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Il giorno dopo arrivo alla casa editrice con una notevole quantità di caffeina nelle vene. E questo mi rende più nervosa di quanto in realtà io sia. Sono nervosa da ieri pomeriggio, dopo la chiacchierata con Edoardo. Sono stata nervosa tutta la notte, che mi ha conseguentemente portato a dormire solo cinque ore. E sono nervosa ora, davanti all'ufficio che condivido con Matt. So già cosa troverò una volta aperta la porta. E ancora non so come farò ad affrontare questa maledetta situazione. Io sono una brava ragazza, che lascia in pace la gente quando è arrabbiata. Non sono la ragazza che si mette a litigare.

Cosa dovrei fare? Salutarlo? Stare zitta? Salutarlo se mi saluta? Salutarlo anche se non mi saluta?

Respiro profondamente. Marina ha ragione: non mi fa bene lavorare in questo stato.

Apro la porta con un gesto secco e nervoso e lancio un'occhiata alla scrivania di Matt. Vuota. Grazie a dio.

Mi sistemo sulla sedia e inizio a accendere il computer, aspettando che il mio collega si faccia vivo. Due minuti dopo entra, con un diavolo per capello. Non potevo aspettarmi altro.

Non mi rivolge neanche uno sguardo, mentre mi lancia due libri.

_ Leggi i primi capitoli e fammi un commento_ sibila, sedendosi e iniziando a lavorare. Io mi rigiro i libri fra le mani, senza sapere bene cosa fare.

Un figura passa davanti alla nostra porta, fermandosi. Alzo la testa e vedo Edoardo con i due pollici alzati. Come è arrivato, se ne va, facendomi l'occhiolino. Deglutisco. Si comincia.

_ Buongiorno, Matt_ inizio, aprendo il primo testo. Economia aziendale. In inglese. Come odio il mio collega in questo preciso momento. Non solo mi sta rendendo le giornate un inferno, ma si diverte pure assegnandomi il genere che più detesto. In una lingua che non è la mia. Sadico bastardo. La scarica di rabbia mi da la forza necessaria per rispondere a Matt, che mi fissa in cagnesco.

_ Prego?_

_ Ho detto, buongiorno. Sai, è il convenevole più usato in Italia da quando abbiamo iniziato a parlare la nostra lingua. Di solito si usa per gentilezza verso il tuo interlocutore_ dico arrabbiata, fissandolo negli occhi. Accidenti, sono nera!

Le narici del mio collega si allargano. Sembra un toro che sta per venirmi addosso per trafiggermi con le sue affilate corna.

_ Che diavolo ... _ mormora, ma io lo interrompo bruscamente.

_ Quel tipo di gentilezza che non usi con me da ieri. Anzi, che non usi quasi mai. Sai, posso anche sopportare il fatto che tu non mi saluti. Non ti piaccio e me lo faccio andare bene. Quello che non mi faccio andare bene è il fatto che temo la tua reazione se devo chiederti consigli su come devo lavorare! Sono nuova, tu sei quasi il mio insegnante e mi dovresti dire come fare il mio lavoro bene, ma non lo fai e io ho paura di chiedere, perché sei anche una sorta di capo e io non posso dire nulla per non perdere il mio lavoro! E io così non riesco a lavorare!_

E' difficile che io mi arrabbi tanto da urlare. Mi è capitato rarissime volte nella mia breve esistenza e non sono fatti che amo ricordare. In primo luogo, il filtro bocca-cervello si spegne, facendomi dire qualunque cose nel modo peggiore possibile. Secondo, il senso di colpa dopo la sfuriata è talmente intenso da farmi piangere, anche se la ragione è dalla mia parte.

Prima di dire qualcos'altro di cui mi potrei pentire, mi mordo il labbro a sangue. Matt non ha detto una parola ed è rimasto per tutto il discorso con gli occhi spalancati, probabilmente pensando a come uccidermi.

_ Quindi_ concludo, prendendomi fra le dita la radice del naso _ Buongiorno, Matt. Prima di lavorare, vado a prenderci un cappuccino e non un caffè perché tendi a diventare più nervoso del normale. Vado a prenderci un cappuccino per darti il tempo di riflettere sul fatto che non sei stato un bravo insegnate ieri e nelle settimane precedenti e io spero che tu oggi, invece, lo sia_

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