio causarle altro dolore.
«Forse dovremmo andare» sentenzio guardando la sua piccola sveglia digitale sul comodino.
Lei segue la mia traiettoria e brontola: «Vero, mi devo cambiare».
Scioglie il nostro abbraccio ma io continuo a stringerle la mano, il suo sorriso diventa sempre più grande e colorato finché i suoi occhi non cadono sul mio polso dove si trova il suo elastico.
«Quello è mio» dichiara ed io ritraggo il braccio prima che possa toccarlo.
«Era tuo» specifico proteggendolo con l'altra mano.
«L'avevo perso, ecco dov'era» brontola lanciandomi un'occhiata da finta arrabbiata. «Era in un posto sicuro» faccio accarezzandomi il polso.
«Ma ha i pois...» fa lei scuotendo divertita la testa, poi ci pensa su.
«Puoi tenerlo» mi dice ma subito dopo mi punta il dito avvertendomi: «Ma non rovinarlo».
«Croce sul cuore... sarà al sicuro!» Dichiaro rivolgendole un sorriso tutto denti.
Scendo al piano di sotto concedendole la sua privacy, anche se avrei preferito rimanere insieme a lei e guardarla ancheggiare con le guance in fiamme e l'imbarazzo negli occhi.

La Forma del DestinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora