A me basta che ci sei tu.

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Allison aprì la bocca leggermente stupita, poi scoppiò a ridere.

«Non è colpa mia.» Le feci la linguaccia.

«Comunque Alexander chiedeva di te prima.» Mi guardò. «Deve dirti una cosa.»

Annuii, lasciando tutto dov'era e corsi di sopra a prendere il telefono.

«Mad?»

Chiese con voce assonnata e più roca di sempre.

«Hey.» Sorrisi. «Mi volevi?»

«Sì, umh...» Balbettò. «Vuoi uscire con me stasera?»

Gli risposi solo con un sì, prima di salutarlo e staccare la chiamata, emettendo un piccolo urlo.

Mi incamminai verso l'armadio, cercando qualcosa di decente da mettere. Era marzo e faceva abbastanza freddo, quindi poggiai sul letto un lungo vestito nero a maniche lunghe.

Sospirai guardando la mia pancia, la quale tra un paio di mesi sarebbe diventata un palloncino.

Erano le 19:00.

Avevo appena finito di parlare con Alexander, mettendoci d'accordo su dove e a che ora dovessimo vederci.

Incominciai a prepararmi, dato che l'appuntamento era alle 8:30. Con la mia lentezza, ci avrei messo almeno un'ora per prepararmi.

Mi guardai allo specchio: ho portato i miei capelli in una meraviglia coda alta, mettendo un codino della Gucci, il quale mi era stato regalato da Allison; un lungo vestito rosso a maniche lunghe, deriva perfettamente sulle mie curve.

Me lo sistemai per bene, passando poi alle scarpe. Niente tacchi. Le mie cadute epiche le volevo lasciare alle spalle.

Scarpette da ginnastica nere, una pelliccia nera ed ero pronta.

La mia amica entrò nella stanza e non appena mi vide, mi fece i complimenti per il mio aspetto.

Mi abbracciò, prese un libro e andò di sotto, intenzionata a cominciare Cime tempestose.

Erano le 8:26.

Più guardavo l'orologio, più l'ansia aumentava dentro di me.

Picchiettavo i piedi a terra a causa del nervosismo, tanto che Allison mi fulminò con lo sguardo, a causa del rumore che stavo causando.

Suonarono il campanello, mi alzai di scatto e aprii ritrovandomelo di fronte a me.

Per una volta poteva essere più brutto, così da farmi sembrare un po' più carina? Per l'amor di Dio.

I suoi capelli erano più sistemati del solito, aveva una camicia bianca sbottonata, la quale mostrava parte dei suoi tatuaggi e del suo petto.

In quel momento una cosa volevo fare: Saltargli addosso. Ma forse non si può avere tutto dalla vita.

Aveva dei jeans molto, ma molto aderenti e un sorriso stampato sul volto.

«Sei bellissima, Madelyn.»

Imbarazzata abbassai lo sguardo, diventando più rossa di un pomodoro.

«Anche tu.»

«Oh, questo lo sapevo.»

Mi fece l'occhiolino e mi allungò la mano, che prontamente presi, avviandoci poi alla macchina.

Quel ristorante era qualcosa di incredibile: i tavoli e le sedie erano entrambi bianchi, c'erano molte persone che ridevano fra di loro e un enorme lampadario era situato nel mezzo della sala, illuminandola tutta quanta.

Per sbaglio andai a sbattere contro un cameriere, il quale si scusò subito, per poi continuare la sua strada portando i piatti a due signori, che non appena lo videro, fecero un sorriso.

Ci sedemmo ad un tavolo vicino ad una grande finestra, Alexander mi si avvicinò subito, levando poi la mia pelliccia.

Lo ringraziai e mi diede un piccolo bacio sulle labbra.

Dovevo ancora abituarmi a quell'affettività, cavolo.

La serata stava andando più che bene, scherzammo parecchio e mi raccontò molte cose del suo passato, facendomi capire quanto sia stata brutta la sua infanzia.

«Spero di averti resa felice, portandoti qui.»

Affermò dando un morso al suo panino.

«Certo che lo sono.»

Avvicinai la mia mano alla sua, accarezzandola poi.

«A me basta che ci sei tu. Non m'interessa il posto.»

Sorrise e riprese a mangiare, cosa che feci anch'io.

***

«Ed eccoci arrivati.»

Fermò la macchina nel mio viale, mettendo poi il freno a mano.

Si girò verso di me, sentivo il suo fiato caldo sfiorare le mie labbra; rabbrividii ed iniziò poi a baciarmi.

La sua lingua prese possesso della mia bocca, mi lasciai scappare un gemito e continuò imperterrito cercando di non perdere il controllo.

Restammo così per almeno tre minuti, poi si allontanò e mi guardò.

«Ti amo.»

«Anche io, coglione.»

Non appena mi alzai dal sedile per scendere, mi diede uno schiaffo sul sedere.

«Hey!»

Ghignò. «Stai attenta Madelyn. Per qualsiasi cosa, sai già cosa fare.»

Annuii e se ne andò, lasciandomi sola fuori casa mia.

Sospirai e inserii la chiave nella serratura, ma improvvisamente una mano si posò sulla mia bocca.

«Ciao, piccola.»

Mi fece girare e non appena capii chi fosse, sbiancai.

«Ti sono mancato?»

BORN TO LOVE YOUWhere stories live. Discover now