Capitolo Ventiquattresimo - Parte Prima: Parti di una medesima anima

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"You pull the trigger just for fun

Forgetting I'm a loaded gun
So hate me for the things I've done
And not for what I've now become"

- Reincarnate, Motionless in White


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Con il corpo allungato sul divano e un libro stretto tra le dita, Noah tentava di distrarre la mente da qualsiasi cosa avesse a che fare con Salomone: dal fatto che probabilmente fossero la stessa persona alle Chimere - eppure ad ogni paragrafo si mordeva il labbro nell'inutile speranza di restare concentrato. Così, all'ennesimo affondo degli incisivi, spostò lo sguardo sull'orologio appeso alla parete della cucina.
Le due e venticinque.
Dove erano finiti Zenas e Alexandria? E perché Levi sembrava non interessarsi in alcun modo alla loro assenza?
I suoi occhi passarono dalle lancette al profilo aguzzo dell'uomo. La luce fioca della lampada accanto alla libreria metteva in risalto il lieve strato di sudore che gli imperlava la fronte e inumidiva il braccio che poggiava a terra, intento a piegarsi ogni manciata di secondi e scandendo la quarta serie di flessioni a cui si stava dedicando.
Aveva i capelli scompigliati, tirati indietro in chissà quale momento degli allenamenti, quando ormai le sue parole avevano smesso di riempire l'aria lasciandogli modo di evitare il discorso su di sé, il suo hagufah e tutte quelle novità che aveva cercato di comprendere e poi ignorare. Lo osservò attentamente, perdendosi in ogni dettaglio come se non lo avesse mai visto prima.
Aveva ciglia lunghe che incorniciavano iridi di un verde che a tratti pareva oro, il naso dritto e le labbra ben proporzionate. Gli zigomi alti davano al suo volto un taglio duro, maturo che tentava di essere smorzato dalla rasatura perfetta della barba. Il pomo d'adamo si muoveva lungo il collo come il pendolo di una campana e i suoi muscoli - tutti - si tendevano a ogni nuova risalita. Li vedeva sotto la pelle nuda e riusciva a immaginarli oltre gli indumenti, quasi come uno scultore li avesse modellati lui. Era statuario senza apparire eccessivo e, certamente, molto più guizzante di quanto ci si sarebbe potuti aspettare.
«Non sei preoccupato?» domandò Noah d'improvviso, soffermandosi sull'espressione concentrata di lui.
Le labbra di Levi si tesero, incurvandosi appena: «Per cosa?» chiese con fare quasi canzonatorio, come se il suo quesito in qualche modo lo divertisse.
L'Hagufah strizzò gli occhi, confuso: non era ovvio a cosa si stesse riferendo?
«Per Zenas e Alexandria.»
«Tu lo sei?»
Si umettò le labbra secche. Lo era? Ad essere onesto, sì. Era già da qualche pagina, persino prima di guardare l'orologio, che una certa irrequietezza si era fatta strada in lui. Una sensazione lieve, certo, ma costante.
«Sono usciti ore fa...»
Nakhaš si fermò. Con il braccio teso a sorreggere tutto il resto del corpo voltò il viso verso di lui, un'espressione bonaria a contrastare i lineamenti duri e seducenti. Noah non faticò a immaginare quanti cuori, nei secoli, quel tizio doveva aver ghermito.

«Non farlo, Noah.»
«Cosa?»
«Preoccuparti troppo per loro.» Il suo mento tornò quasi a sfiorare il pavimento: «Zenas cammina su questa terra da quando Omero ha scritto l'Odissea, Alexandria invece è più vecchia dei tuoi ultimi quattro corpi» gli fece notare, come se quella fosse un'attenuante. Eppure lui non ci riusciva. Più la sua mente tornava all'orario e al modo in cui si erano lasciati, più l'irrequietezza si agitava, aizzando il suo sesto senso.

Le Chimere di Salomone: il ReKde žijí příběhy. Začni objevovat