Capitolo secondo: I Morti che vivono

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"Frozen inside, without your touch

Without your love, darling
Only you are my life
Among the dead"  

- Bring me to life, Evanescence

 Alexandria poggiò sul tavolo una tazza fumante, lasciandosi andare sulla sedia

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 Alexandria poggiò sul tavolo una tazza fumante, lasciandosi andare sulla sedia. Si sentiva dannatamente stanca, aveva bisogno di riposare dopo le lunghe ore di veglia, eppure l'eccitazione di essersi trovata davanti a Levi e di aver avuto le sue mani strette intorno al collo ancora le vibrava dentro: adrenalina pura che si muoveva tra le vene. Ciò che aveva vissuto poteva essere descritto come una sorta di melodia rimasta per troppo tempo nascosta alle sue orecchie - la ballata del sangue. Ed era al contempo dolce ed estenuante quella sensazione, anche se non si sarebbe mai permessa di confessarlo, in particolare perché non aveva idea da dove scaturisse quel pensiero. Era forse il brivido di aver saggiato l'estro omicida di lui? Oppure si trattava di altro? Faticava a capirlo anche dopo tutto quel tempo, ma come in altre occasioni non volle approfondire - c'erano altre questioni d'affrontare.

 
Sicuramente, il fatto che in passato suo fratello fosse stato tra i soldati più valorosi degli eserciti dimenticati, che avesse imparato a padroneggiare quasi tutte le armi bianche conosciute nei secoli e persino nello scontro corpo a corpo avesse dato filo da torcere a molti avversari, lo rendeva una creatura ancora più affascinante di quanto già non fosse. Dalla sua figura si disperdeva una sorta di aura  impalpabile, eppure terribilmente evidente, che l'aveva sempre affascinata - a tal punto da sviluppare una sorta di perversione nel provare sulla propria pelle la sensazione di essere in balìa della sua potenza, costretta tra le spire di un essere all'apparenza invincibile. 

Nakhaš nella guerra ci era nato e morto, risorgendo e continuando a mietere vite come una sorta di Dio sceso in terra; nelle arterie gli scorreva – oltre al veleno del pitone più minaccioso del Re - la furia dei condottieri e lei ne era ammaliata al pari di una bambina con il suo eroe. Sì, Alex era affascinata da lui, era stregata dal primo uomo che avesse mai osato sfidare le leggi di quel mondo per tornare al fianco del suo sovrano; vedeva in lui una scintilla che in sé sentiva essersi spenta da troppo tempo e lo invidiava.

Deglutendo, la Chimera-Lupo bevve un lungo sorso della tisana che aveva preparato sia per sé sia per l'ospite, avvertendo sulla lingua il sapore dolce della pesca insieme alla nota pungente dell'ɛvɛn (pietra) - una delle ultime, si ricordò avvertendo finalmente il gusto di qualcosa che non fosse aria. Dopo lunghissime settimane di astinenza riusciva finalmente a concedersi uno sgarro, ma soprattutto l'illusione di essere ancora umana. Già, perché quella cosetta rossa poco più grande di un chicco di ribes era l'unico oggetto che potesse sostituire le cure di Salomone. 

E lei aveva quasi terminato la propria scorta, ritrovandosi a centellinarne ogni uso.

Mandò giù l'intruglio rossastro sperando di ingerire anche quei pensieri, poi, quando fu certa di non sentire più la sensazione delle dita di lui premute sul collo e l'amarezza di una condanna fin troppo imminente, alzò lo sguardo sul proprio interlocutore.

Le Chimere di Salomone: il ReWhere stories live. Discover now