31. Mark contro tutti

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Ma prima doveva catturare il suo ragazzo-fiore, il traditore che aveva fatto uccidere Maverick senior... non ricordava molto bene come fosse fatto. Lo aveva visto una volta sola, al funerale, e tutto ciò che ricordava erano i capelli lunghi (che poteva aver ormai tagliato) e l'altezza fuori dal comune. Beh, si sarebbe fatto bastare quello che sapeva!

Qualcosa lo afferrò alla gola, mozzandogli il respiro, mentre un'ombra gli calava addosso. Un'ombra spropositata. Lennart raggiunse e afferrò la pistola, ma prima che potesse anche solo provare a puntarla verso l'alto, un'altra mano gli afferrò il polso e lo immobilizzò, facendogli scricchiolare le ossa.

Alzò la testa, cercando aria, e si ritrovò a guardare la faccia terrificante di un uomo che giganteggiava su di lui, una sorta di oscuro guerriero furente dai capelli rossi. Lunghi capelli rossi. Aveva occhi di un verde chiaro che sembravano biglie di vetro e quegli occhi erano pieni di una furia che li faceva sembrare ciechi.

«Mark McWoodland» Disse, con quel poco di voce che gli rimaneva, in un pigolio strozzato

«In carne, sangue e ossa» rispose l'altro, stringendo più forte alla gola.

Timothy si rimise in piedi, incespicando e tremando.

«Mark! Ti avevo detto di scappare!» Esclamò, tenendo basso il volume per non allarmare le guardie di fuori

«Non c'è di che» replicò il fratello.

Lennart lottava furiosamente per liberarsi da quella presa, ma anche solo muovere il polso gli faceva male e le dita non rispondevano più a dovere. Lasciò andare la pistola. Probabilmente aveva un polso slogato: quell'uomo aveva la forza di un orso. Mark McWoodland doveva essersi nascosto dietro il divano e Lennart pensò con amarezza di essere caduto come un ingenuo nella sua trappola. Se fosse sopravvissuto, Richard Maverick lo avrebbe punito per questo, lo avrebbe certamente declassato e messo a fare il gestore della peggior piazza della droga di tutti i tempi, con gli sbirri sempre sul collo e i tossici senza soldi che vogliono prendere la roba a credito. Fu con questi pensieri, e tirando pugni debolmente, che infine svenne.

Mark lo lasciò andare, raccolse la pistola da terra e controllò quanti proiettili gli rimanevano nel caricatore, poi mise la sicura e se la infilò in tasca.

«Quanti sono?» Domandò a suo fratello

«Io ne ho visti tre» rispose Timothy «Lui e due guardie lì fuori. Ma potrebbero essere di più. Ho visto una macchina che ci seguiva».

Timothy indietreggiò spaventato quando vide suo fratello venire in fretta verso di lui, ma rimase sorpreso da un abbraccio improvviso. Mark si chinò tutto su di lui, stringendolo forte, e gli sussurrò in un orecchio

«Stai bene?»

«Solo qualche livido» rispose Timothy «Niente di rotto»

«Mi dispiace» Mark sciolse l'abbraccio «Ma risolverò tutto»

«Dobbiamo chiamare la polizia. Hanno tagliato il cavo della linea fissa, fuori. Beh, hanno tagliato tutti i cavi» si strinse nelle spalle «Siamo tagliati fuori»

«Allora dovremo...»
«No! No. Non voglio che li combatti» Timothy lo afferrò per le spalle «Capisci? È pericoloso. Non voglio»

«Che alternative abbiamo?».

Timothy ci pensò per un attimo, guardandosi intorno, poi prese un profondo respiro

«Scappiamo. Dal retro. E andiamo in città, diciamo tutto alla polizia»

«Scappa, vai fratello. Sara sta per tornare qui. Non posso lasciarla da sola»

«Cosa? No, no, tu devi... devi venire con me. Sono io che non posso lasciare solo te!»

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