49장~ Stockholm syndrome

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🌙49.스톡홀름 증후군🌙

"Love it's so mad, love it's so mad."

Rimasi da sola, in quella camera troppo enorme, dove tutto era cominciato sei mesi prima.

Il cuore mi batteva ancora molto forte e la mia testa continuava a ripetere le parole di Taehyung: non potevo crederci che la persona che Chanyeol aveva ucciso quattro anni prima era sua mamma. Ricordavo quei giorni perfettamente: Avevo tredici anni ed ero a casa con mia madre, quando papà e Chanyeol arrivarono a casa.
Mio fratello era terrorizzato e papà fuori di sé: gli lanciò uno schiaffo in pieno viso ed io iniziai a gridare a causa della paura che avevo provato in quel momento, mamma era preoccupata e si era avvicinata a mio padre cercando di farlo calmare.

Chanyeol aveva ucciso una persona e papà aveva fatto in modo che non ci fosse il processo. Mio fratello si era davvero pentito di aver bevuto così tanto quella sera e il rimorso stava iniziando a divorarlo vivo: non avrebbe mai voluto uccidere una persona ed il fatto di essere scappato, quando vide il figlio della donna che aveva ucciso correre verso di lei, lo faceva sentire così meschino. Ma aveva avuto paura in quel momento e fu lui stesso a costituirsi a mio padre. Taehyung era rimasto da solo, a quell'età così giovane.

Quando tutta quella situazione era cominciata, quando mi svegliai a casa del moro e gli parlai per la prima volta, iniziai ad odiarlo. Mi chiedevo perché dovesse minacciarmi in quel modo, perché dovesse trattarmi da schiava, ma sinceramente, probabilmente, iniziavo a provare altro nei suoi confronti. E non potevo negarlo a me stessa. Forse tutto iniziò quando Sehun gli sparò e così indifeso si aggrappò a me, o quando Jong Suk lo picchiò e cadde tra le mie braccia: in quei momenti lì, in quei momenti dove avevo provato paura di perderlo, mi accorsi che forse provavo altri nei suoi confronti.

Ma come potevo? Mi aveva minacciata, spaventata, umiliata e sequestrata. Mi stava tenendo segregata in casa sua, come potevo amare una persona del genere? Come potevo provare dei sentimenti positivi verso colui che mi aveva spaventato puntandomi una pistola contro più volte?

Iniziai a spiegarmi un po' di cose: non riuscivo a capire perché quando mio padre mi disse 'non ti ama' lo sentii tanto forte, ma ora il motivo era ben chiaro. Lo amavo. Lo amavo troppo, e mi odiavo perché non potevo provare dei sentimenti positivi verso di lui. Non potevo. Eppure non potevo neanche negarlo a me stessa, sarei stata una stupida. Ogni volta che incontravo il suo sguardo arrogante puntato contro di me mi sentivo così felice, sebbene sapessi che non mi guardava perché mi amava ma perché mi odiava e non vedeva l'ora di vendicarsi. Non potevo amarlo, ma era così frustante sapere che lui non provasse niente, sapere che tra di noi non sarebbe mai nato niente perché mi vedeva come il suo peggior nemico. E faceva così male amare una persona che non avrebbe mai provato nulla per me, sapere che mai gli avrebbe sfiorata la testa l'idea di guardarmi in modo diverso. E mi stavo rendendo conto quanto il mio cuore battesse tanto per lui in quel momento, chiusa nella sua stanza, da sola.

Mi sedetti a terra buttando la faccia sulle mani, singhiozzando a dirotto perché lui non provava lo stesso per me e probabilmente mi avrebbe uccisa.

«Song Iseol.» canzonò aprendo la porta. Il cuore iniziò a battere più forte ed alzai la testa non appena lui fu dentro la stanza. Mi aveva lasciata lì per due ore e mezzo. Sicuramente a casa mia stavano iniziando a preoccuparsi. «Come va?» mi chiese avvicinandosi a me e guardandomi dall'alto in basso. Non riuscivo più a guardarlo nemmeno male, volevo solo abbracciarlo, ma lui non mi avrebbe mai lasciato fare una cosa del genere. «Dovresti solo ritenerti fortunata a stare qui, insomma, guarda che bella casa! Fossi in te me la goderei il più possibile, dato che tra qualche giorno non farai più parte di questo mondo.» continuò arrogante, facendomi piangere di più. Avevo così paura, ma non paura di morire. Paura del fatto che non sarei più stata in grado di guardare quel viso così perfetto.

Taheyung rise, poi indietreggiò un po' mentre io in lacrime mi alzavo da terra e lo guardavo. «Guarda in che situazione mi ha messo tuo padre. Diventare un assassino non era nei miei piani della vita.» alzò un po' la voce, scuotendo la testa e guardandomi con odio. «Non scendere così in basso allora.» risposi asciugandomi gli occhi. Lui mi guardò serio per qualche minuto senza dire una parola, poi rise. «Se la giustizia non ha fatto nulla allora sarò io farmela da solo, occhio per occhio e dente per dente.» sorrise. Lo guardai con gli occhi che mi bruciavano ed agitai la testa con rabbia. «Chanyeol se n'è pentito! Si è anche costituito da solo ed il rimorso l'ha divorato per tanto tempo. Lo so che mio padre ha sbagliato, ma per favore non fare i suoi stessi sbagli.» singhiozzai distrutta. Il biondo fece un passo in avanti e strabuzzò gli occhi arrabbiato. «Ha ucciso mia madre!» esclamò arrabbiato, tirando una pedata al suo comò che vibrò pesantemente, facendo cadere ogni cosa. «Ma si è pentito!» urlai a mia volta. Urlai così forte che ebbi come la strana sensazione di aver spezzato le corde vocali. Il biondo mi guardò a denti stretti, con gli occhi puntati nei miei e lo sguardo omicida. «Non m'importa Iseol.» rispose freddo dopo secondi che sembrarono ore. «Taehyung, non voglio che tu finisca in carcere o peggio, che tu muoia.» dissi con filo di voce, facendogli spalancare gli occhi. Spalancando gli occhi, quasi come se avesse visto un fantasma, fece un passo in avanti e mi afferrò un braccio con forza. «Ehi! Non farti prendere la sindrome di Stoccolma» proferì seriamente, agitando la testa. «Mi sa che è troppo tardi.» risposi liberandomi dalla sua presa. Il biondo mi guardò male , e incredulo agitò la testa ridendo. «Non innamorarti di me, non farlo.» rispose con gli occhi lucidi. Ma io, arresa ai miei sentimenti , sorrisi e feci spallucce. «Non posso dire io al cuore di chi innamorarsi.» risposi dura, spostando lo sguardo altrove. Nonostante la situazione, era imbarazzante dichiararsi alla persona che si ama. «Sei stupida o cosa?» mi domandò perplesso, facendo un altro passo in avanti. Lo guardai di nuovo e mi asciugai gli occhi con la manica della mia giacca. «Sono solo innamorata.» ribadii indietreggiando e sedendomi di nuovo a terra. Lui mi guardò per qualche secondo con lo sguardo incredulo, poi alzò gli occhi al cielo ed aprì la porta di camera sua. «Cerca di fartela passare.» fu la sua ultima parola, prima di andare via, lasciandomi di nuovo sola.

Piansi ancora, perché la conferma che non mi amava me l'aveva appena data.

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Sindrome di Stoccolma*:Con l'espressione sindrome di Stoccolma si intende un particolare stato di dipendenza psicologica e/o affettiva che si manifesta in alcuni casi in vittime di episodi di violenza fisica, verbale o psicologica. Il soggetto affetto dalla sindrome di Stoccolma, durante i maltrattamenti subiti, prova un sentimento positivo nei confronti del proprio aggressore che può spingersi fino all'amore e alla totale sottomissione volontaria, instaurando in questo modo una sorta di alleanza e solidarietà tra vittima e carnefice.

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