Capitolo Ventisettesimo - Parte Seconda: Wòréb

21 5 2
                                    

"You can run
But you can't hide
Time won't help you
'Cause karma has no deadline"

- True Friends, Bring me the Horizon

- True Friends, Bring me the Horizon

Oops! This image does not follow our content guidelines. To continue publishing, please remove it or upload a different image.

Levi bussò un paio di volte. Lo fece con poca insistenza e tanta curiosità, bramando quella non risposta che stavano ricevendo. In cuor suo si stava convincendo che quell'atteggiamento da parte di chiunque fosse in casa lo autorizzasse poi a sfondare la porta e far gazzarra come un vero teppista che cerca di riprendersi un territorio sottrattogli da una gang rivale. Aveva voglia di sgranchire i muscoli, di avvertire l'adrenalina corrergli lungo il corpo ed era stato così sin dalla sera precedente, quando aveva visto Zenas e Alexandria ridotti uno schifo dopo una semplice scaramuccia con gli adepti di quella dannatissima setta.
Entrare nell'edificio era di certo la priorità assoluta visto che nell'arredo al suo interno era conservata una storia centenaria e nei nascondigli dietro ai muri o sotto le assi del pavimento abbastanza ɛvɛn da rimettere in sesto i suoi fratelli, ma non poteva negare di sperare almeno in una piccola zuffa. Ne aveva bisogno.
Così, all'ennesimo colpo di nocche, storcendo la bocca, Nakhaš si volse verso i fratelli e Noah. Sui loro visi poteva leggere una tensione che condivideva parzialmente e una stanchezza che cercava in tutti i modi di far capolino, anche se nessuno di loro, al momento, voleva dargliene modo.

«Penso ci toccherà sfondare la porta» disse con un sospiro, come se fosse qualcosa all'ordine del giorno nonché la stessa scocciatura di sempre. A quella proposta Alexandria incrociò le braccia al petto, portando tutto il peso del corpo su una gamba: «Sei serio? L'ultima volta che "abbiamo" sfondato una porta Zenas per poco non mi ammazzava!»
Levi soffocò una risata evidentemente inappropriata, sfuggendo allo sguardo della sorella. Sì, lo ricordava bene. Troppo, se doveva essere del tutto onesto, ma al momento pensare a quello spiacevole inconveniente gli provocò un'ilarità poco condivisa. Non a caso Akràv abbassò gli occhi sulle misere aiuole lì attorno, Z'èv corrugò le sopracciglia e Noah si fece sfuggire un «Come?» inorridito.
«Sono dettagli, akhòt! Mi sembra che alla fine tu sia viva e vegeta, no?»
Ma da lei non ricevette alcuna risposta di conforto: «Facile a dirsi quando non sei tu la vittima» sibilò; e non aveva nemmeno tutti i torti a ritenersi offesa.
«Hai altre proposte?»
Noah si sporse di lato prima che lei potesse rispondere e indicando un punto alle spalle di Nakhaš suggerì: «Potremmo entrare da lì.»
Il Generale volse il capo all'indietro, lo fece in quel suo modo inumano che generò una melodia di scricchiolii tutt'altro che piacevole e, come c'era da aspettarsi, ciò che i suoi occhi videro fu una delle tante finestre aperte.
«Eviteremmo di rompere la porta e mettere in allarme gli inquilini. Sempre che siano in casa...» ed effettivamente Noah non aveva tutti i torti, anche se la sua proposta andava a escludere parte della violenza a cui Levi stava anelando.
Sbuffò prendendo a massaggiarsi il setto sotto il ponte degli occhiali.
«Ottima idea, akh» e per un momento, dopo aver pronunciato quell'ultima parola, si sentì una specie di nodo in gola. Era forse la prima volta che si riferiva al nuovo Hagufah con quel termine, chiamandolo fratello... aveva un ché di insolito - e probabilmente anche lui lo percepì tale, visto che di risposta fece un cenno vago, timido come quello di un bimbo che viene lodato di fronte alla classe.
Senza esitazione scavalcarono l'aiuola, si acquattarono lungo la parete esterna e avanzarono cautamente fino all'imposta più vicina, quella che Levi ricordava essere il salotto. Si sollevò gli occhiali sulla testa per essere certo di poter vedere in mezzo alle ombre interne, poi si allungò sinuosamente fino al misero davanzale e iniziò a spiare. Dentro, la stanza non sembrava essere particolarmente cambiata.
La libreria che occupava tutta la parete sinistra era stata dipinta di bianco e i libri che ne riempivano gli scaffali davano l'impressione di essere sempre gli stessi se non addirittura di più. Piante dai lunghi rami pendevano, in imbracature di corda, dalle travi del soffitto. L'enorme quadro raffigurante una barca a vela latina, preso all'incirca nel 1832 da Zenas nell'atelier di un artista poco conosciuto e con cui Hamza aveva una specie di relazione, stava ancora al suo posto davanti alla finestra, in modo da osservare il mare, e lì accanto, sulla parete di destra, il caminetto faceva da abbellimento. Di diverso, oltre a quei piccoli dettagli, c'erano poi un divano beige relativamente nuovo, una poltrona dello stesso set e il tappeto peloso.

Le Chimere di Salomone: il ReWhere stories live. Discover now