1. Ti va di giocare?

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A volte Jimin si sofferma ad osservare la gente fuori dalla sua finestra, ad osservare chi non è stato tanto fortunato quanto lui alla nascita. Si chiede chi o che cosa abbia deciso che andasse bene così, che il divario sociale fosse accettabile.

Si sofferma a guardare le donne che camminano nella piazza, stringendo sotto un braccio una caraffa d'acqua e sotto l'altro il proprio bambino. Si sofferma ad osservare gli uomini, costretti a passare le loro brevi vite a lavorare fino all'isteria, solo per poter portare qualche soldo a casa.

Si sofferma a pensare che non è giusto che lui si trovi nelle sue stanze, circondato da oro e stoffe pregiate, mentre tutti i suoi cittadini sono sempre nello sporco, nella polvere e non possono fare nulla per cambiare la loro posizione.

Che cos'ha lui in più rispetto a loro? Che cos'ha lui di diverso dai bambini che corrono ridendo per la piazza mentre lui è costretto a studiare per giornate intere? Non c'è nulla di diverso, è solo una questione di fortuna. E lui, otto anni fa, è stato tanto fortunato da nascere dal re e dalla regina di Aleor.

Ogni tanto vorrebbe essere sporco di fango come tutti i suoi coetanei, vorrebbe rigirarsi nella terra, venendo poi rimproverato dalla madre per i suoi capelli orribilmente sporchi. Invece no, perché il suo unico divertimento è il gioco della spada, che spesso assomiglia molto di più ad un allenamento, ed il suo unico amico, è la sua badante che gioca con lui in rare occasioni, quando suo padre non la sommerge di lavoro.

Jimin vorrebbe così tanto uscire dal castello per giocare con gli altri bambini, ma suo padre non vuole che si mischi con la gentaglia, ed in castano non lo fa, perchè il suo posto è il castello, e nelle rare occasioni pubbliche, la piazza.

Quando sente la porta aprirsi dietro di lui, il suo cuore salta un battito, e si volta verso l'entrata della sua stanza con entusiasmo, vedendo la sua badante entrare in stanza con un cesto di biancheria pulita.

"Giochiamo!?"

La donna gli sorride dolcemente, lasciando la cesta sul tavolo di fronte al suo letto ed avvicinandosi al bambino con passo veloce.

"Vorrei tanto Signorino, ma devo ancora sbrigare molte faccende. Magari domani."

Jimin si imbroncia nonostante fosse quasi sicuro che la risposta sarebbe stata simile a questa, portando una mano sulla gonna della donna per tirarla leggermente.

"Ma mi annoio."

A quel punto, la badante si accovaccia a terra per essere alla stessa altezza di Jimin, portando una mano sui suoi capelli ed accarezzandoli con affetto.

"Mi dispiace Signorino, potrebbe andare ad esplorare il castello, che ne pensa?"

Quella è la risposta che il castano ottiene quasi ogni giorno, ma questo non lo ferma dall'annuire, correndo fuori dalla sua stanza e sentendo una leggera risata alle sue spalle. Noi gli piace come siano tutti troppo occupati per giocare con lui! E soprattutto non gli piace come non ci siano bambini della sua età nel castello, lo trova ingiusto, tutti dovrebbero avere almeno un amichetto!

Si ritrova come sempre nell'ala destra del palazzo, percorrendo corridoi che ormai conosce a memoria. Corridoi che lo ospitano fin dalla sua nascita e che non gli hanno mai permesso di vedere il verde della foresta o i colori caldi delle case più povere. Quei colori che vorrebbe vedere ogni giorno, ma che trova molto raramente, perché è pericoloso là fuori per il futuro erede al trono, e suo padre non ha intenzione di far cadere la sua dinastia in nome del divertimento.

Jimin passa una delle sue piccole mani sul muro, ridacchiando leggermente alla strana sensazione porosa della pietra contro la sua pelle. È una cosa che fa spesso, gli piace toccare tutto ciò che c'è intorno a lui, chiudere gli occhi, e provare a vedere come si vive da ciechi, suo padre gli ha sempre detto che se perdi un senso, puoi sviluppare meglio gli altri, ed è questo che prova a fare in questi momenti.

Quando finalmente riapre gli occhi, sussulta leggermente, guardandosi intorno alla ricerca disperata di qualche guardia che possa accompagnarlo alla sua camera, non riconosce le mura intorno a lui, non è mai arrivato così lontano, ed il fatto che sia tutto polveroso, indica che non è una zona molto frequentata. Nonostante tutto, quando vede una grande porta in legno alla fine del corridoio, sente un moto di coraggio e curiosità farsi strada nel suo petto, la paura non può trovarsi nel cuore di un principe.

Si avvicina lentamente alla porta, tenendo il mento ben alzato come suo padre gli dice sempre di fare. Bussa leggermente sulla superfice, ottenendo in risposta un silenzio assordante che quasi lo spaventa. Quello stesso silenzio, però, dà vita ad una strana curiosità nel suo petto, che lo obbliga ad aprire la porta con l'imprudenza che solo un bambino potrebbe avere. Rimane più che deluso quando, una volta entrato, non riesce a vedere nulla a causa dell'illuminazione della stanza, non ci sono nè torce nè finestre. Forse ha trovato le stanze della servitù? No, sarebbe impossibile. La servitù vive ai piani inferiori, come i loro rango richiede. È impossibile che suo padre abbia permesso ad uno di loro di stare in una stanza al di sopra di quella del piccolo principe.

Deve ammettere di aver un po' paura ma, nonostante sia solo, non può permettersi di dimostrarlo esteriormente, non si addice ad un reale. Così, con il petto scosso dal timore, avanza nella stanza alla ricerca di qualche finestra da aprire, vuole solo vedere che cosa si trovi in questa parte del castello che non aveva mai esplorato prima e, poi, tornare alle sue noiose faccende quotidiane. Si muove nel buio con le braccia stese di fronte a lui, cercando alla cieca dei mobili che possano sostenerlo e quando, finalmente, arriva al muro, impiega meno di dieci secondi a trovare la superfice di legno della finestra. Ha qualche difficoltà ad aprirla ma, con qualche sforzo, riesce nel suo intento, rilasciando una piccola risata emozionata all'idea di potersi guardare intorno.

E una volta girato, rimane più che deluso dalla stanza, vecchia e sporca, piena di mobili che sembrano pronti ad essere buttati via. È quasi pronto ad abbandonare la stanza, quando sente un piccolo sussulto sorpreso. Si volta verso la sua destra, vedendo una piccola porta posta ad una altezza decisamente strana. Non ci sono scale per raggiungerla e, soprattutto, non è una porta normale, ma assomiglia tanto a quelle che ci sono nelle segrete, chiuse da barre di ferro.

Una piccola mano sporge dalle sbarre e Jimin non riesce bene a capire perché ci sia una stanza che nessuno può raggiungere nel suo castello. Soprattutto, perché all'interno di questa ci sia qualcuno. La sola idea lo terrorizza, che sia pericoloso?

"C'è q-qualcuno?"

La voce è bassa e sottile, probabilmente si tratta di un bambino proprio come lui. Jimin non sa bene come comportarsi in una situazione del genere, ma appena vede la scala che si trova in un angolo della stanza, la afferra senza esitazione, mangiato vivo dalla curiosità e dall'ansia di scoprire che cosa ci faccia qualcuno lì sopra.

Impiega un bel po' di tempo a spostarla, essendo decisamente troppo pesante per lui, e ancora più tempo a salire i vari scalini di legno. Ma quando finalmente arriva in cima, si siede sulla piccola piattaforma di fronte alle sbarre, ed i suoi piccoli occhi si sgranano. Ad aspettarlo al di sopra delle scale si trova un bambino della sua stessa altezza, i suoi piccoli occhi lo fissano con stupore mentre la sua bocca rimane aperta, come fosse sconvolto all'idea di vederlo lì. Ma ciò che sorprende davvero Jimin, è il colore di capelli dell'altro, uno strano verde che non aveva mai visto prima.

"C-Chi sei?"

Il bambino dai capelli verdi si riscuote dallo stupore, sedendosi a terra per essere alla stessa altezza dell'altro.

"Y-Yoongi, tu?"

Jimin è più che emozionato all'idea di avere qualcuno della sua stessa età nel castello, qualcuno con cui poter finalmente giocare e divertirsi.

"Io sono il principe Jimin. Ti va di giocare con me in giardino?"

Il castano lo fissa con speranza, non ricevendo risposta per qualche secondo.

"Non posso uscire, però se vuoi possiamo stare qui insieme."

Jimin rimane immobile a quel punto, chiedendosi come sia possibile che un bambino della sua età sia rinchiuso in una stanza senza alcuna possibilità di poter uscire. Ma in fin dei conti, esistono mille giochi che potrebbero fare anche così, e lui non ha certo intenzione di farsi sfuggire un'opportunità così grande. Desidera un compagno di giochi da quando è nato, e se l'unica possibilità per averlo è rimanere lì, in quello strano posto, non ha alcuna intenzione di tirarsi indietro.

"Ok, troviamo qualcosa da fare."

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