Capitolo ventinovesimo: Le colpe del passato

24 4 0
                                    

"It's too late to turn back now

Oh God, I tried but I don't know how
I want to be someone you used to hateWithout the memory of the painI went too far, now we can't restart"

- Bad Omens, Take me first

- Bad Omens, Take me first

Oups ! Cette image n'est pas conforme à nos directives de contenu. Afin de continuer la publication, veuillez la retirer ou télécharger une autre image.

Porto, 1990

Le gambe di Colette ebbero un fremito. Con occhi sgranati e cuore in procinto d'esploderle nel petto  non voleva credere a ciò che aveva udito, non poteva. Tra tutte le cose possibili e immaginabili quella era la meno probabile e desiderata.

La chiamata che aveva ricevuto sul posto di lavoro era stata vaga, Will le aveva parlato di un incidente grave senza però scendere in alcun tipo di particolare e lei, con il batticuore, era corsa a casa temendo che fosse giunto il momento di fare i bagagli e scappare - ancora. Eppure, quando aveva oltrepassato la soglia del salotto, l'aria grave che permeava all'interno le aveva fatto capire che c'era di più in ballo, molto di più. Quindi le sue gambe avevano provato a tradirla.
Gli sguardi dei fratelli la stavano oltrepassando quasi fosse un fantasma, incapaci di vederla veramente ma sapendo che lei era lì. Nessuno di loro osò proferire parola. Non un saluto o un grido, niente. Era invisibile, lontana, isolata.
Levi e Salomone non c'erano, notò, sempre più agitata, e chi era in quella stanza aveva un aspetto tutt'altro che confortante, così li contò. Non mancava nessun'altro oltre al Re e i suo vassallo, sempre troppo occupati a sistemare le cose per nascondere l'esistenza di tutti loro, quindi perché quelle facce stravolte e gli occhi gonfi?
Fece per aprire bocca e chiedere, ma Nikolaij si schiarì la gola e la precedette in modo tagliente. Disse poche frasi concise, sufficienti a darle un quadro della situazione che, in tutta onestà, le parve così surreale da farle credere che si trattasse di uno scherzo. Più lui parlava, meno lei gli credeva. Nelle sue parole non doveva esserci nulla di vero, solo le battute di un copione studiato a memoria - dopotutto suo fratello minore non era altro che un monello, un bugiardo cronico persino a dispetto dei suoi cent'anni appena compiuti. Si divertiva un mondo a farla imbestiale con le sue marachelle e, questa volta, coinvolgendo anche i fratelli maggiori nella sua sceneggiata, stava davvero esagerato.

Dove diavolo erano Levi e Salomone? Loro di certo non avrebbero mai mentito su una cosa simile, probabilmente non sarebbero nemmeno stati in grado di concepirla una bugia come quella. Li cercò con lo sguardo un'altra volta, li chiamò senza però ricevere risposta. Oh, ma quel cretino di Akhbàr doveva solo aspettare che lei trovasse Nakhaš; di certo lui non le avrebbe tolto il piacere di prenderlo a sberle per aver detto delle simili sciocchezze - il problema era che non si stava facendo vedere da nessuna parte. Colette doveva quindi agire da sola, a dispetto di tutti quei vigliacchi dei suoi fratelli che se ne stavano lì impalati.

Senza alcun preavviso quindi, allungando una mano nella sua direzione, afferrò il fratello minore. Lui provò a divincolarsi in tutti i modi, gridando e chiedendole pietà, ma era inutile. L'avevano fatta correre via dallo studio legale, le avevano fatto venire il batticuore, la stavano tutt'ora prendendo per stupida - non l'avrebbero passata liscia, lui più di tutti; sennonché, tirandoselo vicino, Wòréb notò che sia i vestiti sia la sua pelle di Nikolaij erano sporchi di terra, erba e qualche piccola chiazza di sangue.
Alzò lo sguardo.
Anche Zenas aveva lo stesso aspetto del fratello e Alexandria, nell'angolo, non sembrava da meno. A differenza degli altri due però, aveva i capelli bagnati e un asciugamano a coprirle il corpo tremante.

Le Chimere di Salomone: il ReOù les histoires vivent. Découvrez maintenant