Capitolo trentunesimo - Parte Terza: L'ultimo

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Marsiglia, giorni nostri


Mosso da una fitta inaspettata, Noah riprese possesso del proprio corpo stringendosi la testa tra le mani, come se un suono acuto lo avesse colto alla sprovvista. Un brivido lo percorse completamente, facendogli per un istante temere di vomitare ciò che era rimasto nel suo stomaco dalla sera precedente.
Le immagini che gli erano passate veloci davanti agli occhi lo avevano scosso profondamente. Tutto quel sangue, le ferite, l'indifferenza sua e di Colette lo avevano letteralmente sconvolto provocandogli una nausea destabilizzante.

Noah si raggomitolò maggiormente su se stesso costringendosi a non spostare nuovamente lo sguardo su quel ragazzino, sul suo viso. Non voleva in alcun modo incrociare i suoi occhi, i più inquietanti che avesse mai donato a una Chimera - peccato che con le palpebre strette la memoria continuasse a proiettarvi sopra scene confuse di quel giorno, episcopio impazzito su schermi di pelle.
Scorse il luccichio di un bisturi, il pallore nauseante delle costole, la disapprovazione sul volto di Wòréb, la bocca del moccioso spalancarsi in un urlo flebile. Si sentì frustrato, stanco. Poi udì un comando ovattato, vide la confusione di Colette e un'ombra alle sue spalle. Un'altra donna dietro di lei, gli occhi grandi di sorpresa estremamente simili a quelli della Chimera con lui, labbra carnose e capelli à la mode. Si chiese chi fosse, ma la risposta era lì ad attenderlo come una sagoma in controluce dietro una tenda.
L'Hagufah si morse l'interno guancia, scosse il capo.
No, non voleva vedere altro, non voleva sapere - eppure in un attimo scoprì di come avevano ucciso Nikolaij mettendo fine al suo dolore con un cuscino sopra la faccia, di come quella donna sconosciuta, Willhelmina, avesse provato a capire la situazione e dissuaderlo insieme alla sorella. Poi, in un turbine frenetico, comprese come aveva riportato in vita quel bambino. Davanti a sé ripercorse i passaggi della trasmutazione come se stesse ripassando uno schema e, d'istinto, annaspò.

Levi piombò su di lui comparendo dal nulla, un predatore che finalmente attacca vedendo la preda in difficoltà. «Akh! Akh! Tissetakel 'alay! (guardami!)» sibilò con quella sua solita autorevolezza impossibile da contrastare. Le sue pupille a spillo lo colpirono. Senza le lenti scure a separarli sembrarono entrare in lui come zanne e strappare le immagini nella sua mente riportandolo con violenza alla realtà. Noah respirò forte, riempiendosi i polmoni dell'aria salmastra e del profumo della sua creatura. Boccheggiò annusando il tanfo di conoscenza e magia, di eresia e promesse come se improvvisamente si rivelassero a lui nuovi odori, sapori e colori.

 
Ora ricordava.
Ora sapeva come riportare in vita un uomo.
Eppure la felicità divenne presto un'aggiunta fastidiosa alla nausea che già lo stava torturando.

Deglutì nella speranza di ingoiare il conato di vomito che sentiva volerlo tradire.

Le sue palpebre batterono una volta sola, lentamente, e il viso di Levi divenne talmente nitido da sovrapporsi a decine di circostanze simili. Poteva sfiorare con le ciglia ognuno di quei momenti senza aver presente alcun contesto, alcuna memoria aggiuntiva benché in quell'istante gli sembrasse che la connessione con il suo vero sé stesse raggiungendo l'apice. L'Ars gli stava rivelando qualcosa, una parte della persona che era stata. Stava sfamando la sua neshama (anima) con assaggi frugali che parevano mettere ancor più alla prova il suo stomaco.

Le Chimere di Salomone: il ReDove le storie prendono vita. Scoprilo ora